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«Siamo rimasti con il cerino in mano»

«Qualche agente guarda prima ai propri conti. Trova la gallina dalle uova d’oro…»
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«Siamo rimasti con il cerino in mano»
«Qualche agente guarda prima ai propri conti. Trova la gallina dalle uova d’oro…»
Arno Rossini: «La Nazionale ha perso tre potenziali titolari. Ma se questi non tengono alla maglia, che si può fare?».
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BERNA - “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza ma tre indizi fanno una prova”. Così scriveva Agatha Christie. E non potendo contestare in alcun modo la celeberrima scrittrice inglese, signora del giallo (non “in giallo”, quella è un’altra), si deve convenire che a questo punto, per quanto riguarda l’Associazione Svizzera di Football, siamo di fronte a una prova.

I tre indizi hanno nome e cognome: Eman Kospo, Leon Avdullahu e Albjan Hajdari. Tutti nati in Svizzera, cresciuti in rossocrociato ma, alla prima occasione, partiti per lidi lontani. Il primo ha deciso che, “da grande”, vestirà la maglia della Bosnia. Gli altri due si batteranno invece per il Kosovo.

«La situazione è difficile, inutile negarlo - ha raccontato Arno Rossini - Abbiamo investito un capitale importante per formare dei giovani, li abbiamo seguiti e coccolati e poi, al momento di cominciare a contare sulle loro competenze e qualità, siamo rimasti con il cerino in mano. Mi sono chiesto, l’ASF avrebbe potuto fare qualcosa in più? Qualcosa di diverso?».

E la risposta?
«Non credo. Più che lavorare in modo professionale anche sotto l’aspetto gestionale, accompagnare un ragazzo fin da giovanissimo, a Berna non possono fare. Questa situazione mi fa arrabbiare, certo, ma capisco come non ci sia soluzione». 

Le uscite di Kospo, Avdullahu e Hajdari sono una perdita grave?
«La Nazionale ha perso tre potenziali titolari, questo deve essere chiaro. E comunque ogni ragazzo che sceglie di giocare per un’altra selezione dopo essere cresciuto con la divisa rossocrociata addosso è da considerare come una perdita importante. Ma se questi non tengono alla maglia, che si può fare?».

Cos’hanno Bosnia e Kosovo più della Svizzera?
«Il discorso è un po’ più complicato. Non è tanto il potere o l’ambizione o la futuribilità di un’altra nazionale ad attirare, quanto piuttosto un aspetto economico. La Svizzera dà tutto a livello di possibilità e si muove secondo le regole. Le altre federazioni non so. Qualcuno sta giocando sporco, nessuno me lo leva dalla testa». 

Pagare un giocatore per cambiare casacca non si può.
«No, ma nella pianificazione della carriera avere la certezza di far parte di una selezione può fare grande differenza. E in questo, fondamentale è l’operato degli agenti che, sia ben chiaro, non sempre pensano agli interessi di chi rappresentano. Qualcuno della categoria guarda prima ai propri conti. Trova la gallina dalle uova d’oro…».

Tenere duro per… tenere un ragazzo?
«No, no, non avrebbe senso e sarebbe controproducente. L’ASF non può permettersi di cedere a un ricatto. Fa il possibile, poi se uno decide di andare, c’è rammarico ma finisce lì. Rimane amarezza ma la brutta figura la fa chi mente e chi si rimangia la parola data». 

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