Un attacco missilistico in Svizzera? «Non è distopia, saremmo esposti e indifesi»

Secondo l'ex capo delle forze aeree dell'esercito, la Svizzera è «ben lontana da avere una difesa aerea in grado di difendere il Paese».
BERNA - Con le incursioni di droni (in Polonia) e jet (in Estonia), Mosca sta testando le difese occidentali nell'eventualità di un futuro conflitto in Europa. La situazione sul confine orientale del Continente preoccupa (ovviamente) anche la Svizzera che non dispone di difese aeree all'avanguardia. Come rivelato la scorsa settimana dal consigliere federale Martin Pfister, infatti, Berna «non sarebbe in grado di respingere un attacco portato dai droni russi».
Ma c'è di peggio. Perché, stando a quanto detto sulla SonntagsZeitung dall’ex comandante delle Forze aeree dell'esercito Bernhard Müller, la Svizzera si troverebbe «completamente esposta e indifesa» a un attacco con missili balistici, ipersonici o da crociera. «Siamo ben lontani dall’avere una difesa aerea in grado di difendere il Paese», spiega l'esperto, precisando che un attacco aereo contro Zurigo, Berna, Ginevra o il tunnel del San Gottardo «non è più da considerarsi una distopia».
Secondo Müller, infatti, esiste la possibilità (seppur remota) che Mosca possa lanciare attacchi esplorativi contro la Svizzera. «Putin in questo modo - precisa l'esperto - potrebbe testare la reazione di un Paese neutrale e pure quella della NATO».
Uno scenario, questo, sostenuto anche da Paul Winkler ex consigliere di Stato (UDC) di Lucerna e tenente colonnello dell'esercito. «La guerra ibrida, con attacchi informatici, è già iniziata. La prossima fase è rappresentata da attacchi aerei e nessuno, tranne l'aggressore, può dire quando inizierà. Per me dovremmo essere preparati prima del 2030». Al momento però - come dichiarato al domenicale dal capo dell'armamento Urs Loher - l'esercito è in grado di proteggere solo l’8% dello spazio aereo elvetico. Nel nostro arsenale, infatti, ci sono 30 caccia F/A-18 (obsoleti), 14 F-5 Tiger (ancora più vecchi) e 27 cannoni antiaerei (degli anni 60).
Insomma la situazione non è delle più rosee. E non lo diventerà nemmeno quando arriveranno i 36 (controversi) F-35 americani e le cinque unità Patriot per la difesa antiaerea a lunga gittata. Con queste, infatti, si potrebbe proteggere circa un terzo della superficie nazionale. Per quel che concerne le difese a corto raggio, invece, la Confederazione non ha ancora ordinato nulla. «Non vedo alcuna priorità da parte del DDPS», afferma Winkler. «Eppure questa dovrebbe essere la misura più urgente per migliorare la protezione contro i droni».