Con le punture dimagranti, al ristorante si mangia meno


Le iniezioni dimagranti riducono l’appetito e secondo l'esperto: «I clienti cominciano a disertare i ristoranti, che dovrebbero offrire porzioni più piccole»
Le iniezioni dimagranti riducono l’appetito e secondo l'esperto: «I clienti cominciano a disertare i ristoranti, che dovrebbero offrire porzioni più piccole»
ZURIGO - Le iniezioni dimagranti finiscono al centro dell'interesse dei ristoratori e vi spieghiamo il perché. Prima va fatta però una premessa circa il boom di farmaci GLP-1 come Ozempic, Wegovy e Mounjaro. L'appeal delle "punturine" è infatti aumentato dopo che sono state autorizzate sul mercato, successo poi alimentato dai social media e dalle celebrità, come Kim Kardashian.
Ecco che, secondo gli ultimi dati, attualmente circa 40 mila persone in Svizzera si fanno pagare le iniezioni dimagranti dalla cassa malati, a cui si aggiunge un numero imprecisato di persone che utilizzano i farmaci off-label e li pagano di tasca propria. Ma c'è una novità, il fenomeno della puntura dimagrante impatta anche sul settore della ristorazione.
Ne parliamo con Daniel Marbot, consulente gastronomico, fondatore e proprietario dell’azienda Gemasy GmbH (settore della ristorazione). Per il suo lavoro è quotidianamente in contatto con ristoranti, progetta mense e realizza concept gastronomici. «Durante i nostri sondaggi sentiamo sempre più spesso che clienti abituali evitano i ristoranti – spiega Marbot, che intercetta le opinioni di chi al ristorante ci va - proprio perché utilizzano iniezioni dimagranti. In passato le principali critiche riguardavano il prezzo o la mancanza di spazio nel locale. Oggi sentiamo sempre più spesso lamentele circa le porzioni, ritenute troppo grandi.»
«Gli ospiti spiegano al personale che usano iniezioni dimagranti»
«Spesso i clienti spiegano al personale che stanno perdendo peso con questi farmaci e quindi ordinano solo un antipasto o non mangiano metà del piatto principale. E credo che questo fenomeno crescerà notevolmente nei prossimi anni».
Per Marbot, che ha già vissuto molti cambiamenti nel settore della ristorazione, non c'è alternativa: «Le aziende devono adattarsi.» I primi passi concreti sono relativamente facili da implementare: «Invece di proporre semplicemente un hamburger da 250 grammi nel menu, si possono servire mini-burger. Così ognuno può ordinare solo quanto desidera».
«I ristoranti devono offrire porzioni più piccole»
«Nella maggior parte dei casi, la ricerca di perdita di peso tramite iniezioni va di pari passo con uno stile di vita sano. I ristoranti farebbero bene a tener conto di queste esigenze, servendo più spesso piatti salutari o fornendo direttamente nel menu informazioni su calorie, valori nutrizionali e altre informazioni utili per un’alimentazione equilibrata».
L'esperto poi aggiunge che «i ristoranti dovrebbero essere un luogo di convivialità, per stare insieme agli amici. Gli ospiti dovrebbero quindi poterci andare anche se sono a dieta e non vogliono ordinare un intero menù o un piatto principale».
Ma per Marbot anche i ristoranti aziendali devono cambiare. «Già ora devono affrontare grossi problemi perché il lunedì e il venerdì la maggior parte delle persone lavora in home-office. Se scoraggiano ulteriormente l'utenza con porzioni grandi, un’atmosfera sgradevole e cibo poco salutare, diventa difficile per chi vorrebbe perdere peso».
«La tendenza continuerà»
Le soluzioni, secondo Marbot, sono simili a quelle dei ristoranti: «Si tratta di creare zone d’incontro accoglienti, dove i dipendenti possano incontrarsi anche solo per uno scambio, magari prendere un caffè e qualche snack salutare».
Infine, una considerazione generale. «Ogni cliente che manca fa male - conclude il proprietario di Gemasy GmbH - E sono piuttosto sicuro che questa tendenza continuerà. Per questo motivo, per i ristoratori è arrivato il momento di confrontarsi con le mutate abitudini alimentari e di presentare soluzioni».