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TUNISIA / SVIZZERA

«In cella fanno 50 gradi e lui è malato»

L'81enne Mustapha Djemali, difensore dei diritti dei migranti svizzero-tunisino, è da oltre un anno in una cella di Tunisi
Depositphotos (stokkete)
Fonte Amnesty International
«In cella fanno 50 gradi e lui è malato»
L'81enne Mustapha Djemali, difensore dei diritti dei migranti svizzero-tunisino, è da oltre un anno in una cella di Tunisi

TUNISI - Il difensore dei diritti umani svizzero-tunisino Mustapha Djemali è in carcere in Tunisia da oltre un anno. L'uomo di 81 anni condivide una cella sovraffollata con circa 30 persone e soffre a causa del caldo e delle mancate cure mediche. Amnesty International si batte per il suo rilascio.

«Da oltre un anno Mustapha Djemali è detenuto illegalmente solo per aver difeso i diritti delle persone rifugiate», ha dichiarato Natalie Wenger, responsabile per la sezione africana di Amnesty International Svizzera. «Il governo tunisino deve ritirare tutte le accuse contro Mustapha Djemali e rilasciarlo immediatamente. Il suo impegno a favore dei diritti delle persone migranti non deve essere punito in alcun modo. L'aiuto umanitario non può essere criminalizzato. Chiediamo quindi anche al governo svizzero di fare tutto il possibile affinché Mustapha Djemali venga rilasciato».

Djemali ha lavorato tutta la vita come collaboratore dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), occupando diverse posizioni dirigenziali. È stato inoltre direttore del Ctr, organizzazione che ha fondato nel 2016 in Tunisia e attiva nella pre-registrazione dei richiedenti asilo e nella fornitura di servizi di assistenza di base.

L'arresto - Il 2 maggio 2024, il Ctr aveva pubblicato un bando per la ricerca di alberghi in cui ospitare richiedenti asilo e persone in cerca di protezione. L'annuncio era stato ampiamente ripreso dai media e dai social network, secondo cui l'organizzazione favoriva l'insediamento di «migranti illegali». La autorità avevano fatto irruzione nella sede del Cts il giorno seguente, arrestando Mustapha Djemali. Il 4 maggio 2024 era stato arrestato anche Abderrazek Krimi, project manager del Ctr.

Il processo - Il 7 maggio, un giudice di Tunisi aveva ordinato in primo grado la custodia cautelare per sei mesi nei confronti dei due uomini con l'accusa di aver creato «un'alleanza o un'organizzazione» per «pianificare, facilitare, sostenere, mediare od organizzare l'ingresso clandestino di persone nel territorio tunisino» e «fornire loro rifugio». Nell’ottobre 2024, il giudice aveva prorogato la sentenza di quattro mesi e in seguito di altri quattro nel febbraio 2025.

Il rischio di essere incriminati - Secondo la legge tunisina, non può esserci una terza proroga. Tuttavia, c'è il rischio che Mustapha Djemali e il suo collega vengano incriminati dopo la scadenza del termine. «Temiamo che a causa di ritardi nel processo, dovuti ad esempio alle ferie delle autorità, Mustapha Djemali debba rimanere in carcere durante l'estate. Questo potrebbe peggiorare ulteriormente le sue già precarie condizioni di salute», ha dichiarato Natalie Wenger.

Le condizioni in carcere - «Nostro padre sta molto male fisicamente», ha detto, dal canto suo, Fadhel Djemali, figlio del carcerato. «Vive in una cella sovraffollata, dorme su un materasso estremamente sottile e soffre di continui dolori alla schiena. L'avvicinarsi dell'estate ci preoccupa molto perché in cella le temperature possono raggiungere quasi i 50 °C. Queste condizioni sono del tutto inadeguate per una persona della sua età e con il suo stato di salute».

La malattia - Mustapha Djemali soffre di arterite a cellule giganti, nota anche come morbo di Horton, una forma di infiammazione cronica che colpisce le grandi e medie arterie. Senza farmaci i rischi per la sua salute aumentano enormemente. Da settembre 2024, nonostante le ripetute richieste, le autorità carcerarie non gli hanno somministrato i farmaci e solo pochi giorni fa hanno permesso alla sua famiglia di portargli alcuni medicamenti. Le autorità tunisine non hanno permesso alla sua famiglia di far riparare i suoi occhiali rotti.

Una repressione dilagante - L'azione del governo tunisino contro Mustapha Djemali e la sua organizzazione è parte di un'ondata di repressione da parte del governo del presidente Kais Saied nei confronti della società civile e di un massiccio inasprimento della politica di asilo.

Il 19 aprile 2025, un tribunale di primo grado di Tunisi ha condannato 37 persone a pene detentive comprese tra i quattro e i 74 anni. Tra i condannati figurano noti oppositori, avvocati, difensori dei diritti umani e attivisti, giudicati colpevoli di «cospirazione contro la sicurezza dello Stato» e «appartenenza a un'organizzazione terroristica».

La “complicità” dell'UE - Lo scorso aprile, l'UE ha dichiarato la Tunisia un “Paese di origine sicuro”, consentendo alle autorità di respingere le domande di asilo tramite procedura accelerata e di rimpatriare immediatamente i richiedenti asilo.

E questo malgrado le forze di sicurezza tunisine abbiano di recente distrutto diversi accampamenti intorno alla città di Sfax, dove da due anni vivevano più di 30'000 migranti. Queste persone, provenienti dall'Africa occidentale e dal Sudan, erano state precedentemente sfrattate da appartamenti in affitto e aspettavano di attraversare il Mediterraneo per raggiungere l'Italia.

«Nonostante le prove crescenti di gravi violazioni dei diritti umani, l'UE ha erroneamente classificato la Tunisia come Paese sicuro. In questo modo, Bruxelles accetta la repressione del presidente e del governo tunisini», ha aggiunto Natalie Wenger. «L'UE – e anche la Svizzera – devono finalmente trarre insegnamento dagli accordi con Stati che violano sistematicamente i diritti umani. Devono impegnarsi a garantire rotte migratorie sicure, una politica di asilo dignitosa e la protezione delle persone e delle organizzazioni che si battono per il diritto di asilo. Altrimenti si rendono complici delle sofferenze dei rifugiati e dei migranti».

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