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SVIZZERA

Otto svizzeri su dieci lo fanno. E anche gratis

Lo scorso anno sono state almeno 590 milioni le ore dedicate agli altri. Siamo secondi a livello europeo per quanto riguarda il volontariato. Solo la Norvegia fa meglio. Ecco l'identikit di chi lo fa.
IMAGO / ecomedia/robert fishman
Otto svizzeri su dieci lo fanno. E anche gratis
Lo scorso anno sono state almeno 590 milioni le ore dedicate agli altri. Siamo secondi a livello europeo per quanto riguarda il volontariato. Solo la Norvegia fa meglio. Ecco l'identikit di chi lo fa.

BERNA - La Svizzera è una nazione di volontari. Lo dimostra il nuovo Monitor del Volontariato, pubblicato dalla Società Svizzera di Utilità Pubblica (SGG) ogni quattro o cinque anni. Secondo questo documento, gli svizzeri e le svizzere hanno svolto lo scorso anno non meno di 590 milioni di ore di lavoro volontario.

Questo comprende, ad esempio, l’impegno nei pompieri volontari, nelle società sportive o nei comitati dei genitori. Ma anche gesti di solidarietà tra vicini - come badare ai bambini o dare da mangiare ai gatti - così come la donazione di denaro, sangue o beni materiali.

Le cifre - L’86% della popolazione presta in qualche forma un contributo volontario al bene comune. Con 376 milioni di ore, l’impegno informale è maggiore rispetto a quello formale in un’associazione o in una carica politica, che ammonta a 213 milioni di ore. L'indagine è stata compiuta tra marzo e giugno 2024: circa 5000 persone dai 15 anni in su sono state intervistate esclusivamente online (ed è una prima storica). Rispetto alle precedenti rilevazioni, il periodo di riferimento è stato esteso da quattro settimane a dodici mesi.

Rispetto all’ultima indagine, si è registrato un leggero calo nel volontariato formale e un calo più marcato in quello informale, che torna ai livelli del 2014. Uno studio del 2017 ha mostrato che la Svizzera, nel confronto europeo, si colloca al secondo posto. Solo i norvegesi svolgono ancora più lavoro volontario.

Passaporto e titoli di studio - Gli svizzeri svolgono lavoro volontario con una frequenza del 48%, più del doppio rispetto agli stranieri, che si fermano al 21%. Nel mezzo si collocano i soggetti in possesso della doppia cittadinanza (38%). Ancora più marcate sono le differenze per quanto riguarda il livello di istruzione e il reddito. Chi ha completato solo la scuola dell’obbligo svolge lavoro volontario solo nel 17%, molto meno rispetto a chi ha una laurea universitaria (48%).

I risultati mostrano, secondo il rapporto, che oltre al tempo a disposizione giocano un ruolo importante anche le risorse materiali, le competenze linguistiche, l’autopercezione e le reti sociali: «Le grandi differenze fanno apparire il lavoro volontario quasi come un privilegio.»

Gli uomini si impegnano diversamente dalle donne - Negli enti e nei partiti politici gli uomini (43%) sono più rappresentati delle donne (40%). Le donne (56%), invece, svolgono più lavoro informale rispetto agli uomini (46%). Nel corso del tempo, le differenze tra i generi si sono ridotte.

La differenza resta marcata soprattutto nel lavoro di cura al di fuori del proprio nucleo familiare. Quasi il doppio delle donne si occupa dell’assistenza di bambini o della cura di anziani. Gli uomini, invece, ricoprono più spesso una carica onoraria (20%) rispetto alle donne (14%).

I neo pensionati sono i più attivi - Anche l’età gioca un ruolo importante. I giovani tra i 15 e i 24 anni si impegnano con una percentuale del 34% nelle associazioni, meno rispetto agli adulti. I più giovani preferiscono aiutare in progetti singoli o in grandi eventi per un periodo limitato di tempo.

I più attivi sono i neo pensionati tra i 65 e i 74 anni, con una percentuale del 49%. Questo gruppo di età svolge anche la maggior parte del lavoro volontario informale, con il 63%. Ad esempio, badando ai nipoti. Dopo i 75 anni, l’impegno tende nuovamente a diminuire.

Più associazioni nelle zone rurali - Nella Svizzera tedesca si è più coinvolti in associazioni e simili rispetto alla Romandia o al Ticino. Vi è anche una differenza tra città e campagna. Nelle zone rurali il 47% fa parte di un’associazione, nelle città il 38%.

La ragione risiede, ad esempio, nella maggiore densità di associazioni in campagna, così come nella maggiore professionalizzazione dei compiti comunali e delle offerte per il tempo libero in città. Anche l’impegno informale è meno diffuso nei centri urbani. Un fattore importante è la durata della residenza. In altre parole, quanto si è radicati in una comunità.

Impegno per divertimento e solidarietà - La maggior parte dei volontari ha più di una motivazione. Nel volontariato informale, il desiderio di aiutare gli altri è il più forte, con il 72%. Nell’impegno in un’associazione, invece, il piacere dell’attività prevale con il 61%. In entrambe le forme, le motivazioni sociali giocano un ruolo importante.

L’impegno può però anche portare un vantaggio personale, ad esempio tramite l’acquisizione di nuove competenze o benefici per la carriera. Questo si riflette in un’elevata soddisfazione, superiore al 93%. Se qualcuno lascia un’associazione o un’organizzazione, nella maggior parte dei casi lo fa per motivi di lavoro (41%) o familiari (29%).

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