«Troppo odio»


Predazioni: a sud delle Alpi il problema cresce. E Berna forse potrebbe fare di più coi pagamenti diretti ai contadini. Il parere della biologa Sissi Gandolla.
Predazioni: a sud delle Alpi il problema cresce. E Berna forse potrebbe fare di più coi pagamenti diretti ai contadini. Il parere della biologa Sissi Gandolla.
BELLINZONA - In ginocchio di fronte al lupo. Gli agricoltori ticinesi non ce la fanno più. E c'è chi a gran voce accusa il Cantone di non intervenire adeguatamente. Sissi Gandolla, biologa e consulente del WWF e Pro Natura sul tema del lupo, storce il naso. «I Cantoni si muovono tutti all'interno dello stesso quadro giuridico. Quello che cambia sono le condizioni in cui si trovano ad agire».
In altre parole?
«Per avere il permesso dalla Confederazione di rimuovere un branco di lupi, questo deve avere predato in situazioni protette oppure avere predato bovini, equini o lama, animali che solitamente riescono a difendersi meglio rispetto a capre e pecore. Inoltre l'abbattimento può essere concretizzato solo tra settembre e gennaio».
Intanto i contadini sono sfiniti.
«Lo capisco. E comprendo tutto il loro dolore. Però si sta chiedendo al Cantone di agire al di fuori di un quadro legale sancito da Berna. Il problema del Ticino è che le nostre peculiarità non sono sempre riconosciute adeguatamente a livello federale».
Il sistema dei sostegni economici all'agricoltura di montagna è da rivedere?
«Forse sì. I pagamenti diretti non riconoscono abbastanza gli sforzi, anche nuovi, che bisogna fare nell'allevamento di capre. Spesso il contadino non può pagare abbastanza personale per mettere in atto le adeguate misure di protezione contro i predatori. Per avere la massa critica per potere pagare il personale extra occorre avere ben oltre 200 capre. La conformazione del nostro territorio e le strutture spesso non lo permettono».
Tanti allevatori stanno mettendo in gioco anche le loro risorse personali per cercare di tutelarsi. Sembra non bastare.
«Un altro problema del Ticino sono i branchi transfrontalieri. È difficile capire cosa hanno combinato i lupi su suolo estero. Grigioni e Vallese hanno anche questo problema. Ma in misura molto minore. Oltretutto il Canton Grigioni ha il 90% dei pascoli ovicaprini protetti secondo la legge».
Perché in Ticino non ci si riesce a proteggere come nei Grigioni?
«Nei Grigioni si è iniziato a investire molto tempo prima nella protezione contro il lupo. In Ticino si è cominciato molto più tardi purtroppo. Quindi bisogna capire che questo è veramente un momento di transizione».
Come si supera questa fase di transizione?
«C’è troppo odio. Dobbiamo ritrovare un dialogo costruttivo tra le parti. Basato su concetti reali e soluzioni che siano equilibrate e praticabili per tutti».
Gli agricoltori ripetono da anni che le misure anti lupo proposte dalla Confederazione non sono attuabili in Ticino, per la conformazione del paesaggio.
«In diversi si stanno attrezzando. È indubbio che ci sono zone difficili da proteggere. Il problema non si risolve semplicemente sparando al lupo. Ci sono dinamiche importanti da considerare quando si destabilizzano i branchi. Tu magari abbatti 70 lupi in un anno e in quello successivo, come risposta, potresti averne addirittura di più».
Il lupo non è più in via d'estinzione ora. Perché si continua a tutelarlo così tanto?
«Non è più tutelato così tanto. Negli ultimi anni in Svizzera ci sono state tante rimozioni. Bisogna procedere con cautela. Meno lupi non significa per forza meno danni».
Alcuni contadini hanno definito il lupo come un animale inutile.
«Non è così. C'è un boom di ungulati che mette in seria difficoltà la rigenerazione delle nostre foreste. Di conseguenza anche la sicurezza pubblica visto che questo va a influire sui boschi di protezione. Il lupo ha un ruolo fondamentale nella regolazione degli ungulati».
Si parla di branchi. A volte a colpire è un lupo solo.
«Quelli si possono abbattere anche durante tutto l’arco dell’anno oltre una certa soglia di danno».
Gli agricoltori dicono che passa troppo tempo dalle segnalazioni agli ordini di abbattimento.
«Non mi posso esprimere su questo. Ricordo però che in un solo mese il Cantone ha emanato due ordini di abbattimento per lupi singoli».
Ora il rischio, sempre più concreto, è che molti contadini gettino la spugna.
«Bisogna urgentemente capire come possiamo aiutare meglio gli allevatori. Del lavoro del contadino ne beneficiamo tutti. Non solo per i prodotti. Ma anche per la cura del paesaggio. Gli agricoltori di montagna ora hanno un'incognita in più con cui confrontarsi, il lupo appunto».
Ma concretamente e nell'immediato cosa si può fare?
«Sostenerli di più economicamente e a livello di società. Ad esempio c'è il problema dei cani da protezione, che sono causa di potenziali conflitti. Sarebbe bello avere più consapevolezza da parte di escursionisti e bikers. Così come vedere un impegno comunicativo da parte degli uffici turistici».
Il lupo ora non preoccupa più solo i contadini. È molto vicino agli abitati.
«Il discorso dei lupi tra le case è sempre lo stesso. Non vanno lasciate all’esterno fonti di cibo facilmente accessibili. Se il lupo non si abitua ad associare gli umani alle fonti di cibo perde anche l’interesse a frequentare gli abitati. È comunque giusto monitorare la situazione senza sottovalutare le paure della gente. Va ricordato che in caso di comportamenti anomali la legge prevede un intervento rapido».






































