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ZURIGO

Quei conducenti di Uber che vanno un po' oltre

Negli ultimi mesi tre autisti sono stati chiamati a rispondere dei loro comportamenti in tribunale dopo le denunce di alcune passeggere. L'insicurezza cresce dopo l'abolizione delle valutazioni sui conducenti.
Foto Deposit
Fonte NZZ
Quei conducenti di Uber che vanno un po' oltre
Negli ultimi mesi tre autisti sono stati chiamati a rispondere dei loro comportamenti in tribunale dopo le denunce di alcune passeggere. L'insicurezza cresce dopo l'abolizione delle valutazioni sui conducenti.

ZURIGO - Domande sulla situazione sentimentale, deviazioni sospette per allungare la corsa e tentare un approccio, foto scattate di nascosto alle passeggere e - il caso più grave - violenza sessuale.

Alcuni autisti di Uber sono andati un po' oltre e di questo dovranno risponderne in un aula di tribunale. A riaccendere il faro sui viaggi a volte insicuri a bordo dei taxi privati è un articolo della NZZ. Che sottolinea come «i titoli negativi sugli autisti di Uber si sono accumulati». E non aiuta il fatto che l'impresa con sede a San Francisco abbia deciso di abolire le valutazioni degli autisti, «creando incertezza per le donne che vogliono denunciare le molestie».

Le situazioni pericolose - Le «situazioni pericolose» del resto non mancano. Il 23 maggio il Ministero pubblico di Zurigo ha messo sotto accusa un 44enne di origine italiana «di avere ripetutamente abusato sessualmente delle vittime nella sua auto» scrive il quotidiano zurighrese. «In due casi, l'uomo avrebbe chiuso il veicolo dall'interno per impedire alle vittime di uscire. Avrebbe anche scattato foto e video di una donna addormentata con il suo smartphone». A processo sono finiti anche altri due conducenti, anche loro per « per violenza sessuale sulle passeggere».

Uber: «Sicurezza nostra priorità» - Pur non essendoci «statistiche sull'aumento delle aggressioni sessuali ai danni dei passeggeri» da quando Uber «ha abolito il sistema di valutazione degli autisti nella sua app» molte donne «si sentono insicure nell'utilizzare il servizio di ride-hailing» scrive la NZZ.

Interpellata dallo stesso media, Uber ha affermato che «la sicurezza è la sua priorità assoluta» e «nonostante l'abolizione delle valutazioni, l'app Uber ha integrato funzionalità di sicurezza. Ad esempio, è presente un pulsante di emergenza e i passeggeri possono anche condividere la propria posizione in tempo reale con altri».

Un altro strumento - hanno tenuto a dire - progettato per garantire la sicurezza durante una corsa è il "Ride Check". «Se durante una corsa viene rilevata una pausa insolitamente lunga, Uber invia una notifica nell'app sia al passeggero che all'autista per verificare la loro sicurezza». Inoltre, Uber afferma «di effettuare una verifica casuale dell'identità. Agli autisti viene chiesto spontaneamente di inviare un selfie, che viene poi confrontato con la loro foto».

L'azienda americana sostiene anche «che prima di poter iniziare a lavorare per Uber, un autista deve sottoporsi a una verifica dei precedenti penali».

Autisti scortesi e domande indiscrete: alcune testimonianze - Fedina penale a parte, i giudizi negativi sugli autisti hanno a che fare anche con i modi poco cortesi con cui a volte i conducenti si rivolgono alle clienti: una passeggera, Ines E. ha raccontato che solo per avere segnalato all'autista la velocità di marcia troppo sostenuta rispetto ai limiti imposti, si è sentita rispondere: «Se non le piace il mio stile di vita si cerchi un altro taxi o guidi da sola la prossima volta».

Daria S. invece ha riferito che una sera ha prenotato un taxi Uber per andare da casa sua (Herrliberg) a Zurigo e una volta salita dopo un po' sono cominciate le domande riguardanti la sua sfera privata.

Il sistema di valutazione abolito: il motivo è legale - Con il vecchio sistema di valutazione, questi autisti sarebbero stati «sanzionati a breve termine». Ma cosa c'è dietro all'abolizione di questo sistema? Un motivo squisitamente legale. «Il Tribunale Federale - scrive la NZZ - ha ritenuto che ciò indicasse che gli autisti sono considerati dipendenti e non lavoratori autonomi. L'azienda era quindi tenuta a versare retroattivamente le prestazioni previdenziali. Il Cantone di Ginevra, che aveva avviato la controversia legale, ha definito la sentenza "storica"».






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