La mossa di Berna: delocalizzare le raffinerie d'oro per addolcire i dazi di Trump


La soluzione, però, divide gli esperti e la politica.
La soluzione, però, divide gli esperti e la politica.
BERNA - Colpita da dazi del 39% imposti da Donald Trump, la Svizzera avrebbe messo sul tavolo una carta vincente: delocalizzare parte delle sue raffinerie d’oro negli Stati Uniti. Lo riporta Bloomberg.
La proposta - Da diverse settimane, Berna cerca di smorzare le tensioni commerciali con Washington e, secondo l’agenzia americana, avrebbe trasmesso al segretario al Tesoro Scott Bessent e al rappresentante al commercio Jamieson Greer una proposta formale: investire direttamente nell’industria statunitense della raffinazione, trasferendo oltreoceano alcune attività meno redditizie.
Un settore sotto pressione - Il Tesoro americano non ha commentato. Dal canto suo, il governo svizzero si è limitato a riferire di aver «ottimizzato la sua offerta agli Stati Uniti per raggiungere un accordo rapido». La proposta, però, divide. Stando a quanto riporta il Blick, Simone Knobloch, direttore operativo di Valcambi, mette in dubbio la logica economica dell’operazione: «Con margini così ridotti e un mercato saturo, costruire una raffineria americana non ha senso». Mentre i prezzi dell’oro hanno toccato il record di 3.850 dollari l’oncia, i raffinatori guadagnano solo pochi dollari dalla rifusione di una barra.
Il Ticino centro nevralgico del settore - L'azienda momò, con sede a Balerna, lo ricordiamo, è la più grande raffineria di metalli preziosi della Svizzera in termini di capacità. È l'unica delle altre cinque grandi fonderie del Paese a importare ancora oro dagli Emirati, poiché l'Associazione svizzera dei fabbricanti e commercianti di metalli preziosi (ASFCMP), di cui non fa più parte dal 2023, ritiene che Dubai non sia sufficientemente trasparente sull'origine del metallo giallo. In generale, il Ticino è il centro nevralgico della raffinazione dell'oro.
Le critiche - Sul fronte politico, non mancano le contestazioni all'indiscrezione. La presidente dei Verdi, Lisa Mazzone, invoca una tassa del 5% su un settore accusato di trattare «oro sporco» e di contribuire troppo poco all’economia svizzera. Nick Hayek, alla guida di Swatch, arriva a suggerire una contromossa: imporre alle barre esportate negli Stati Uniti un prelievo equivalente ai dazi voluti da Trump.