Trump ha infranto lo «splendido isolamento» della Svizzera


L'analisi di Joseph de Weck: i dazi USA sono uno shock culturale, prima ancora che economico
L'analisi di Joseph de Weck: i dazi USA sono uno shock culturale, prima ancora che economico
ZURIGO - Lo shock dei dazi al 39% inflitti da Donald Trump potrebbe aver infranto irrimediabilmente «lo splendido isolamento» della Svizzera e aver compromesso la sensazione che, crescere in territorio rossocrociato, sia «come sedersi in un acquario e guardare il mondo attraverso una spessa vetrata antiproiettile».
«Un gigantesco country club» - È l'attacco, volutamente provocatorio e un tantino ironico, del commento scritto mercoledì da Joseph de Weck, editorialista della Neue Zürcher Zeitung e "prestato" per l'occasione all'autorevole quotidiano britannico The Guardian. L'argomento, però, è estremamente serio, vista la mazzata arrivata da quella che è la principale destinazione dei prodotti Swiss made. Talmente serio da aver provocato una crisi d'identità a quello che de Weck invita a pensare a «un gigantesco country club».
Al sicuro dalle turbolenze - Cosa rende tale la Svizzera? In primis, le rigide leggi sull'immigrazione, «anche se essere ricchi aiuta». Poi un paio di luoghi comuni, come l'ordine e le attività per il tempo libero che permettono agli svizzeri di «sfoggiare i loro corpi tonici sulle rive di laghi immacolati». Più seriamente, il paragone regge per l'imperturbabile tranquillità che la Svizzera può offrire. Quasi 180 anni senza guerre, un clima politico ed economico che non promettono scossoni. Ecco che de Weck torna a riferirsi alla vetrata antiproiettile: è quella dietro alla quale ha vissuto la sua adolescenza, negli anni 2000. Niente terrorismo islamista e disoccupazione giovanile di massa, controversie risolte attraverso la democrazia diretta «o si annegano in un mare di aggressività passiva».
Tutti i privilegi, ma nessun onere - Insomma, la Svizzera vivrebbe in una bolla, che offre «la possibilità di prendersi una pausa dal mondo». La storia di "Heidi", la storia de "La montagna incantata". Un isolazionismo che ha consentito di sopravvivere indenne a due guerre mondiali e che ha alimentato «un senso di eccezionalità», che dà anche vantaggi concreti: la Svizzera è l'unico paese europeo ad avere un accordo di libero scambio con la Cina, a parte l'Islanda. La spesa per la difesa è lo 0,7% del Pil, ben al di sotto del 3,5% richiesto dalla Nato. Ma ora la scure di Trump potrebbe aver distrutto tutto. La considerazione di de Weck è spietata: «La Svizzera ha prosperato facendo parte del mondo libero senza accollarsi nessuno degli oneri che ne derivano. Ma nella nuova era di geo-economia spietata, questa politica del "avere la botte piena e la moglie ubriaca" non funziona più».
La sorpresa di Berna - Quel che ha meravigliato gli osservatori, internazionali e non, è come il Governo federale sia stato completamente colto di sorpresa e senza la minima idea di come reagire. Karin Keller-Sutter è stata trattata con sufficienza da Trump e il viaggio a Washington della presidente della confederazione e del ministro Parmelin non ha smosso le cose. Tanto che ora si spera nell'intermediazione di svizzeri che risulterebbero simpatici al tycoon, come Gianni Infantino o addirittura Roger Federer.
Non così eccezionali - Quello che è chiaro è che la Svizzera non può permettersi di subire passivamente. In caso di aggiunta del settore farmaceutico alla tariffa del 39%, il danno pro capite sarebbe di 700 franchi. «Ma lo shock maggiore è psicologico. Una nazione abituata a ottenere sempre ciò che vuole ora annaspa, con un'aliquota tariffaria peggiore di quella dell'Algeria (30%). In un Paese federale multiculturale con quattro lingue ufficiali, la grande narrativa unificante dell'eccezionalismo svizzero è a pezzi», sottolinea de Weck.
Riconsiderare l'Ue - Ecco che, secondo l'editorialista, l'accordo strappato dall'Unione europea diventa un motivo che non solo fa "rosicare": potrebbe cambiare la percezione dell'antipatico (se non odiato) vicino di casa. «Tenere l'UE a distanza potrebbe non essere più l'opzione migliore», conclude de Weck. Lo si vedrà presto, quando sarà il momento di votare i nuovi trattati economici con Bruxelles.