Dazi sull'oro, è dietrofront?

La Casa Bianca rende noto di voler emanare una direttiva per chiarire quella che ritiene essere una disinformazione sulla tassazione di oro e altri prodotti speciali
WASHINGTON - Tutto il trambusto riguardo ai dazi sulle importazioni di oro negli Stati Uniti potrebbe essere stato inutile. L’amministrazione Trump avrebbe infatti lasciato intendere di voler emanare una nuova direttiva per chiarire che le importazioni di lingotti d’oro non dovrebbero essere soggette a dazi.
Questo chiarimento è arrivato dopo che il governo statunitense aveva sorpreso i commercianti con la decisione – poi contestata – di sottoporre tali importazioni a dazi. Lo ha riportato l’agenzia di stampa Bloomberg nella serata di venerdì (ora svizzera).
Secondo l’articolo, la Casa Bianca intende pubblicare a breve un ordine esecutivo per correggere quella che un funzionario ha definito una disinformazione sulla tassazione di oro e altri prodotti speciali. Un funzionario avrebbe rivelato i piani a condizione di rimanere anonimo.
Mentre venerdì la situazione dei negoziati tra Svizzera e Stati Uniti restava incerta, Washington ha inflitto un nuovo colpo a Berna nel conflitto sui dazi: ora anche i lingotti d’oro dovrebbero essere soggetti a un dazio del 39%. Tuttavia, in serata sono emersi dubbi su questa misura.
Finora si riteneva che i metalli preziosi raffinati in Svizzera e successivamente esportati negli Stati Uniti potessero entrare senza dazi doganali. Ma, secondo quanto riportato dal Financial Times, questo non sarebbe più il caso per alcune tipologie importanti di lingotti.
Le autorità doganali statunitensi avrebbero comunicato alle raffinerie svizzere, tramite una lettera ufficiale ("Ruling Letter") del 31 luglio, che i lingotti da 1 chilogrammo e da 100 once devono essere classificati sotto una voce doganale soggetta a un dazio del 39%. Finora il settore era convinto che questi lingotti fossero esenti da dazi.
L’imposizione di alti dazi doganali sui lingotti avrebbe avuto conseguenze devastanti per il commercio dell’oro tra la Svizzera e gli Stati Uniti. Secondo gli esperti, l’aumento recente dell’export d’oro ha notevolmente gonfiato l’avanzo commerciale della Svizzera con gli USA. Senza l’oro, nel primo semestre l’avanzo commerciale sarebbe stato di 24 miliardi di franchi.
Secondo Christoph Wild, presidente dell’associazione di settore ASFCMP, con l’introduzione dei dazi l’esportazione di lingotti negli USA non sarebbe più redditizia per le raffinerie svizzere. Lo ha affermato in un comunicato diffuso nel pomeriggio.
In reazione ai dazi, il prezzo dell’oro alla borsa delle materie prime di New York è salito a un nuovo record: 3534,10 dollari USA per oncia (31,1 grammi). Il mercato si aspettava che i lingotti rimanessero esenti dai dazi e ha reagito, secondo un analista, in modo«scioccato e confuso».
Venerdì sono emerse anche le prime conseguenze concrete per le imprese svizzere. Il costruttore di aerei Pilatus ha annunciato che sospenderà temporaneamente le consegne di aerei verso gli Stati Uniti. Il nuovo dazio americano rappresenterebbe infatti uno «svantaggio competitivo significativo», ha comunicato l’azienda con sede a Stans (NW).
Pilatus vuole usare questo periodo per elaborare soluzioni con clienti e partner. Le relazioni commerciali con i clienti statunitensi e i servizi di assistenza proseguiranno comunque senza interruzioni.
Il Cantone di Zurigo, uno dei motori economici della Svizzera, prevede una perdita di prodotto interno lordo (PIL) cantonale tra 0,5 e 1,2 miliardi di franchi a causa dei dazi USA. La Camera di commercio di Zurigo (ZHK) ha lanciato l’allarme per perdite di benessere a lungo termine. Sono a rischio esportazioni per circa 2 miliardi di franchi, pari a circa il 13% della produzione industriale del cantone.
Anche l’economia della Svizzera romanda è preoccupata per le conseguenze dei dazi e chiede misure di sostegno. Tra le opzioni, si menziona il lavoro ridotto come misura d’urgenza, pur ritenuta insufficiente.
Il Segretariato di Stato dell’Economia (Seco) continua a non fornire dettagli sui piani della delegazione svizzera impegnata nei negoziati con gli Stati Uniti. Non è chiaro, al momento, quali interlocutori del governo USA siano coinvolti. Per motivi tattici, il Seco ha preferito non rilasciare commenti, ha dichiarato all’agenzia Keystone-SDA.
Non si sa nemmeno quale possibile offerta sia stata presentata agli USA. Secondo la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter, l’offerta aggiornata rientra nel mandato negoziale approvato dalle commissioni parlamentari di politica estera.
I nuovi dazi USA sulle importazioni dalla Svizzera sono stati tema di discussione nell’incontro regolare tra parlamentari svizzeri e statunitensi venerdì a Ginevra. Da parte americana erano presenti 28 membri della Camera dei Rappresentanti, tra cui 20 repubblicani e 8 democratici. Nessuno di loro è considerato particolarmente vicino al presidente Donald Trump.
Il repubblicano Greg Murphy, della Carolina del Nord, ha scritto sui social di auspicare una rapida soluzione del conflitto commerciale con la Svizzera. Ha aggiunto che i rapporti con la Svizzera sono sempre stati importanti, soprattutto in ambito farmaceutico e di politica estera.