Lo vuole a ogni costo, ma Trump può vincere il Nobel per la pace?

Il premio verrà assegnato venerdì. Una pace a Gaza all'ultimo minuto potrebbe condizionare il risultato? L'istruttoria del comitato sulle candidature è in realtà molto lunga
OSLO - È sulle rive della penisola del Sinai che, da ieri, si sta provando a dare un'ossatura stabile al progetto di pace per scrivere la parola fine alla guerra d'Israele nella Striscia di Gaza. Un progetto che segue le "linee guida" tracciate la scorsa settimana dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che sembra avere esaurito la pazienza sulla questione. E dimostra di avere una certa fretta di arrivare a un accordo. Proprio nella settimana in cui viene assegnato il premio Nobel per la pace. E triangolando i tre punti della questione, la domanda si scrive da sola: può davvero sperare di vincerlo?
L'aspirazione del tycoon - alimentata da attestati di stima e candidature, l'ultima delle quali inviata proprio ieri al comitato del premio a Oslo e sottoscritta dalle famiglie degli ostaggi israeliani - è anche plausibile. Il fatto che possa davvero vincere è, invece, piuttosto improbabile. E lo è per vari motivi.
In primo luogo, il processo decisionale che porta all'assegnazione del premio Nobel non è un qualcosa che avviene al fotofinish ma è figlio di un'istruttoria che si protrae per mesi interi. E infatti, lo ricordiamo, le nomination per l'anno in corso si chiudono al 31 gennaio. Inoltre, il comitato del Nobel opera in maniera del tutto indipendente. Quell'indipendenza che ne alimenta il prestigio e la credibilità; assolutamente non sacrificabile sull'altare di logiche e manipolazioni mediatiche, che sono fattori ben più affini alla politica.
Ben lo dimostra il fatto che il comitato - che è composto da cinque membri - viene eletto dal Parlamento norvegese ma non segue alcuna indicazione nelle proprie decisioni. Al contrario, il premio Nobel per la pace è stato assegnato in passato anche in netto contrasto con gli avvertimenti del governo norvegese. Come nel caso dell'assegnazione all'attivista e scrittore cinese Liu Xiabobo nel 2010.
Tutto questo, per riaffermare come il comitato sia poco propenso all'idea di farsi manipolare. La "fretta" manifesta di Trump, che non ha di certo fatto segreto della sua ambizione - solo pochi giorni fa, citando il suo personale "medagliere" dei conflitti "risolti", ha ribadito come una sua mancata vittoria sarebbe «un insulto» per gli Stati Uniti -, è una strategia mediatica funzionale per lui e per la sua Amministrazione, ma anche nel caso del raggiungimento di un accordo all'ultimo minuto, il ribaltone appare inverosimile.
Perché infine, ma non per importanza, il Nobel attribuisce un enorme peso specifico soprattutto ai risultati concreti e sostenibili. E una volta che - si spera a breve - sarà siglato un accordo di pace per Gaza, la vera prova starà tutta nel domani. Nel riuscire a far sedimentare la pace in quella che per decenni è stata una polveriera rovente.