Putin provoca e spinge verso l'escalation convinto che Trump starà a guardare

Missili, droni e morte. La pace in Ucraina è sempre più lontana. E intanto Mosca continua a testare le capacità di reazione della NATO.
MOSCA - Quaranta missili, 580 droni, tre morti e decine di feriti. Ancora un bilancio di morte, per l'ennesima notte di guerra in Ucraina, dove il buio si allunga anche sulle speranze di una soluzione diplomatica del conflitto.
L'ondata di raid ha fatto alzare ancora una volta i jet in Polonia in assetto di «massima prontezza», mentre la tensione resta alle stelle dopo lo sconfinamento dei MIG russi in Estonia. Mosca ha negato di aver violato lo spazio aereo del membro della NATO. Ma per l'Alleanza non vi è dubbio che si sia trattato di una nuova provocazione del presidente Vladimir Putin, sempre più determinato a testare la risposta dell'Occidente di fronte alla minaccia militare russa.
Sembra infatti che siano i tentennamenti del suo omologo americano Donald Trump ad alimentare il fuoco della crisi nel fianco est dell'Europa: secondo Bloomberg, che cita fonti del Cremlino, lo zar è giunto alla conclusione che l'escalation militare sia il modo migliore per costringere l'Ucraina a colloqui alle sue condizioni. Valutando come improbabile che Trump faccia molto per rafforzare le difese di Kiev.
Per le fonti a Mosca, è stato proprio l'incontro in Alaska ad aver convinto Putin che il tycoon non ha interesse a intervenire nel conflitto: da quel giorno, le forze russe hanno infatti intensificato i loro attacchi contro obiettivi militari e civili in Ucraina. E Putin intende continuare a prendere di mira la rete energetica e altre infrastrutture di Kiev, in una guerra di logoramento volta a imporre definitivamente concessioni dall'Ucraina finora respinte dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Di fronte a questo quadro, Trump si è ripetutamente detto «deluso» da Putin, minacciando di prendere provvedimenti in termini di «sanzioni importanti» contro la sua economia. Ma finora non è riuscito a dare seguito alle sue parole: il tycoon vuole prima che siano prima i paesi europei ad agire, smettendo di acquistare petrolio da Mosca e imponendo dazi a Cina e India come rappresaglia per l'acquisto di gas russo.
Una posizione che ha innescato lo stallo sulla reazione occidentale alle azioni di Mosca, per il quale Zelensky ha espresso frustrazione: secondo il leader ucraino, «legare» le possibili sanzioni americane con la richiesta ai paesi europei di agire per primi significa «rallentare la pressione su Putin».
«Il presidente Trump si aspetta un'azione decisa dall'Europa. Credo che stiamo perdendo molto tempo se non vengono imposte sanzioni o non vengono prese misure», ha sottolineato, tornando a chiedere ancora una volta a «tutta l'Europa» di imporre sanzioni a Mosca. Comprese Ungheria e Slovacchia, i cui governi sono stretti alleati di Trump ma anche vicini a Mosca. E finora, si sono rifiutati di interrompere i legami energetici con la Russia.
A New York, la prossima settimana, Zelensky incontrerà Trump a margine del vertice dell'Assemblea generale dell'ONU, e proverà a strappare al presidente americano più concretezza sulle sanzioni contro Mosca. Al contempo, cercherà anche di capire quali garanzie di sicurezza gli Stati Uniti siano disposti a fornire nell'ambito di un accordo di pace, questione sul quale manca ancora chiarezza da parte di Washington.
Nel frattempo, la guerra continua in Ucraina, così come l'avanzata russa al fronte. Nell'ultima giornata gli attacchi russi hanno portato morti, feriti e distruzione nelle regioni di Dnipropetrovsk, Kiev, Khmelnytsky, Odessa e Mykolaiv, Khmelnytsky e Chernihiv. »Ogni attacco di questo tipo non risponde a una necessità militare, ma fa parte di una deliberata strategia russa per terrorizzare i civili e distruggere le nostre infrastrutture», ha accusato Zelensky sulle reti sociali.
In risposta, Kiev è tornata a colpire gli impianti energetici russi: gli ultimi raid su due raffinerie nelle regioni di Saratov e Samara.






















