«È un atto d’accusa con una marea di supposizioni»


Chiesto (e negato) il rinvio del processo nei confronti dell’ex comandante delle guardie di confine Antonini.
Chiesto (e negato) il rinvio del processo nei confronti dell’ex comandante delle guardie di confine Antonini.
LOCARNO - Una bottiglia di Champagne, biglietti d’auguri di Natale e coltellini Victorinox. Queste sono soltanto alcune delle spese di rappresentanza che, tra il 2009 e il 2018, sarebbero state effettuate in seno al Corpo delle guardie di confine utilizzando soldi che avrebbero invece dovuto essere destinati ai bonus per il personale.
Sono i fatti descritti negli atti d’accusa emessi nei confronti dell’ex comandante Mauro Antonini e dell’ex capo dello stato maggiore, da oggi a processo al Tribunale militare 3 - presieduta dal colonnello Mario Bazzi - per reiterata gestione infedele, reiterata falsità in documenti e appropriazione indebita.
Un dibattimento per il quale i difensori avevano chiesto il rinvio. Una richiesta che non è però stata accolta dalla Corte, presieduta dal colonnello Mario Bazzi. La richiesta della difesa si basava su questioni pregiudiziali relative all’atto d’accusa, che - così ha detto l’avvocato Elio Brunetti, patrocinatore di Antonini - «contiene una marea di supposizioni». In particolare per quanto riguarda la determinazione «imprecisa» del momento in cui i reati sarebbero stati realizzati.
La sostituzione dell’atto d’accusa - Il legale - a cui si è associato anche Daniele Meier, difensore del secondo imputato - ha parlato anche di violazione dell’immutabilità dell’accusa. Oggi si è infatti giunti in aula con un atto d’accusa firmato dall’uditore tenente colonnello Martino Righetti e datato 16 novembre 2021, che ne ha sostituito uno precedente, del 6 maggio 2020. «Si tratta di un atto d’accusa nuovo e diverso, come risulta anche evidente dalla descrizione dei fatti, che da una ventina di righe è passata a quattro pagine».
Da truffa a gestione infedele - E anche il reato contestato è cambiato, ha osservato Brunetti. Non si tratta infatti più di reiterata truffa, bensì di reiterata gestione infedele. Eppure i fatti ricalcano quelli del precedente atto d’accusa, pertanto «vi è un implicito abbandono da parte dell’uditore». L’uditore, da parte sua, ha replicato che il reato di truffa non è stato abbandonato, in quanto «la fattispecie di tale reato è riportate nell’atto d’accusa». Un atto d’accusa dettagliato a sufficienza, «perché questo tribunale posa emettere un verdetto» ha affermato il tenente colonnello. Ma Brunetti ha allora ribattuto: «Se mi devo confrontare anche con la truffa, chiedo a maggior ragione il rinvio del dibattimento». E ha parlato di «atto d’accusa pasticciato».
La decisione della Corte - La Corte, motivando la decisione di non accogliere la richiesta della difesa, ha sottolineato che fino all’inizio del dibattimento l’uditore è libero di «sostituire, modificare e correggere il proprio atto d’accusa». E ritiene che l’atto d’accusa sia «sufficientemente chiaro». Non si riscontra, inoltre, l’abbandono di determinati fatti.