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SVIZZERA

«Siamo in grado di difendere solo l’8% della Svizzera»

Le considerazioni del CEO di Armasuisse sull’industria bellica elvetica: «Vogliamo rafforzare la produzione interna».
armasuisse
I nuovi sistemi IRIS-T SLM per la difesa terra-aria.
Fonte Blick
«Siamo in grado di difendere solo l’8% della Svizzera»
Le considerazioni del CEO di Armasuisse sull’industria bellica elvetica: «Vogliamo rafforzare la produzione interna».

BERNA - La corsa alle armi tiene banco in Europa. E la Svizzera non è da meno. F-35, droni israeliani ed esportazioni di materiale bellico stanno impegnando la politica e non solo. 

La difesa svizzera - «In caso di conflitto, lo scenario più probabile è un attacco aereo a distanza», ha spiegato al Blick il CEO di Armasuisse Urs Loher. «Per questo motivo dobbiamo concentrarci sui sistemi di difesa. Attualmente siamo in grado di proteggere solo l'8% del territorio svizzero. In futuro, grazie ai sistemi Patriot, saremo in grado di proteggere il 30%. Si tratta di quattro centri urbani su dieci».

È di pochi giorni fa la notizia dell’acquisto di cinque sistemi di difesa antiaerea IRIS-T SLM. L'esercito intende così colmare un'importante lacuna nella capacità di difesa e rafforza la resilienza contro le minacce provenienti dallo spazio aereo (caccia, droni e missili da crociera). Il sistema completa l'acquisto dell'aereo da combattimento F-35A e dei sistemi Patriot per la difesa terra-aria a lunga gittata.

Focus sulla produzione interna - «Il modo in cui impieghiamo le nostre risorse è cruciale», continua il 58enne. «La difesa aerea è fondamentale». Ma non è l’unico ambito in cui, secondo il CEO, è urgente investire. «Abbiamo bisogno di munizioni, altrimenti un sistema d'arma è inutile. E se non siamo più in grado di proteggerci da soli, dobbiamo domandarci: abbiamo bisogno di un'alleanza? I nostri vicini verranno in nostro soccorso se in passato abbiamo fatto poco per proteggere loro? La politica deve riflettere su questi aspetti».

Nella nuova strategia sugli armamenti, presentata da Armasuisse, il focus degli approvvigionamenti è posto sulla produzione interna e sull’Europa. «Vogliamo che il 60 per cento degli approvvigionamenti sia effettuato in Svizzera e in Europa. Il motivo? Rafforzare l'industria nazionale. Perché in caso di emergenza, tutti pensano prima a se stessi. La crisi del Covid ce lo insegna. Ed è per questo che dobbiamo tornare a essere maggiormente indipendenti».

Tra i 10 e i 15 anni - Eppure la strada è ancora lunga. «Sarebbe un'illusione credere di ricostruire in poco tempo quello che è stato smantellato negli ultimi 36 anni. Ci vorranno dai cinque ai dieci anni».

Già, perché rispetto al passato il passo indietro, per quanto riguarda l’industria bellica, sembra evidente. «Dove è andata a finire la nostra industria? Negli ultimi 36 anni abbiamo vissuto un tracollo. Un tempo avevamo Oerlikon, un'azienda che riforniva persino gli Stati Uniti. Oggi la Svizzera produce attrezzature belliche per un valore di 4,4 miliardi di franchi all'anno. Solo l'azienda statunitense Lockheed Martin ha un fatturato di 63 miliardi di franchi».

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