Trump ringhia, a Mosca fan finta di non sentire

La stampa russa riporta (finora) solo le dichiarazioni contro Zelensky, ma il presidente statunitense ha sparato contro tutti. Analizziamo le sue parole
WASHINGTON / KIEV / MOSCA - A reclamare per sé tutti i riflettori, come spesso accade da mesi a questa parte, è stato ancora una volta Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti - evidentemente con il serbatoio in riserva in termini di pazienza - ha innescato un fuoco di fila sul suo social network personale, Truth, dirigendo le sue testate verbali tanto all'indirizzo di Kiev quanto a quello di Mosca (e qualche d'una anche in Delaware, ndr.).
Ma se in Ucraina sono ormai abituati alle sferzate di Trump - soprattutto dopo l'atto di bullismo in mondovisione nel "ring" dello Studio Ovale, lo scorso febbraio -, in Russia le parole del tycoon sono state recepite (finora, nonostante il fuso orario che "soffia" a favore) con il paraocchi e riportate, dalle principali agenzie di stampa russe, senza lesinare sugli omissis.
Anche il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, nel suo quotidiano appuntamento con la stampa, si è limitato a un colpetto di estintore, parlando genericamente di «reazioni emotive» legate al processo negoziale in corso, e ha ribadito l'importanza del «grande sforzo» profuso dagli Stati Uniti, senza commentare direttamente le etichette distribuite da Trump. «Monitoriamo con attenzione tutte le reazioni. Tuttavia, il presidente Putin prende le decisioni che sono necessarie per la sicurezza del nostro Paese», ha affermato.
Vale quindi la pena di riportare integralmente il post, una dozzina abbondante di righe: «Ho sempre avuto un ottimo rapporto con Vladimir Putin, ma gli deve essere accaduto qualcosa. È IMPAZZITO del tutto! Sta uccidendo senza motivo un sacco di persone, e non sto parlando solo dei soldati. Missili e droni vengono sparati sulle città in Ucraina senza alcun motivo. Ho sempre sostenuto che lui volesse prendersi tutta l'Ucraina, non solo un pezzo, e questo forse dimostra che è così, ma se ci proverà sarà la fine della Russia! Allo stesso modo, il presidente Zelensky non sta facendo alcun favore al suo Paese nel parlare in quel modo. Ogni cosa che esce dalla sua bocca è causa di problemi, questo non mi piace e dovrebbe smetterla. Questa guerra non sarebbe mai iniziata se fossi stato io presidente. Questa è la guerra di Zelensky, di Putin e di Biden, non di Trump; io sto solo dando una mano a spegnere i focolai più grossi e pericolosi, provocati dall'odio e dalla disgustosa incompetenza».
La "versione" di Trump
Insomma, Trump - non che la cosa sorprenda - ne ha per tutti, incluso il suo predecessore. Ed enfatizza il suo pensiero attraverso parole che sono pesanti nel significato e nella forma, come quel "CRAZY" vergato in caps lock che risalta e polarizza l'attenzione. Critica lo "zar" per la brutalità delle sue azioni (considerata una conseguenza della suddetta pazzia) e il presidente ucraino per la sua retorica; suggerendo sullo sfondo il fatto che il secondo non goda della simpatia, e dell'ammirazione, che invece nutre per il primo. E, di nuovo, si pone al di sopra delle parti, rinnovando, a favore di camera, il suo ruolo di "pompiere". Non solo l'unico in grado di risolvere il problema, di spegnere l'incendio, ma anche l'unico capace - se fosse stato in carica al tempo - di prevenirlo.
Niente di nuovo, verrebbe da dire. Ancora una volta, il presidente statunitense attinge dalla sua vena più populista, riscrivendo con abilità la narrativa del momento attorno al suo ruolo e ridimensionando le altre leadership, colpevoli di «odio» e «incompetenza». Distribuisce le colpe e le responsabilità del disastro, anche legittimamente, ma lo fa semplificando il quadro generale e, di nuovo, senza proporre nero su bianco una soluzione concreta; confermando come l'ambiguità rimanga il suo colore politico preferito.