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SVIZZERA

Militari ostacolati sul lavoro: Süssli e Moser chiedono più sostegno dalle aziende

L’esercito svizzero e l’Unione degli imprenditori chiedono più sostegno ai lavoratori che prestano servizio militare.
20min/Stefan Lanz
Fonte RED
Militari ostacolati sul lavoro: Süssli e Moser chiedono più sostegno dalle aziende
L’esercito svizzero e l’Unione degli imprenditori chiedono più sostegno ai lavoratori che prestano servizio militare.

BERNA - Il capo dell’esercito svizzero, Thomas Süssli, e il presidente dell’Unione svizzera degli imprenditori (USI), Severin Moser, lanciano un appello congiunto all’economia: più comprensione e più sostegno verso chi presta servizio militare.

In una lettera aperta firmata questa settimana, i due sottolineano l’importanza di permettere ai cittadini in uniforme di assolvere i propri obblighi senza timori di perdere il posto o subire svantaggi professionali. L’iniziativa arriva dopo che diversi militari avevano raccontato, attraverso i media, difficoltà con i datori di lavoro legate alle scuole reclute o ai corsi di ripetizione.

Un problema reale, emerso dalle testimonianze - Tutto è iniziato da un articolo online che denunciava i casi di giovani militari ostacolati sul lavoro. Il generale Süssli ha reagito pubblicamente, invitando via social i diretti interessati a contattarlo. Circa ottanta persone hanno risposto, raccontando di pressioni o incomprensioni da parte delle aziende. «La sicurezza è un pilastro della prosperità del nostro Paese», ricordano ora Süssli e Moser. «Senza un esercito efficiente, non può esserci stabilità economica».

Una situazione win-win - Nel documento, i due sottolineano che la partecipazione al servizio militare non è solo un dovere civico, ma anche un’opportunità per il mondo del lavoro. Durante la formazione militare, infatti, i partecipanti sviluppano disciplina, capacità di leadership, resistenza allo stress e competenze nella gestione delle crisi – tutte qualità molto apprezzate in ambito professionale. Sostenere i collaboratori che servono nell’esercito, sostengono Süssli e Moser, è dunque “una situazione win-win”: le imprese contribuiscono alla sicurezza nazionale e, in cambio, ricevono collaboratori più formati e resilienti.

Un messaggio di collaborazione - Con questa iniziativa congiunta, l’esercito e l’Unione degli imprenditori auspicano una maggiore collaborazione tra istituzioni e settore privato, nel rispetto del modello di milizia che da sempre caratterizza la Svizzera.


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COMMENTI
 

Ste1963 2 gior fa su tio
Come datore di lavoro con il tipo di professione ho personalmente avuto solo terribili esperienze. Le perdite economiche per me per la mia piccola azienda era insostenibili. È la confederazione che dovrebbe aiutare in modo maggiore i datori di lavoro che vi ricordo essere loro con le tasse a mantenere l'esercito. Io personalmente non assumerò più giovani o lavoratori sotto obblighi di leva. Ho una famiglia da mantenere e quando avevo un operaio al militare la mia paga saltava anche 2 mesi. Quindi lasciamo a chi opera nel terziario dove sono facilmente rimpiazzabili assumere questi ragazzi.

doflamingo 3 gior fa su tio
"Senza un esercito efficiente non può esserci stabilità economica". Ma per favore! La stabilità economica svizzera non nasce da un esercito efficiente, ma da istituzioni stabili, innovazione e fiducia internazionale. L’esercito, al contrario, assorbe risorse senza crearne: è un costo per la collettività, non un motore produttivo. La sicurezza svizzera è frutto di diplomazia e prosperità (per quanto questa sia in calo, sigh), non di forza militare. I

