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GUERRA COMMERCIALE

Cosa implica la stangata di Trump per la Svizzera?

L’economista Mathias Binswanger risponde alle domande più urgenti.
AFP
Cosa implica la stangata di Trump per la Svizzera?
L’economista Mathias Binswanger risponde alle domande più urgenti.

BERNA - Gli Stati Uniti continuano a marciare sulla linea della guerra commerciale: a partire dal 1 agosto 2025 saranno imposti dazi del 30% sulle importazioni dall’Unione europea. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha parlato di gravi conseguenze per aziende e consumatori su entrambe le sponde dell’Atlantico. La guerra commerciale subisce così una nuova escalation. L’economista Mathias Binswanger risponde alle domande più urgenti.

Cosa implicano i nuovi dazi di Trump per la Svizzera e l’Unione Europea?
«Per la Svizzera la situazione è difficile da valutare. Non è chiaro se si rimarrà effettivamente al 30% annunciato. Più probabile è che il presidente statunitense Trump usi i dazi come strumento di pressione strategica – soprattutto nei confronti dell’Unione europea. L’obiettivo sembra quello di ottenere ulteriori concessioni. La sua tattica funziona sorprendentemente bene: inizialmente i dazi del 10% venivano considerati un attacco al libero scambio, ormai sono quasi visti come un’offerta accettabile. La strategia abbassa le aspettative e sposta la percezione di ciò che è negoziabile e ciò che non lo è».

Anche la Svizzera rischia dazi sulle sue esportazioni?
«È possibile. Trump potrebbe tentare di mettere sotto pressione anche la Svizzera, ad esempio con l’obiettivo che le aziende investano di più negli Stati Uniti o producano lì. Particolarmente colpiti sarebbero il settore farmaceutico, ovvero le industrie svizzere che esportano maggiormente verso gli Stati Uniti. Tuttavia l’economia statunitense non è in grado di produrre questi prodotti in tempi brevi. Se venissero introdotti dazi generalizzati, il settore farmaceutico mondiale finirebbe sotto pressione».

Cosa diventerà più caro per i consumatori svizzeri?
«Al prossimo acquisto, probabilmente, i consumatori noteranno poco. La Svizzera dipende meno dagli Stati Uniti rispetto al Canada o al Messico. Commercia molto con l’Asia e con l’Unione europea. Molte aziende possono trasferire la produzione altrove. L’industria ne risentirà di più: c’è il rischio di perdere posti di lavoro, soprattutto nel settore chimico e farmaceutico, o nel settore della tecnologia di precisione e di misurazione».

Chi sarà colpito più duramente in Europa?
«L’Unione europea è chiaramente più colpita della Svizzera. Particolarmente a rischio sono il settore automobilistico, l’industria dell’acciaio e dell’alluminio – settori che esportano in grandi quantità negli Stati Uniti. Le aziende svizzere sono più diversificate e meno dipendenti dal mercato americano, ma potrebbero risentirne indirettamente attraverso le catene di approvvigionamento».

Come reagirà l’Unione Europea?
«Probabilmente con una retorica dura e minacciando contromisure. Allo stesso tempo si cercherà, attraverso il dialogo, di evitare l’escalation. L’Unione Europea è fortemente colpita, ma non è abbastanza flessibile da orientarsi rapidamente verso altri mercati. Un conflitto commerciale in stile anni Trenta è improbabile. Ma il rischio di un contraccolpo globale esiste».

Trump ha annunciato i dazi per il 1 agosto. Verranno davvero attuati?
«Le regole sono complesse sia dal punto di vista giuridico che logistico. Non è chiaro se valgano per tutti i Paesi e tutti i prodotti. La burocrazia è enorme, molte questioni restano aperte. Nel breve termine si creerebbe soprattutto incertezza».

L’argomento di Trump sul deficit commerciale è economicamente comprensibile?
«Rispetto alla sua politica del più forte, sì. Gli Stati Uniti si sono sempre appellati alla propria forza nelle questioni commerciali. Trump va oltre rispetto ai suoi predecessori. Nel breve termine questo può stimolare investimenti e produzione interna – soprattutto nell’acciaio o nell’alluminio. Ma a lungo termine gli Stati Uniti potrebbero nuocere a sé stessi. Dipendono dalle importazioni. Senza cooperazione internazionale sarà difficile».

Lunedì ci sarà un crollo in borsa?
«Probabilmente no. È possibile un leggero calo dei mercati, ma non un tracollo massiccio. Le borse si sono abituate alle escalation di Trump. Molte cose servono alla messa in scena pubblica. E non tutto ciò che viene annunciato viene poi effettivamente messo in pratica».

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