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LOCARNESE

«Mia figlia aveva raccontato di essere stata abusata, ma non è stata creduta»

Sul caso dell'uomo che ha commesso gravi violenze in due nuclei famigliari emerge un drammatico retroscena. Parla la prima moglie: «Poteva essere fermato prima».
Ti-Press (archivio - foto simbolica)
«Mia figlia aveva raccontato di essere stata abusata, ma non è stata creduta»
Sul caso dell'uomo che ha commesso gravi violenze in due nuclei famigliari emerge un drammatico retroscena. Parla la prima moglie: «Poteva essere fermato prima».

LOCARNESE - «Quell'uomo poteva essere fermato prima. A un certo punto mia figlia aveva trovato il coraggio di parlare. Ma in polizia non è stata creduta. E così la mia famiglia è rimasta rinchiusa nella morsa della paura». Rabbia e dolore nelle parole della prima moglie dell'uomo recentemente condannato a sette anni di carcere per avere commesso violenze e abusi in due nuclei famigliari distinti, dapprima nel Locarnese e poi nel Mendrisiotto. A poche settimane dalla sentenza le trema ancora la voce. «Ma io non posso stare zitta. I miei figli vivranno con questo trauma per tutta la vita». 

Per ovvie ragioni manteniamo l'anonimato. E intanto riavvolgiamo il nastro della vicenda. 
«La mia figlia più grande ha subito abusi sessuali dal mio ex marito nel 2018. All'epoca lei aveva 10 anni. È riuscita a parlarne a suo padre solo nel 2020. A quel punto lui mi ha chiamata». 

E qual è stata la sua reazione?
«Ho subito creduto a mia figlia. Io avevo subito violenze di ogni genere in quegli anni. E sapevo che il mio ex marito aveva tentato di abusare anche dell'altra figlia più piccola. L'ho saputo quando la relazione stava per finire».

Lei sapeva una cosa tanto terribile e non è corsa a sporgere denuncia alla polizia?
«Non è così semplice quando vivi in una gabbia di terrore e con un uomo che minaccia di farti letteralmente a pezzi. Lui diceva anche che se io avessi parlato, mi avrebbe fatto portare via i bambini dall'Autorità regionale di protezione di Minusio, calunniandomi, facendomi risultare una pazza. Quando si è così fragili si crede a tutto. A quel punto scegli di andare avanti col "male minore" finché magari non ci sarà l'occasione per raccontare quell'inferno».

Occasione che arriva nel 2020. Sua figlia viene interrogata a Lugano. 
«La poliziotta che l'ha interrogata non le ha creduto. Eppure quelle erano le stesse frasi che mia figlia ha poi ripetuto quattro anni dopo quando invece è risultata credibile. Io all'epoca avrei voluto essere sentita a mia volta. Speravo si aprisse un varco per finalmente raccontare anche il resto. Non è stato così». 

Che sentimento ha provato a quel punto?
«Ero disorientata. Se la poliziotta avesse fatto uno sforzo, avrebbe visto che il mio ex marito era stato condannato nel 2019 per violenza domestica nei miei confronti. Avrebbe magari potuto intuire che qualcosa nella nostra casa davvero non quadrava. Invece ha preferito fare sentire mia figlia una bugiarda. Non glielo perdonerò mai».

Lei nel frattempo si era già distanziata da quell'uomo. 
«Nel 2019, dopo la condanna per violenza domestica, gli venne imposto di non avvicinarsi a casa nostra per un paio di settimane. Non è mai più rientrato. Anche perché forse, essendo ora sotto la lente della polizia, aveva paura che si scoperchiasse il vaso di Pandora».

Qual è stata la sua reazione dopo che sua figlia non è stata presa in considerazione?
«Ho pensato che non avrei mai avuto possibilità di raccontare nulla, che non sarei mai stata creduta. È tornata la paura. Sono ticinese, amo il Ticino. Ma ho scelto di andarmene dalla mia terra. Mi sono trasferita in Italia con i miei figli. Con l'obiettivo di lasciarci tutto alle spalle, di dimenticare». 

Ma a febbraio 2024 lei ha depositato una denuncia in polizia a Locarno contro il suo ex marito.
«È stata la sua nuova partner a cercarmi. Mi ha contattato il 27 gennaio 2024. Ho ancora le schermate delle nostre conversazioni. Mi raccontò episodi molto simili a quelli che avevamo subito noi in famiglia. A quel punto abbiamo deciso insieme di andare a fare denuncia». 

Questa donna poi ha ritrattato la sua versione. Come se lo spiega? 
«Non lo so. E non voglio neanche commentarlo».

Cosa ha provato dopo la sentenza di inizio giugno?
«Inizialmente sollievo. Perché finalmente la giustizia ci aveva creduto. Poi però è subentrata l'ansia. Sette anni di carcere, compreso il periodo già scontato, volano. Quest'uomo tra relativamente pochi anni è di nuovo in libertà. Le mie figlie sono terrorizzate alla sola idea di incontrarlo di nuovo in futuro. Lui non ha ucciso nessuno fisicamente. Ma psichicamente sì. Forse non ci riprenderemo mai più». 

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