Altro che democrazia: uno svizzero su tre vorrebbe escludere i partiti “rivali”

Uno studio di Pro Futuris staglia ombre oscure sulla democrazia elvetica. Anche se i politici di tutti gli schieramenti la pensano in maniera differente.
BERNA - Più di un terzo della popolazione svizzera vuole escludere «partiti a loro sgraditi» da elezioni, votazioni e dibattiti pubblici. E questo, nonostante oltre tre quarti della popolazione ritenga prezioso il confronto con chi la pensa diversamente in politica. Non è proprio un bel messaggio quello che fuoriesce da uno studio di Pro Futuris, il Think + Do Tank della Società svizzera di utilità pubblica (Ssup).
Secondo il 38% dei 2'573 intervistati sarebbe infatti «meglio» o «piuttosto meglio» se il partito a loro meno simpatico fosse escluso da elezioni e votazioni, mentre il 35% vorrebbe addirittura escluderlo completamente dal dibattito politico.La propensione a escludere avversari politici è particolarmente forte tra i simpatizzanti dell’UDC (44%), dei Verdi e del PS (36%). A livello di età colpisce il divario che c'è tra i giovani e gli anziani. Quasi la metà degli intervistati tra i 18 e i 24 anni - il 47% per l'esattezza - escluderebbe infatti il partito meno gradito, mentre tra gli over-65 questa quota scende sotto il 30%.
I motivi
Ma perché più di terzo degli svizzeri ha questa visione poco democratica? Una spiegazione prova a fornirla Ivo Scherrer, il responsabile della ricerca. «Vedo due motivi principali. Da una parte le persone potrebbero considerare troppo pericolose, dal punto di vista ideologico, certe formazioni per concedere loro potere. Dall'altra subentra una certa mancanza di fiducia nella politica e alcune persone desiderano soluzioni politiche più semplici e veloci di quelle che può offrire il nostro sistema di concordanza». La scarsa disponibilità a concedere potere a partiti sgraditi è vista da Scherrer come un grave pericolo: «Il cuore della democrazia è cercare di risolvere insieme i problemi, nonostante tutte le differenze».
Le reazioni
I risultati sono sorprendenti anche per il mondo politico stesso. «La democrazia svizzera - sottolinea il consigliere nazionale Mike Egger (UDC) - funziona quando tutti i partiti sono coinvolti nel processo politico e tutte le questioni che interessano la popolazione vengono trattate».
Il capogruppo UDC alle camere federali Thomas Aeschi, da parte sua, mette addirittura in dubbio l'affidabilità dello studio. «Questi risultati sono incomprensibili», sottolinea il consigliere nazionale di Zugo, precisando che per lui in Svizzera non c'è la tendenza a escludere partiti o gruppi politici dal dibattito pubblico. Per il capogruppo del Centro Philipp Matthias Bregy i risultati sono «inquietanti». «Dimostrano che la polarizzazione è ancora maggiore di quanto temessimo», precisa il vallesano, ricordando come la politica sia «una gara di idee» e per questo «bisogna rispettare le opinioni altrui».
Nadine Masshardt, consigliera nazionale del PS, vede una possibile spiegazione nella politica internazionale: «Le democrazie sono sotto pressione in tutto il mondo, soprattutto per via di persone come Trump, che mettono in discussione istituzioni e democrazia nel suo insieme». Per Masshardt è quindi fondamentale «rafforzare la democrazia e promuovere il dialogo e l’educazione civica».
Anche la presidente dei Verdi Lisa Mazzone fa fatica a credere che gli svizzeri possano veramente pensarla così. «Grazie alle votazioni, la Svizzera sperimenta regolarmente i vantaggi della democrazia. Qui si esercita il confronto politico», afferma la politica vodese, precisando che chi rispetta le regole dovrebbe far parte del processo politico: «Fortunatamente - conclude - non ci siamo mai trovati in una situazione come negli Stati Uniti, dove i risultati elettorali sono messi in discussione».








