La scena della droga torna visibile: nelle città gli zombie del crack

Sempre più giovani dipendenti e città in difficoltà tra sicurezza, degrado e strategie di intervento. Da Zurigo a Lugano.
ZURIGO - Capita di incontrarli molto più spesso che in passato. A stento si tengono in piedi. Li incontri in centro a Lugano, sui bus, alla pensilina, o in stazione. Sono tossicodipendenti che sono tornati ad essere molto più visibili. Un fenomeno che in realtà riguarda tutte le grandi città svizzere. In altre realtà la situazione è ben più grave ed evidente. Come a Zurigo, che trent'anni dopo la chiusura del Platzspitz si trova di nuovo a fare i conti con una scena aperta della droga. Stavolta lo scenario non è il parco vicino al fiume Limmat, ma la Bäckeranlage, nel cuore del Kreis 4, a pochi passi dalla Langstrasse. Un luogo nato per le famiglie, con giochi, altalene e una fontana per i bambini, che oggi convive con una realtà sempre più degradata. «Al mattino, quando apro il bistrot, non so mai cosa aspettarmi: un saluto amichevole o un pugno», ha raccontato all'AargauerZeitung un dipendente del locale Bistro Brot, che ogni giorno assiste al via vai di tossicodipendenti, in gran parte uomini tra i 20 e i 45 anni.
Crack la nuova epidemia - Negli anni ’80 l’incubo si chiamava eroina. Oggi la sostanza che detta legge è il crack, la forma fumabile della cocaina: potente, a basso costo, dagli effetti immediati ma brevissimi. Il risultato è una ricerca ossessiva della prossima dose, che spinge i consumatori in strada. Secondo le autorità cittadine, negli ultimi cinque anni il numero dei tossicodipendenti è cresciuto di circa 250 unità, raggiungendo quota 1'000. L’età media si è abbassata drasticamente: dai 52 ai 38 anni.
Dietro a questo boom ci sono fattori geopolitici ed economici. Da un lato, la produzione di cocaina in Sud America è in aumento, con bande sempre più aggressive che riforniscono l’Europa; dall’altro, il calo della disponibilità di eroina dopo il divieto imposto dai talebani in Afghanistan. Per chi vive nella dipendenza, crack è diventato l’unico rifugio possibile.
Tra famiglie e degrado - Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Una madre racconta di un uomo nudo sdraiato nella fontana accanto ai bambini, che l’ha insultata pesantemente quando gli ha chiesto di rivestirsi. Le educatrici di un asilo della zona denunciano aggressioni sempre più frequenti, tanto che molte candidate rifiutano di lavorare lì. «Al confronto, gli eroinomani sembravano teneri come orsetti», ammette la direttrice della struttura.
Gli abitanti hanno organizzato iniziative per ripulire il parco e scrivere alle autorità. Ma la sensazione diffusa è di impotenza.
Una sfida nazionale - Il fenomeno non riguarda solo Zurigo. Scene di consumo aperto sono comparse anche a Lucerna, Yverdon, Brugg e persino a Coira. A Ginevra la polizia dedica oltre 35'000 ore l’anno alla repressione legata al crack, mentre in altre città si punta a nuove strategie: a Lucerna è stata presentata una “crack-strategia” che prevede spazi dedicati e un’offerta medica mirata. Lugano invece è ancora indietro. Da anni si parla dell'ipotesi di aprire una stanza del consumo», ma finora non si è fatto molto. Karin Valenzano Rossi, Capo Dicastero Sicurezza e Spazi urbani Città di Lugano, intervistata lo scorso anno aveva dichiarato a Tio che solo quando saranno raccolti «sufficienti dati potremo andare in municipio per discutere e verificare se vi sia o meno il margine per poterla aprire».
Zurigo, fedele al suo modello delle quattro colonne (prevenzione, terapia, riduzione del danno e repressione), aprirà in ottobre un nuovo “locale del consumo” destinato soprattutto ai tossicodipendenti provenienti da fuori città. Ma non tutti credono che ciò sarà sufficiente.
Gentrificazione e contrasti - Nella Bäckeranlage i contrasti sono evidenti. La zona è al centro di una rapida gentrificazione: caffè alla moda, strade riqualificate, affitti alle stelle. «È assurdo come degrado e lusso convivano fianco a fianco», racconta la titolare di un negozio di arredamento.
Una residente riflette: «Sono cresciuta a Basilea, dove scene simili ci sono sempre state. La vera sfida oggi è trovare un equilibrio nei quartieri che cambiano. Ma il crack è diverso: rende i consumatori più aggressivi. Serve più sostegno, più spazi sicuri. E soprattutto, serve convivenza».