«Credit Suisse? Può accadere di nuovo»


Deresponsabilizzazione dei manager, poteri forti e intelligenza artificiale. L'analisi dell'esperto di un «fallimento ripetibile»
Deresponsabilizzazione dei manager, poteri forti e intelligenza artificiale. L'analisi dell'esperto di un «fallimento ripetibile»
LUGANO - “Tutta la verità in un rapporto che scotta”. Così era stato presentato a fine 2024 il rapporto della Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) in relazione al fallimento di Credit Suisse.
Una verità che per Domenico Zucchetti - esperto nel campo del digitale in ambito contabile e commerciale, e con trascorsi dirigenziali in una banca di Lugano - è per certi versi monca. Conclusione, questa, a cui è giunto dopo attenta lettura dell’intero rapporto della CPI che, fa notare, «nonostante la sua ricchezza, non dava le risposte cercate».
La CPI si è infatti concentrata sul ruolo delle autorità federali. Manca, per Zucchetti, una visione d’insieme, che consideri le criticità e i cambiamenti che stanno interessando il mondo contemporaneo. Visione che lui stesso ha provato a fornire redigendo un'analisi degli elementi chiave nella crisi del Credit Suisse (pubblicata sul suo blog). L'intento non è solo didattico, Per Zucchetti, da noi interpellato, l'attuale cecità rischia di condurre in un futuro non lontano a nuovi tracolli.
Per lei il rapporto della CPI fornisce una visione parziale della vicenda. In cosa è carente?
«La crisi del Credit Suisse è anche la conseguenza di profondi cambiamenti che stanno attraversando la nostra società, la politica, l’economia, la tecnologia e per comprendere la vicenda serve una prospettiva più ampia».
Secondo lei ci sono elementi per puntare il dito contro i piani alti di Credit Suisse…
«Certo, gli esperti incaricati dalla CPI di analizzare la situazione finanziaria del Credit Suisse parlano di “fallimento della governance”, “ampio trasferimento di ricchezza dagli azionisti ai manager”, “distruzione su larga scala del capitale proprio degli azionisti”. La CPI non ha però indagato sul Credit Suisse, ma solo sul comportamento delle autorità».
Questo averla “fatta franca”, secondo lei, potrebbe indurre a credere che determinati comportamenti siano esenti da rischi. In sostanza potrebbe condurre al riverificarsi di crisi analoghe, è corretto?
«È un rischio concreto, anche perché le possibilità di controllo degli azionisti che investono a lungo termine sono molto limitate, soprattutto a causa dell’indebolimento dell’iniziativa sui salari dei dirigenti».
Lei sostiene che vi sia stata una volontà di indebolire le autorità di controllo
«È lo stesso rapporto a segnalare che ci sono state pressioni politiche, definite “Pushback”, volte a garantire alla banca più spazio di manovra e, di conseguenza, a rendere più difficile il compito delle autorità di controllo. La CPI, però, non ha approfondito il tema, mentre nel mio documento la questione viene esaminata più nel dettaglio».
Parla di “Great Zurich Area” e del suo appoggio ai manager. Può spiegare cosa intende?
«Siamo abituati a pensare alla Svizzera come a un insieme di 26 cantoni uguali, ma la vicenda del Credit Suisse dimostra che le regioni hanno un peso determinante e, in particolare, quella di Zurigo è un attore politico invisibile che influenza il destino del Paese. Si ispira al modello culturale americano e si pone sempre più in competizione con le altre regioni. Nei periodi di prosperità trattiene i benefici, mentre nelle crisi, come con Swissair nel 2001 e UBS nel 2008, trasferisce i costi sulla Confederazione e, di conseguenza, sui cittadini svizzeri, scaricando al contempo la responsabilità sulle autorità federali. Questa dinamica sta mettendo in discussione, e forse persino a rischio, l’equilibrio stesso della Svizzera».
Tutta la seconda parte della sua analisi è incentrata sull’Intelligenza Artificiale perché?
«In modo del tutto inaspettato, è emerso che gli algoritmi basati sull’intelligenza artificiale presenti nei social media hanno avuto un ruolo significativo nella corsa ai prelievi che ha aggravato la crisi della banca. Questo fa del caso Credit Suisse uno dei primi disastri finanziari di portata globale in cui l’AI ha giocato un ruolo determinante. È la prova che l’intelligenza artificiale non è un tema del futuro, ma del presente, con impatti già concreti sulla nostra vita. L’AI è una materia complessa e in continua evoluzione. Per affrontarla, ho adottato un approccio didattico: il caso concreto di Credit Suisse offre un’opportunità unica per spiegare il funzionamento degli algoritmi, le implicazioni legali che ne derivano e le strategie possibili per mitigarne gli effetti in diversi ambiti».
Affronta l’argomento degli algoritmi anche in relazione ai media
«Gli algoritmi di raccomandazione* stanno avendo un impatto notevole sui media. Ho voluto spiegare i meccanismi che li favoriscono. Un elemento centrale è rappresentato dai vantaggi legali di cui godono, ma ho anche voluto mettere in evidenza un aspetto poco approfondito: il fatto che gli algoritmi contribuiscano a trasmettere una visione negativa del lavoro dei giornalisti. Purtroppo, la politica svizzera sembra non accorgersi del problema e sta andando nella direzione di concedere sempre più spazio agli algoritmi, rendendo così molto fragile il settore dei media e indebolendo le istituzioni finanziarie e, di conseguenza, l’intero Paese».
*Gli algoritmi di raccomandazione (AI recommendation systems) rappresentano una categoria di algoritmi di machine learning usati per prevedere le scelte degli utenti e offrire loro consigli mirati.