Chi ha ragione 3 gior fa su tio
Ah, che bel messaggio patriottico! Süssli e Moser mano nella mano, uniti sotto la bandiera dell’efficienza e del “win-win”. Peccato che, a ben vedere, per molti giovani in uniforme il “win” resta un miraggio… mentre il “lose” è il tempo perso a giustificarsi col datore di lavoro perché il sergente li aspetta all’alba. E sì, le qualità sviluppate nell’esercito — disciplina, gestione dello stress, leadership — fanno curriculum… ma non sarebbe male se anche le aziende imparassero un po’ di “spirito di corpo”, invece di lamentarsi ogni volta che un dipendente deve servire il Paese. Detto questo, permettimi un pizzico di sano scetticismo elvetico: tutta questa enfasi sulla “sicurezza come pilastro della prosperità” fa un po’ sorridere. Perché diciamocelo — se un giorno qualcuno davvero decidesse di invaderci, non credo che potremmo resistere più di dieci minuti (forse undici, se il traffico sull’A2 rallenta gli invasori). 😅 Forse, più che armare la milizia, potremmo investire quei miliardi in qualcosa che rafforzi la Svizzera davvero: educazione, sanità, innovazione… o magari un piano nazionale per insegnare ai politici la differenza tra “strategia” e “nostalgia”.

tbq 3 gior fa su tio
Risposta a Chi ha ragione
Un messaggio il tuo che era molto popolare negli anni '20, e in tutta Europa. Lo è stato anche negli anni '30. Poi nel 1939 avvenne qualcosa, ma sicuramente educazione, sanità ed innovazione avranno tenuto le conseguenze di questo avvenimento fuori dalla Svizzera. :) - - - Scherzi (mica tanto) a parte, forse sarebbe il caso di vedere l'insieme, invece di pensare che un dettaglio rappresenti il tutto. La metafora del ponte di pietre ad arco è ottima in questo senso; non c'è una sola pietra che da sola sostenga il ponte, ma se ne manca anche una sola il ponte crolla. Non investire oggi nella milizia, specie in un tempo in cui le illusioni dei pacifisti vanno sempre più a sbattere la faccia contro la realtà, significa pagare un conto salatissimo in futuro. Già stiamo pagando ora il conto degli ultimi trent'anni di risparmi, esattamente come li pagammo nel 1914 e nel 1939; vogliamo andare avanti così?

Chi ha ragione 3 gior fa su tio
Risposta a tbq
La ringrazio per la riflessione, ma mi permetta una piccola osservazione. Anche ammesso che avessimo un esercito super efficiente, non sono certo che potremmo davvero difenderci da una superpotenza… o, a voler essere realistici, forse nemmeno da un paesino un po’ più grande del nostro. 😉 La storia insegna che la forza militare, da sola, non basta a garantire la sicurezza — altrimenti il mondo sarebbe un posto molto più tranquillo. La stabilità si costruisce anche (e direi soprattutto) con diplomazia, economia, educazione e coesione sociale: tutte “pietre” indispensabili per tenere in piedi il ponte, come giustamente ricordava Lei. Investire sì, ma con equilibrio — perché la sicurezza non si misura solo in chilometri di filo spinato o in numero di elmetti lucidi. 🇨🇭

tbq 1 gior fa su tio
Risposta a Chi ha ragione
Anche questi ragionamenti erano molto in voga negli anni '30. Hanno portato, ad esempio, all'annessione dell'Austria e allo smembramento della Cecoslovacchia. Anche in Svizzera ad un certo punto sembravano (sembravano, ribadisco) essere prevalenti, ma poi qualcuno disse a chiare lettere che anche senza alcuna speranza di vittoria si sarebbe combattuto fino alla fine, non importa a quale prezzo. E la Svizzera superò la guerra quasi indenne, al contrario dei due Paesi citati sopra. La forza militare da sola non basta, hai ragione; ci vuole anche la fermezza e la decisione di usarla quando serve, costi quel che costi. Come anche in diplomazia, peraltro, e nelle relazioni internazionali. Altrimenti si diventa il sacco da pugile di chiunque, e non si costruisce né stabilità, né sicurezza, né coesione sociale, né nient'altro di utile.

OrsoTI 3 gior fa su tio
Ai giovani manca proprio questo.

Lupo Alberto 3 gior fa su tio
"disciplina, capacità di leadership, resistenza allo stress e competenze nella gestione delle crisi" ...hi hi hi... non ci credono più nemmeno le banche....

tbq 3 gior fa su tio
Risposta a Lupo Alberto
E considerando quanto avvenuto di recente, le conseguenze di questo si vedono...

adri57 3 gior fa su tio
Ad un capo dell’esercito dimissionario, in presenza del successore già nominato, viene ancora concesso di lanciare appelli così importanti?
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