Veglia pro LGBT+ alla Basilica di Lugano: «È speciale. È l’inizio di un dialogo»

«Vogliamo costruire ponti tra la comunità e la Chiesa cattolica ticinese», ci spiega Emilio Motta, promotore del gruppo La Porta Aperta.
LUGANO - È una veglia decisamente particolare quella che si terrà il prossimo 21 maggio alla Basilica del Sacro Cuore di Lugano. Già, perché sarà dedicata al superamento dell’omobitransfobia e rappresenterà l’apertura di un dialogo tra la Comunità LGBTQIA+ e la Chiesa cattolica ticinese. Lo ha annunciato mercoledì il neocostituito gruppo La Porta Aperta – Spazi di Inclusione.
«La veglia sarà ecumenica e verrà celebrata da uno o due sacerdoti cattolici, dal pastore della Chiesa evangelica riformata nel Sottoceneri e dalla parroca della Chiesa cattolica cristiana della Svizzera», ci spiega Emilio Motta, credente omosessuale di Losone e promotore del gruppo La Porta Aperta.
Per chi soffre - «Le veglie per il superamento dell’omobitransfobia si tengono già da tanti anni in svariati Paesi sensibili a questa tematica», precisa. «Sono delle veglie in cui ci si ritrova tutti insieme, con i rappresentanti di diverse chiese cristiane, e si prega per portare l'attenzione sul problema ancora molto attuale dell'omobitransfobia. Si prega per tutte le persone che a livello mondiale vengono ancora discriminate, aggredite, torturate e uccise per quello che sono e le persone che amano. E anche in Svizzera le discriminazioni, nonostante i numerosi diritti di cui godiamo, esistono ancora. Tutt’oggi infatti molte persone hanno paura a fare coming out, e per quanto concerne la mentalità c'è ancora tantissima strada da fare».
Una prima in Ticino - La novità, però, è un’altra. «Per la prima volta in Ticino una veglia di questo genere si terrà all'interno di una chiesa cattolica e con la partecipazione di sacerdoti cattolici. Don Italo Molinaro è infatti stato così gentile da offrirci ospitalità alla Basilica del Sacro Cuore». Un’occasione, questa, che Motta definisce «speciale» in quanto «rappresenta l’apertura di un dialogo con la Chiesa cattolica ticinese».
«Riavvicinarsi alla Chiesa, senza sentirsi dire "sei sbagliato"» - Da qui, infatti, nasce il progetto La Porta Aperta. «È un bisogno che abbiamo colto a partire da un incontro organizzato lo scorso novembre dall’associazione Azione Cattolica Ticinese», racconta Motta. «La serata si intitolava “Gay o cattolico? Chi sono io per giudicare?” e riprendeva la famosa frase detta da Papa Francesco in una delle sue prime interviste, con la quale mise l’accento sul fatto che si può essere omosessuali, trans, intersex, queer e anche cattolici».
«Durante questa serata ho portato la mia esperienza in quanto credente omosessuale», prosegue il losonese, «poi si è parlato, si è dibattuto, e abbiamo colto la necessità di creare uno spazio per le persone della comunità LGBTQIA+ che vogliono avvicinarsi, o, come spesso è il caso, riavvicinarsi, alla Chiesa cattolica». Uno spazio, questo, «in cui ci si può proiettare in maniera sicura, senza giudizi e discriminazioni, dove si è liberi di venire come si è e come ci si identifica, senza che nessuno dica “sei sbagliato” o “sei da curare”».
Quando si entra in una chiesa, viene infatti precisato, non si sa mai se ci si ritroverà davanti un parroco moderno o un parroco all’antica, e il timore può essere forte.
La Diocesi? «Nessuna obiezione di sorta» - Il progetto, peraltro, è stato presentato anche ad Alain De Raemy, amministratore apostolico della Diocesi di Lugano. «Gli abbiamo parlato e non ha avuto nessuna obiezione di sorta, si è dimostrato interessato all'iniziativa e ha detto che effettivamente sarebbe l'occasione di instaurare un dialogo», chiosa Motta.
«Basta guardarsi in cagnesco da lontano» - E chissà che non si riesca, da entrambe le parti, ad abbattere dei pregiudizi. «La Chiesa cattolica ne ha tanti verso la comunità LGBTQIA+», conviene il losonese. «Però c'è da dire che alle volte io che faccio parte della comunità colgo molta diffidenza sia verso la chiesa come istituzione che verso le persone credenti. E trovo che tirare via un po’ di mattoni dai muri e costruire qualche ponte sarebbe sicuramente molto più interessante che guardarsi in cagnesco da lontano».
Quadri: «La deriva woke ha inserito il turbo» - A un politico di casa nostra, l’idea della veglia, non è però proprio piaciuta. «Una veglia di preghiera in Basilica per promuovere l'ideologia gender pare un'iniziativa "un tantino" fuori luogo», ha scritto il municipale e consigliere nazionale Lorenzo Quadri sul suo profilo Facebook. «La deriva woke, evidentemente, ha inserito il turbo. Qualcuno sembra poi essersi dimenticato che l'ormai santificato Papa Francesco, citato nel volantino, è quello del "c'è troppa frociaggine"».
«Strana affermazione, ma il suo stile politico è questo» - «Non amo entrare nella polemica, anche perché sinceramente spendo pochissimo tempo della mia giornata a interessarmi di quello che pensa l'onorevole Quadri», commenta Motta. «Trovo strano che definisca "una deriva woke" il ritrovarsi in chiesa a stare insieme, cantare e pregare per il superamento di sentimenti di odio verso una minoranza sociale».
Per quanto riguarda infine la frecciatina su Papa Francesco, Motta non nasconde un certo fastidio. «Si è permesso di citare il Papa nella sua uscita più infelice, che è stata detta in un contesto privato ed è poi stata strumentalizzata, ignorando totalmente quanto d’altro ha detto e fatto in 12 anni di pontificato. Insomma, la sua è un'operazione che intellettualmente lascia un po' il tempo che trova, ma il suo stile politico e giornalistico è questo».