«Non vogliamo più piangere i nostri colleghi»

I lavoratori edili, riunitisi in assemblea con i sindacati Unia e Ocst, chiedono misure urgenti per la sicurezza nei cantieri
LUGANO - L'ennesima morte sul lavoro (nello specifico l'infortunio letale di martedì scorso a Palagnedra) scuote il settore edile della Svizzera italiana.
Riunitisi giovedì in assemblea unitaria con i sindacati Unia e Ocst, i lavoratori edili della regione Ticino e Moesa, hanno espresso cordoglio e vicinanza alla famiglia e agli affetti della vittima, ma anche rabbia per una situazione che definiscono ormai insostenibile.
Secondo i dati ufficiali, negli ultimi dieci anni in Ticino sono morti 36 operai sul lavoro, mentre a livello nazionale, nel ramo della costruzione, si registrano in media ogni anno 22 decessi per incidenti e 47 per malattie professionali. Numeri che i lavoratori giudicano inaccettabili: «Ogni volta ci sentiamo ripetere che si è trattato di una fatalità, ma quante volte ancora dovremo sentire questa parola?».
Ritmi di lavoro insostenibili - Gli edili denunciano pressioni e tempistiche sempre meno realistiche, che mettono a rischio la salute e la sicurezza. Anche nelle imprese considerate più attente, raccontano, capita di dover affrontare «salti mortali e soluzioni miracolose» per rispettare scadenze imposte dai committenti.
«Non stiamo andando in guerra, stiamo portando a casa il pane», sottolineano i lavoratori, ricordando che il diritto di tornare a casa vivi e in salute non può essere messo in discussione.
Le richieste degli operai - L’assemblea ha approvato una risoluzione con richieste chiare: offerte realistiche da parte di impresari e committenti; responsabilità dei datori di lavoro; stop alla retorica della fatalità.
«Il diritto alla nostra salute e sicurezza non deve restare uno slogan di facciata – ribadiscono i lavoratori – ma un impegno concreto. Non vogliamo più piangere nemmeno uno dei nostri colleghi».