«I prossimi in casa anziani saremo noi. E rischiamo cure non dignitose»

A Berna è stato presentato il "Manifesto Care" per «uscire a testa alta dalla crisi delle cure di lunga durata».
BERNA/LUGANO - La popolazione Svizzera sta invecchiando. Molto velocemente. E il settore delle cure, già in crisi, rischia di non tenere il passo dell'evoluzione demografica.
Su questi presupposti si basa il "Manifesto Care", redatto dai lavoratori di case anziani e spitex con la supervisione di Unia e della Supsi, e presentato oggi a Berna presso il segretariato dell’Unione sindacale svizzera (USS).
«Un lavoro veramente originale, per certi versi unico - ci spiega Enrico Borelli, responsabile nazionale del settore cure di Unia -. Perché è il primo progetto di ricerca che pone al centro dell'analisi la sensibilità del lavoratore».
Sono proprio i lavoratori ad aver partecipato a tutta una serie di discussioni collettive, «evidenziando peraltro che hanno le competenze per formulare tutta una serie di proposte concrete che permetterebbero di porre fine alla crisi emergenziale che sta investendo il settore delle cure. Sono state quindi indicate delle soluzioni concrete e praticabili - precisamente 35 punti - per migliorare tutti i processi e soprattutto la qualità delle cure».
Nello specifico parliamo di cure a lunga durata, giusto?
«Esatto. Il lavoro è stato promosso e focalizzato sulle case anziani con dei gruppi di discussione collettive di lavoratrici e di lavoratori del settore presi dalla Svizzera tedesca, francese e italiana».
Le criticità emerse sono le stesse in tutte e tre le regioni linguistiche?
«Sì, le situazioni emerse, anche tramite confronti diretti tra i lavoratori delle rispettive regioni, sono veramente trasversali».
L'obiettivo di questo manifesto qual è?
«Persegue molteplici obiettivi e sicuramente vuole rappresentare un contributo al dibattito politico e sociale sul futuro delle cure di lunga durata in Svizzera. Un dibattito che riteniamo urgente e necessario per almeno tre motivi. Il primo è che il settore delle cure, oggi, si trova nel mezzo di una crisi profonda, oserei dire sistemica. In Svizzera tedesca usano il termine "die versorgungskrise" (crisi di approvvigionamento). Se è vero che oggi ci stiamo concentrando sulle cure di lunga durata possiamo dire che il concetto è applicabile a tutto il settore sanitario. Il secondo è che, a seguito di quella che sarà l'evoluzione demografica, queste criticità purtroppo si acuiranno».
Si ha già un'idea di cosa ci aspetta?
«Basti pensare che entro il 2040, il numero degli over 65 aumenterà di oltre il 50% e il numero degli over 80 di oltre l'80%. Si stima che, per sopperire al problema, bisognerà costruire quasi novecento case anziani in Svizzera. Serviranno 54mila posti letto in più e circa 35mila lavoratori supplementari».
Un problema, immagino, vista la fuga del personale medico.
«È una situazione estremamente seria se si pensa che già oggi il settore è contraddistinto da un turnover elevatissimo, dall'assenza di personale e dall'abbandono della professione».
Diceva tre motivi...
«Il terzo è molto semplice. Credo che i nostri genitori e i nostri nonni abbiano il diritto di vivere gli ultimi anni della loro vita con dignità e abbiano il diritto di ricevere delle cure di qualità, cosa che oggi non è più possibile fare in un contesto di questo tipo».
Cosa bisogna fare?
«Occorre assolutamente coinvolgere il personale nei processi decisionali. Alcuni anni fa, a livello nazionale, sono stati definiti i criteri di qualità per le cure di lunga durata. Hanno partecipato al processo Curaviva, l'Ufficio federale della sanità pubblica, Ufficio federale di statistica, i rappresentanti della conferenza cantonale dei direttori della sanità e i consiglieri di Stato che si occupano del Dipartimento di Sanità nei rispettivi cantoni. Mancava però un attore fondamentale, anzi, due: il lavoratore e il paziente. Bisogna iniziare ad abbracciare un concetto di gerarchia orizzontale, valorizzando le competenze, le capacità e le conoscenze che i lavoratori hanno maturato al fronte».
Solo questo?
«No, emerge chiaramente la necessità di una diversa organizzazione del lavoro. Oggi, per contenere i costi, i processi lavorativi nelle case anziani, ma anche negli spitex, sono estremamente standardizzati. Ciò si scontra con quella che dovrebbe essere la logica che regge il funzionamento delle cure e che prevede che ai lavoratori venga fornita un'autonomia lavorativa per meglio inquadrare le cure e fare in modo che esse siano funzionali al paziente. Non possiamo ragionare come in una catena di montaggio».
Con il rischio, tra l'altro, di disumanizzare il rapporto tra lavoratore e paziente.
«Il grosso problema dei processi standardizzati è anche che manca il tempo per curare le relazioni sociali e umane, che sappiamo bene quanto pesino a livello terapeutico».
Alla fine tutto si riduce sempre a una questione economica.
«Ci vuole un finanziamento delle cure, che sia equo e corretto. Lo Stato dovrebbe farsi carico di ciò e questa questione dovrebbe essere una priorità. Perché il settore delle cure ha già oggi una dimensione strategica rispetto al funzionamento della società e diventerà ancora più importante nei prossimi anni».
E la Svizzera a quanto pare invecchia in fretta.
«Dai dati freschi di un paio di settimane, le persone direttamente coinvolte nelle cure di lunga durata, tra lavoratori e fruitori o residenti, sono 830mila. Se a queste cifre aggiungiamo i familiari più stretti che seguono e si occupano di queste persone, abbiamo un quadro approssimativo che evidenzia l'importanza e la valenza di un settore che coinvolge direttamente o indirettamente milioni di persone. Insomma il tema dovrebbe essere una priorità per i prossimi anni. Vanno trovate delle formule di finanziamento che siano eque e solidali per rispondere alle nuove esigenze di questa società».
Alle nostre esigenze, visto che i prossimi a finire in casa anziani siamo proprio noi...
«Penso solo alla mia generazione, quella dei baby boomer... Saremo tantissimi. Si calcola che rappresenteremo oltre il 10% della popolazione. Anche qui sono ancora i numeri a parlare. In Ticino gli over 80 oggi sono circa 27'700, nel 2050 saranno oltre 57'700. Su una popolazione di 350mila abitanti...».
Insomma, chiedete riforme profonde.
«Le abbiamo fissate in questo manifesto. Vogliamo lanciare un ampio dibattito, sviluppando una campagna di promozione e diffusione molto capillare. Organizzeremo tutta una serie di dibattiti, discussioni pubbliche e iniziative volte proprio a dare un contributo costruttivo per uscire da questa crisi».