«Se torno in Russia vado in prigione o in guerra»


Un 22enne russo dovrà lasciare la Svizzera perché per la SEM la paura della leva non è sufficiente per essere riconosciuto come rifugiato
Un 22enne russo dovrà lasciare la Svizzera perché per la SEM la paura della leva non è sufficiente per essere riconosciuto come rifugiato
BERNA - Farà uno sciopero della fame e della sete, davanti al Fraumünster, con un cartello, i suoi documenti e l’autorizzazione del Comune, per dire che non vuole tornare in Russia. Ha perso la sua patria, la sua famiglia russa, l'amore (per ben due volte), viene definito dal suo avvocato «un caso senza speranza»: se non cambierà nulla, tra una decina di giorni dovrà tornare in patria e forse combattere.
Fuggito per non doversi arruolare e non finire in carcere - Il 22enne Vasily Naryshkin è fuggito dal suo paese nel 2022, quando è stato convocato, pur essendo ancora studente, dall'esercito per andare in guerra in Ucraina. Nei mesi precedenti aveva fatto donazioni al media critico Meduza, ora classificato come “organizzazione indesiderata”, e a un’iniziativa ucraina per forniture mediche. Se ne è andato quando gli è stato detto, dopo l'ennesima scelta di ignorare la chiamata alle armi, che rischiava due anni di carcere.
Un viaggio di cui nessuno sapeva nulla - È partito lasciando la mamma e la fidanzata, ancora studentessa, senza avvertirle, per non metterle in pericolo. Il suo viaggio verso la Svizzera è stato una odissea, a piedi o in autostop, attraverso Bielorussia, Georgia, Turchia e Bosnia, con i vestiti con cui aveva lasciato il suo paese, dormendo nei boschi.
Per la SEM non rischia la prigione - Dopo due anni e mezzo, la SEM ha respinto la sua domanda di asilo: se non se ne va entro il 12 giugno, verrà rimpatriato in modo forzato e in patria potrebbe finire in carcere o dover andare in guerra, che per lui è ancora peggio. «Secondo la prassi, la renitenza o diserzione non comporta di norma il riconoscimento dello status di rifugiato, poiché le sanzioni previste sono di natura puramente militare», si giustifica la Segreteria di Stato per la Migrazione, che non crede che Vasily verrebbe davvero arruolato.
«Sento di non avere più diritto all'amore» - Il giovane si stava ricostruendo una vita in Svizzera: aveva iniziato un'altra relazione, poi finita. Si sente solo, percepisce di non avere più diritto all'amore. Gli è rimasto accanto solo il suo migliore amico, un ucraino. Anche la sua avvocata d’ufficio gli ha comunicato per e-mail che «non dedica tempo a casi senza speranza».
I suoi timori - «Ho paura di quello che succederà qui fra meno di due settimane. Ma temo ancora di più quello che potrebbe accadere in patria», dice. Sebbene per la SEM non possa rimanere in Svizzera solo per paura della leva e l'obiezione di coscienza non sia un fattore di rischio, lui e anche Amnesty International la pensano diversamente. «Ho la sensazione che le autorità svizzere si affidino a uno Stato di diritto che in Russia semplicemente non esiste più», commenta.
In patria non ha più famiglia e università - Anche se non venisse arruolato, non ha più nulla in Russia. La madre è fuggita vendendo tutto, l'università lo ha espulso. Quello dello sciopero della fame e della sete, senza rivendicare nulla, solo facendosi vedere, è il suo ultimo tentativo.