Tassa sulla ricarica: i “trucchetti” per aggirarla che Berna conosce (e non vuole perseguire)


Nell'ottica delle nuove imposte sulle auto elettriche, una delle due varianti proposte sta già facendo discutere. Scopriamo assieme perché e di cosa si tratta.
Nell'ottica delle nuove imposte sulle auto elettriche, una delle due varianti proposte sta già facendo discutere. Scopriamo assieme perché e di cosa si tratta.
ZURIGO - In Svizzera, è cosa nota, le strade sono pagate da chi le utilizza. Come? In gran parte grazie alla tassa sugli oli minerali, applicata direttamente a benzina e diesel.
In vista di un futuro in cui la mobilità (oggi) alternativa, ovvero quella elettrica o comunque ibrida plug-in, dovrebbe essere quella dominante, Berna e il DATEC di Albert Rösti stanno valutando due opzioni affinché le entrate restino costanti. Queste sono state presentate a fine settembre.
La prima, chiamata "chilometraggio", prevede una tassa in funzione dei chilometri percorsi in Svizzera. La tariffa sarebbe determinata anche in funzione del tipo di mezzo e del suo peso. Per un'automobile il governo propone 5,40 franchi ogni 100 km percorsi.
La controversa questione della ricarica
La seconda, che è anche la più controversa, è quella denominata “ricarica” che - analogamente alla tassa sulla benzina - viene applicata direttamente alla “pompa” con una tassa proposta di 22 centesimi per ogni chilowattora. Per tassare le stazioni di ricarica private (ovvero quelle casalinghe) verrebbero aggiunti dei contatori.
Qui però sorge la prima problematica, come ribadito anche dall'Associazione delle aziende elettriche svizzere (AES) in una nota: «Si tratta di una tassa che può essere facilmente aggirata installando una presa industriale».

Prese come queste (tipo CEE 16 o T25) - in grado di erogare fino a 400 volt e 11 kW - forniscono l'ammontare di energia necessaria per caricare un'auto elettrica in tempi ragionevoli. Inoltre, spesso e volentieri, sono già presenti in molte abitazioni, per esempio per alimentare lavatrici o grossi congelatori.
Il rischio del ricaricare “a muro”
E c'è un'altra opzione, che non è affatto priva di rischi e che molti “evasori” potrebbero preferire, cioè quella di utilizzare i caricatori con trasformatore che si attaccano direttamente alla presa standard e che spesso vengono venduti con l'automobile. Stando a quanto appreso da 20 Minuten, l'idea di tassare questi dispositivi è ritenuta «assurda» dalle autorità della Confederazione.
Questa modalità nasconde due svantaggi che sono direttamente collegati: il primo è che una ricarica può facilmente richiedere anche 24 ore, il secondo è che questa tipologia di ricarica mette sotto forte stress gli impianti elettrici “standard” dell'abitazione. Questo può causare danni onerosi e persino incendi.

I “furbetti”? Non preoccupano
Berna è ben conscia dell'eventualità di possibili “furbetti”, e nei documenti che accompagnano la consultazione mette in guardia da un possibile «rischio d'evasione» difficilmente quantificabile. Malgrado ciò, aggiunge che i controlli non sono previsti: «Sarebbero costosi, inefficaci e troverebbero molte opposizioni».
La proposta a “chilometraggio”, quindi, sembra quella meno semplice da aggirare: questo perché i contachilometri moderni sono più difficili da falsificare. Il totale dei chilometri percorsi verrebbe quindi registrato ogni volta che la vettura viene sottoposta a un servizio presso il garage di fiducia.










































