"Turbo adesione" della Svizzera all'UE? Marco Chiesa dice «tre volte no»

Il consigliere agli Stati e presidente della commissione di politica estera risponde alla proposta del vicepresidente del Bundestag tedesco.
BERNA - Non è passata inosservata la proposta di «adesione turbo della Svizzera all'UE» per contrastare i dazi imposti a Berna da Donald Trump evocata dal vicepresidente del Bundestag Omid Nouripour. Marco Chiesa, presidente della commissione di politica estera del Consiglio agli Stati, ha infatti risposto «tre volte no» al politico tedesco. «Margareth Thatcher - ricorda l'ex presidente dell'UDC - rispose così a chi voleva cedere sovranità britannica a Bruxelles. Ed è la stessa risposta che la Svizzera deve dare oggi alla “adesione turbo” evocata come reazione alla guerra commerciale scatenata dagli Stati Uniti, Paese che oggi convive con un debito pubblico record di 37'000 miliardi di dollari e un deficit annuale che supera i 1,6 trilioni di dollari. La Confederazione non è un tassello da muovere sulla scacchiera geopolitica al ritmo di dazi e contenziosi. Né col turbo né al rallentatore: nessuna adesione all’UE».
Il modello svizzero - Secondo Chiesa i motivi sono semplici e profondi e affondano le radici nell'indipendenza, nella sovranità e nella democrazia diretta Svizzera. «Il nostro modello si fonda sul diritto del popolo e dei Cantoni di decidere il proprio futuro», ricorda il senatore. «Un’adesione significherebbe allineamento automatico al diritto europeo e supremazia della Corte di giustizia dell’UE, svuotando di sostanza referendum e iniziative popolari. Non è un’ipotesi teorica: è il nodo che ha portato al rifiuto dell’Accordo istituzionale nel 2021».
Il popolo ha (già) scelto - D'altronde, come sottolineato da Chiesa, i precedenti sono chiari. Nel 1992 la Svizzera ha detto no allo Spazio economico europeo. Nel 2001, quasi l’80% degli elettori ha respinto l’iniziativa “Sì all’Europa!”. «Questi sono mandati democratici inequivocabili che chi rispetta la Svizzera non può ignorare», precisa Chiesa ricordando «tutti i costi» della libera circolazione delle persone. «Pressione crescente sul mercato del lavoro, con rischi concreti di dumping salariale; congestione delle infrastrutture; difficoltà crescenti per trovare alloggi a prezzi accessibili. La crescita demografica fuori controllo è ormai una realtà che incide sulla qualità di vita di tutti. Per questo l’UDC ha lanciato l’iniziativa “No a una Svizzera da 10 milioni di abitanti”, per frenare un’espansione che minaccia coesione sociale, ambiente e competitività».
La via bilaterale - Per Chiesa Berna deve quindi continuare con la via bilaterale. «Ci ha permesso di mantenere rapporti stretti con l’UE senza rinunciare all’autodeterminazione. La Svizzera sa cooperare quando è nel proprio interesse. È pragmatismo, non sottomissione». Poi la stoccata a Omid Nouripour. «Chi oggi parla di adesione turbo dimentica che qui le decisioni non le prendono governi stranieri né le emergenze del momento, ma il popolo svizzero. E il popolo ha già detto, a chiare lettere, che la nostra libertà istituzionale non è in vendita. La Svizzera - conclude Chiesa - resterà aperta e competitiva, ma padrona del proprio destino. Questa è la condizione della nostra prosperità e il fondamento della nostra libertà. E, come disse la Thatcher: No. No. No».
















































































