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«Vi spiego perché uno schiaffo al figlio è sbagliato»

Per il Consiglio nazionale la sberla è inammissibile come strumento educativo. La sessuologa: «Impariamo ad ascoltare ed essere presenti».
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«Vi spiego perché uno schiaffo al figlio è sbagliato»
Per il Consiglio nazionale la sberla è inammissibile come strumento educativo. La sessuologa: «Impariamo ad ascoltare ed essere presenti».

LUGANO - Sberle, sculacciate, minacce e umiliazioni non devono più rientrare tra i metodi educativi dei genitori. Così si è espresso il Consiglio nazionale, approvando ieri, a larga maggioranza, una modifica del Codice civile che mira a dichiarare esplicitamente inammissibile il ricorso alla violenza nell'educazione.

Sullo “schiaffone correttivo”, abbiamo interpellato Kathya Bonatti, sessuologa, nonché autrice del libro “Madri e padri manipolatori”.
«Le violenze fisiche, psicologiche e sessuali avvengono spesso all'interno delle “celle segrete delle mura domestiche”. Per me è quindi molto positivo che si arrivi a una normativa che insegni un codice relazionale sano e rispettoso. È la base per la prevenzione di ogni forma di violenza, inclusi i femminicidi. Ricordiamoci che i figli, una volta adolescenti e poi adulti, tendono a comportarsi così come hanno visto fare dai genitori».

Basta guardarsi attorno, i bambini maleducati non mancano. Come fare quando le parole non bastano?
«Non è con lo schiaffo che si corregge un bambino. Bisogna semmai domandarsi come mai quel bambino non ascolti. Può darsi che lui stesso non sia stato ascoltato e compreso nei suoi bisogni. Il capriccio, il comportamento inadeguato, il pianto, possono essere tutti espressione di un disagio, di qualcosa che non si riesce a dire in altro modo». 

Cosa bisogna fare allora?
«Ascoltarli. Ed esserci, soprattutto nei primi tre anni di vita. Se entrambi i genitori sono assenti, il bambino rischia di crescere con una sindrome d’abbandono, o altri traumi poi difficili da recuperare». 

Nemmeno una sberla?
«Mai. Si utilizza il dialogo, la comprensione, l'ascolto, la capacità di spiegare come si sfoga la rabbia. Non bisogna far finta che non ci siano i sentimenti negativi, questi vanno accolti e indirizzati».

L’esasperazione alle volte ti può tirare fuori dai gangheri.
«Occorre ricordare una cosa: un bambino è titolare di diritti dalla nascita. Quel comportamento lo avresti con un adulto? Ovviamente no, e non puoi permettertelo nemmeno con un bambino, anche se è tuo figlio».

Quello del genitore è un mestiere che richiederebbe strumenti che non tutti hanno. 
«Uno studioso americano è stato il primo a proporre la licenza per procreare. Un’esagerazione? Forse, ma la procreazione deve essere consapevole. Non basta volerlo, non basta l’amore. Un figlio bisogna poterselo permettere. Il rischio, altrimenti, è quello di mettere al mondo una persone che soffrirà, un adulto problematico e infelice». 

Lei è una sessuologa. C’è una correlazione tra la violenza subita dai genitori e il rapporto poi con la sessualità?
«È stata confermata ad esempio fra la sculacciata e il comportamento sadomaso. Il meccanismo inconscio che si mette in atto è il seguente: se qualcuno che mi ama mi picchia, allora quando io amo qualcuno lo devo picchiare. Nessun gesto è neutro e i bambini assorbono come spugne i comportamenti genitoriali».

Un figlio picchiato sarà dunque un padre e un marito violento?
«Potrebbe. Se la violenza subita è molto grande, a volte ci si discosta da essa e la si rinnega. Ma laddove non si ha questa consapevolezza in relazione alla violenza, non la si ha nemmeno nel modo in cui ci si rapporta con il proprio o la propria partner, o con i propri figli». 

Oggi di ragazzi problematici ce ne sono molti. Le stime relative al disagio psicologico nei giovani non lasciano adito a dubbi. 
«La società sta creando troppi figli rifiutati, abbandonati o con genitori violenti. Ricordiamoci che questi saranno gli adulti di domani».

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