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PAROLA AL TIFOSO

Il dottore che cura i malanni dei calciatori del Milan, ma va matto per l’Ambrì

«Il mio bisnonno era di Airolo e cresciuto a Faido. Poi, per amore, aveva fatto la follia di diventare italiano…»
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Il dottore che cura i malanni dei calciatori del Milan, ma va matto per l’Ambrì
«Il mio bisnonno era di Airolo e cresciuto a Faido. Poi, per amore, aveva fatto la follia di diventare italiano…»
«Un bianconero ad Ambrì, ma state scherzando? A Lugano hanno i soldi, si comprino chi vogliono. Che se li tengano però».
Hockey - LNA29.02.2024

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VARESE - Giocatori, allenatore e dirigenti contano tantissimo, ma la vera ricchezza di un club sono i tifosi. Come Carlo Montoli, dottore che per 25 anni si è seduto sulla panchina del Varese e che, stimato ortopedico, cura i malanni dei calciatori ...

VARESE - Giocatori, allenatore e dirigenti contano tantissimo, ma la vera ricchezza di un club sono i tifosi. Come Carlo Montoli, dottore che per 25 anni si è seduto sulla panchina del Varese e che, stimato ortopedico, cura i malanni dei calciatori del Milan. Mai giocato a hockey, mai pattinato, ultimamente impossibilitato a seguire le partite… eppure questo professionista “doc” va matto per l’Ambrì.

«L’hockey mi ha sempre appassionato, fin da piccolo - ha raccontato proprio il “prof” - mi ricordo per esempio la Coppa Spengler dei primi anni ‘70, con il dominio dei cecoslovacchi dello Slovan Bratislava di Vaclav Nedomansky. Che giocatore, quello: io avevo 9-10 anni e mi faceva impazzire. Credo tra l’altro sia stato uno dei primi dell’Europa dell’Est volato in NHL. Bene, questo sport l’ho sempre portato nel cuore». 

Da Nedomansky ad Ambrì come ci è arrivato, partendo da Varese?
«Ecco, questo non lo so. O meglio, non lo sapevo. Avevo questa passione per la squadra e per quei colori senza un’apparente spiegazione logica. Poi però ho capito. Parlando con i parenti, ho scoperto che il mio bisnonno - Nicola Fraquelli - era di Airolo ed era cresciuto a Faido. Per amore, però, si era spostato a sud, a Porto Ceresio, dove aveva sposato la mia bisnonna. Aveva insomma fatto la follia di diventare italiano».

I racconti, da piccolo, l’hanno condizionata.
«No, per nulla, non c’è stato alcun racconto. Sono venuto a conoscenza di questa storia casualmente, da uno zio, quando già ero innamorato dell’Ambrì. Non ci sono spiegazioni, il sangue è quello, non mente». 

Cosa sono i biancoblù per lei?
«È difficile da spiegare. Li ho visti alla Valascia, magica quando riempita dalla Montanara, ma non ancora alla Gottardo Arena. Sono una gioia e una fonte di sofferenza. Ecco, soprattutto questa. Negli ultimi anni un po’ di meno, ma prima… passavo la stagione a guardare quella maledetta “riga”. Poi è vero che, come raccontato dal ragazzo di Bergamo, il risultato è importante, ma ciò che conta davvero è fare parte del mondo biancoblù. Condividere le emozioni e la passione. Anche perché, devo ammetterlo, l’hockey non lo capisco a fondo. Non riesco ad analizzare ogni suo aspetto. Il calcio è a lungo stato la mia vita, l’ho vissuto da tifoso e per lavoro. L’hockey invece… mi manca quella sensibilità per comprendere tutte le dinamiche. E questo fa sì che mi avvicini a una partita difficile pensando solo da tifoso. E che quindi soffra di più. Se poi si tratta di un derby…».

È dura?
«Da non dormirci la notte. Davvero. Ecco, parlavo della riga: io pensavo a quella e a battere il Lugano».

C'è un giocatore che ruberebbe - o se del passato avrebbe rubato - ai cugini?
«Ma state scherzando? A Lugano hanno i soldi, si comprino chi vogliono. Che se li tengano però, non li voglio neppure vedere. L’Ambrì è Luca Cereda, è Paolo Duca, è Inti Pestoni. L’Ambrì è questa gente qui».

Qual è la cosa più pazza che ha fatto per l'Ambrì?
«Pazzia proprio, no. A meno che non si possa considerare una pazzia aver anteposto l’Ambrì a mia moglie durante il viaggio di nozze. Ricordo che era la finale di un playout, una partita delicata… e la prima cosa che mi venne in mente fu quella di mandare un messaggio a un collega chiedendo del risultato. Ma negli anni mia moglie ha capito, ci sono delle priorità. Lo sport per esempio…».

Il prossimo passo sarà tornare ad assistere a una partita dal vivo.
«Anche in tv ormai non riesco più, sono costretto a leggere articoli e consultare la classifica. Sono sempre stato un grande amante della Svizzera. Prima del covid ero spessissimo da voi per sciare, fare escursioni, andare in bicicletta. Poi ho un po’ perso il ritmo e solo adesso sto pian piano riprendendo. Però sì, la Gottardo Arena è uno dei prossimi obiettivi. Magari per un derby».

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Ultimo aggiornamento: 13.10.2025 23:34
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