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Parla di sesso al telefono e il figlio di 14 anni la sente: prosciolta

Scagionata da un'accusa pesante, quella di atti sessuali con fanciulli, una 48enne del Luganese. «Non vi è prova che si sia masturbata, né tantomeno che abbia voluto coinvolgere il figlio».
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Parla di sesso al telefono e il figlio di 14 anni la sente: prosciolta
Scagionata da un'accusa pesante, quella di atti sessuali con fanciulli, una 48enne del Luganese. «Non vi è prova che si sia masturbata, né tantomeno che abbia voluto coinvolgere il figlio».

BELLINZONA - Non ha commesso alcun reato la 48enne del Luganese processata oggi alla Pretura penale di Bellinzona con l'accusa di atti sessuali con fanciulli. Lo ha stabilito la giudice Elettra Orsetta Bernasconi Matti, che l'ha prosciolta integralmente.

La donna era accusata di essersi introdotta nella camera da letto dei figli di 14 e 11 anni, nel febbraio del 2019, e di avere effettuato una telefonata dai contenuti sessuali con un uomo durante la quale si era eccitata sessualmente, aveva emesso dei gemiti e si era masturbata. Secondo la pubblica accusa, agendo in quel modo, la donna si era presa il rischio che i figli minorenni si svegliassero, ed è quello che è effettivamente successo con il figlio 14enne.

L'opposizione - Il dibattimento si è svolto perché la 48enne ha negato gran parte di quanto addebitatole, riconoscendo unicamente il contenuto sessuale della telefonata e facendo opposizione alla condanna proposta dal procuratore pubblico Alvaro Campanovo. Quest'ultimo, che riteneva i fatti sufficientemente chiariti, aveva considerato adeguata una pena pecuniaria di 600 franchi sospesa con la condizionale per due anni, più una multa di 300 franchi.

«I gemiti erano sessuali, ma non vi è niente di più» - «Le versioni odierne sono un po' rimodellate a favore dell'imputata», ha premesso la giudice motivando la sentenza. «La versione riconosciuta in polizia dalla donna corrispondeva a ciò che aveva dichiarato suo figlio. È palese che i gemiti, al di là delle varie accezioni possibili, avessero una connotazione sessuale. Non vi è però nessuna prova che lei nel frangente della telefonata si sia masturbata, né tantomeno che abbia intenzionalmente coinvolto suo figlio nella conversazione. Il reato di atti sessuali con fanciulli viene quindi a cadere».

«Dicevamo cose sessuali, ma non gemevo. Stavo piangendo» - «Ho fatto opposizione perché non è vero che ho commesso questo reato», ha spiegato la 48enne in aula. «Quella notte ero al telefono con un uomo che avevo conosciuto tramite Facebook. Parlavo con lui, mi sfogavo ed ero felice di sentirmi amata, perché non ricevevo più affetto da mio marito. È vero che dicevamo delle cose sessuali, ma non ho gemuto e non mi sono masturbata. Ed ero sicura che i miei figli dormissero. Solo che mio figlio si è svegliato all'improvviso».

«Ma perché allora quando l'ha interrogata la polizia lei ha confermato di aver emesso dei gemiti?», ha chiesto la giudice Elettra Orsetta Bernasconi Matti. «A un certo punto durante la telefonata stavo piangendo, perché stavo raccontando a quest'uomo che soffrivo per la mancanza di affetto di mio marito. Quando in polizia mi hanno fatto questa domanda io ho inteso gemiti di dolore», si è giustificata.

La parola è quindi passata al figlio, oggi 19enne. «Ho sempre voluto bene a mia madre, nonostante a un certo punto volesse lasciare mio padre. Io ero ancora piccolo e la cosa mi aveva scombussolato».

Parla il figlio: «All'epoca non sapevo granché di sessualità» - Si è poi entrati nel vivo della questione: «Quella notte ricordo che mi sono svegliato e ho sentito mia madre parlare al telefono con un uomo. L'ho capito perché ho sentito una voce maschile. Inizialmente cercavo di capire cosa dicevano, sentivo che parlavano di vedersi, di quello che avrebbero voluto fare quando si sarebbero incontrati. Poi, preso dalla rabbia, ho urlato contro a mia madre».

«E sentiva dei gemiti?», lo ha incalzato la giudice. «Sì, sentivo dei gemiti, ma può anche essere che piangeva. Dei contenuti sessuali può essere che li ho sentiti, ora non ricordo di preciso. È passato tanto tempo».

«All'epoca lei aveva però parlato di "orgasmi"», ha osservato Bernasconi Matti. «Sì, ma a quell'età non sapevo granché rispetto alla sessualità. Ho supposto questo, ecco», ha replicato il giovane. «Oggi a quella conversazione e a quei versi potrei dare una connotazione più sentimentale che sessuale. In quel momento, però, preso dalla rabbia ho visto nero».

La denuncia in polizia, abbiamo appreso, non è ad ogni modo arrivata dal figlio della donna, ma dal marito, che oggi ha ammesso di avere agito più che altro per vendetta.

«Era buio, lui non vedeva. E non ha mai detto che si era masturbata» - L'avvocato difensore Marie Zveiger, da parte sua, ha chiesto il proscioglimento dell'imputata.

«Non vi sono emergenze istruttorie che dimostrano i fatti. La mia assistita ha sempre negato di essersi masturbata in quel frangente, e anche allora il figlio aveva dichiarato che non sapeva dire se si fosse masturbata o meno, perché era buio e non vedeva. Cosa che ha confermato anche oggi». La 48enne «è inoltre sempre stata lineare nelle sue dichiarazioni».

Zveiger ha poi chiarito alcuni aspetti legali. «Per legge chiunque coinvolge un minore in un atto sessuale è punibile di atti sessuali con fanciulli: nella fattispecie però fa difetto l'atto sessuale, perché non c'è stato. E gli inquirenti sono giunti alla conclusione, errata, che durante l'interrogatorio la donna stesse parlando di gemiti sessuali».

«Nessun atto sessuale» - «Tuttavia», ha continuato, «anche volendo qualificare questi gemiti come gemiti di piacere, ciò non presuppone un contatto sessuale. E a livello legale non è sufficiente che il minorenne assista per caso a un atto sessuale, l'autore deve volere che il minore percepisca l'atto sessuale, deve volerlo coinvolgere nel gioco sessuale». E così, secondo la Pretura, non è stato.

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