Svizzera sorpresa dai dazi? I campanelli d'allarme suonavano già nel 2017

A Berna si è diffuso negli anni un falso senso di sicurezza, nonostante gli avvertimenti degli economisti della Seco
BERNA - Le istituzioni elvetiche sono state colte di sorpresa dalla stangata arrivata dagli Stati Uniti sotto forma di dazi punitivi del 39%. Eppure i campanelli d'allarme erano già presenti fin dal 2017, ed erano stati messi nero su bianco dagli economisti federali. Come mai, allora, c'è stata questa grave sottovalutazione? Un'analisi del Blick cerca di spiegarlo.
Si parte da un punto fermo: Donald Trump considera alla stregua di ladri quei paesi che esportano beni e servizi negli Stati Uniti in misura maggiore di quelli che introducono nel proprio mercato. Nel marzo di otto anni fa, gli economisti della SECO avevano pubblicato un documento intitolato "Tendenze economiche" nel quale si metteva in guardia sul probabile cambio di rotta dell'amministrazione repubblicana (Trump era alla Casa Bianca da poco più di un mese). Visto che i deficit commerciali erano visti a Washington come «pratiche sleali», gli esperti avvertivano sulla possibilità di «cambiamenti tanto radicali». Gran parte dello squilibrio nella bilancia commerciale era attribuibile - come si è visto nel recente psicodramma - al commercio di oro.
Ma le previsioni a tinte fosche non si avverarono e iniziò a diffondersi l'idea che la Svizzera non sarebbe stata trattata con durezza. «Questa impressione era alimentata da segnali provenienti dalle più alte sfere statunitensi», dichiarò all'epoca al Blick un anonimo alto funzionario. Tale convinzione regnava a Berna anche all'inizio del secondo mandato di Trump. Il Governo probabilmente ricordava le parole di Wilbur Ross, ministro al Commercio Usa dell'epoca, che aveva sottolineato un punto: «Sebbene ci sia un surplus commerciale nel settore delle merci, c'è un surplus a favore degli Stati Uniti nel settore dei servizi». L'allora ministro dell'Economia elvetico, Johann Schneider-Ammann, aveva parlato di un «certo cessato allarme». Anche l'ambasciatore americano a Berna, Ed McMullen, aveva ribadito che la Svizzera è «piccola, ma molto importante».
Ulteriori segnali giunti durante la seconda parte del primo mandato di Trump, poi la sua sconfitta elettorale, devono aver fatto pensare che il pericolo fosse definitivamente scampato. Ma è stato un enorme errore di valutazione. «In primo luogo, le persone hanno sottovalutato quanto sia importante per Trump la valuta di scambio» ha dichiarato sempre al Blick l'ex alto funzionario rimasto anonimo. «In secondo luogo, alla fine contano solo i suoi capricci. E in terzo luogo, non gli importa dei dettagli».