«La Svizzera e Ruag complici nel genocidio»



Questo pomeriggio diversi pacifisti ticinesi si sono riuniti a Lodrino per chiedere lo stop dell'importazione di materiale bellico
Questo pomeriggio diversi pacifisti ticinesi si sono riuniti a Lodrino per chiedere lo stop dell'importazione di materiale bellico
LODRINO - Un gruppo di manifestanti oggi si è fatto sentire di fronte alla sede della Ruag, a Locarno. Tra le richieste, spicca quella dello stop delle importazioni di materiale bellico.
Prosegue la travagliata questione legata ai droni israeliani che vede coinvolti l'azienda israeliana Elbit Systems e armasuisse. Dopo l'azione legale intentata in luglio, che intende porre fine alla consegna dei velivoli da ricognizione, si è tenuta oggi una manifestazione di fronte alla sede della Ruag, a Lodrino.
«Ruag - sostengono i manifestanti, un gruppo di pacifisti pro-Palestina - è un’azienda svizzera di armamenti controllata interamente dal Consiglio Federale, che continua a intrattenere rapporti con l’azienda israeliana Elbit Systems».
Secondo i presenti, questi rapporti fanno della Svizzera una nazione «non neutrale», ma addirittura «complice nel genocidio che, da quasi 2 anni, Israele sta commettendo ai danni della popolazione della Striscia di Gaza».
«Dall’inizio del genocidio - è stato precisato - il Consiglio federale non ha imposto alcuna sanzione contro Israele, mantenendo con esso “una stretta cooperazione in ambito culturale, economico e scientifico nonché, più recentemente, nel settore dell’innovazione”, come dichiarato dal Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE)».
Ancora una volta, si è sollevato anche il tema legato alla travagliata questione legata ai droni israeliani che vede coinvolti l'azienda israeliana Elbit Systems e armasuisse. In luglio è stata intentata una azione legale che intende porre fine alla consegna dei velivoli da ricognizione. i presenti hanno sottolineato come il contratto in essere con Elbit vada in realtà a «sostenere l'esercito israeliano» e violi «sia il diritto internazionale che quello svizzero, in particolare la convenzione sul genocidio del 1948».

«Dopo questa azione andremo avanti e riscriveremo ad armasuisse», hanno dichiarato i partecipanti che chiedono alla Confederazione «il rispetto dell’obbligo giuridico di fare quanto in suo potere per prevenire ogni rischio di genocidio e ogni violazione del diritto umanitario da parte di altri Stati contraenti».
Obbligo che prevede «il divieto di esportare armi, tecnologie militari e prodotti a doppio uso verso Israele; il divieto di acquistare armi o tecnologie militari dall’industria bellica israeliana; il divieto di collaborare in progetti di ricerca tecnologica con l’industria bellica israeliana; l’applicazione di sanzioni contro lo Stato israeliano e le imprese che hanno un ruolo di sostegno attivo del genocidio in corso».
Originariamente l'accordo con Elbit - approvato dal Parlamento nel 2015 e inizialmente valutato in 250 milioni di franchi - prevedeva la consegna di sei droni da ricognizione destinati all'Esercito svizzero entro la fine del 2019.
Tuttavia, a partire da novembre 2023, l'azienda israeliana ha deciso di orientare le proprie capacità produttive sullo sforzo bellico contro Gaza, posticipando la consegna alla fine del 2026. Nel frattempo i costi del sistema di ricognizione aerea senza equipaggio (e non armato) sono lievitati a 298 milioni di franchi.