Ecco perché abbiamo bisogno dei nostri vicini quando siamo in pericolo all'estero


Per giorni gli svizzeri hanno "resistito" in Sudan sperando in un salvataggio, arrivato poi da un paese straniero.
Per giorni gli svizzeri hanno "resistito" in Sudan sperando in un salvataggio, arrivato poi da un paese straniero.
BERNA - Per il personale dell’ambasciata elvetica a Khartum, la situazione sarebbe stata molto complicata senza l’aiuto dei francesi: solo grazie alla nazione transalpina è stato possibile evacuare i dipendenti e i propri parenti.
Un caso simile accadde quando i talebani presero il potere in Afghanistan: in quel caso, furono i tedeschi a intervenire e ad adoperarsi per il rimpatrio. La Svizzera, infatti, come riporta la SRF, non ha un mezzo adatto per salvare i propri cittadini in pericolo nelle aree di crisi.
La situazione cambierà in futuro? È poco probabile. Un motivo sono i costi: l’aereo resterebbe inutilizzato per la maggior parte del tempo. E, sebbene l’argomento sia stato discusso più volte e siano state presentate diverse mozioni, sul punto, negli anni, non si è mai raggiunto una maggioranza. L’ultimo tentativo è fallito nel marzo dello scorso anno.
Se da una parte, chi organizza missioni all’estero ha spesso chiesto l’acquisto di un mezzo adeguato per il rimpatrio, dall’altra parte il progetto è sempre stato affossato sia da sinistra sia da destra.
Quindi, è verosimile che saranno sempre gli Stati “amici” a toglierci le castagne dal fuoco e a evacuare gli svizzeri dalle zone pericolose. Per la ministra della difesa Viola Amherd, è sufficiente costruire e stringere rapporti stretti di cooperazione con i Paesi. Al momento, però, a quanto risulta, non è stato firmato nessun accordo "ufficiale".





























