Droni russi... o no? «Le ipotesi sono tre»

I droni abbattuti, la Bielorussia e le reazioni. Con Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, facciamo il punto su quanto accaduto la notte scorsa nei cieli della Polonia
Lo sconfinamento di alcuni droni russi, o presunti tali, nei cieli polacchi non è un fatto inedito. È accaduto più volte dall'inizio della guerra scoppiata in Ucraina nel febbraio del 2022. Ma perché quanto avvenuto la scorsa notte è più grave rispetto alle volte precedenti?
«In passato è successo che qualche drone finisse oltre confine. Ma singolarmente, non dieci o venti» e «addirittura uno sarebbe arrivato 240 chilometri in profondità nel territorio polacco». L'altro aspetto importante, ci spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa (e autore de "L'ultima guerra contro l'Europa", 2023), «è che in tutti i casi precedenti questi droni si schiantavano da soli», mentre «questa volta sono stati abbattuti. E questo rende tutto più cruento».
Non solo, «c'è un dettaglio a cui nessuno sembra voler dare molto peso, ma che invece è importante, e cioè che i bielorussi - quindi i grandi alleati di Mosca - hanno detto: "Noi li abbiamo visti sorvolare il nostro territorio, ne abbiamo abbattuti alcuni e abbiamo avvisato lituani e polacchi che stavano arrivando". Quindi gli stessi bielorussi sembrano quasi dire "non sappiamo da dove venissero, però li abbiamo trovati sul nostro spazio aereo". Anche questo è un elemento».
Cosa è accaduto? «Le ipotesi sono tre»
Sconfinamento? Provocazione? Come possiamo quindi "leggere" quello che è accaduto? Secondo Gaiani, le ipotesi in campo sono tre. «La prima è che i russi hanno lanciato i droni per testare le difese aeree della Polonia. E c'è una ragione valida: a poca distanza dal confine polacco-ucraino c'è la grande base di Rzeszów, quella dove arrivano tutti gli aiuti militari che l'Occidente poi manda in Ucraina. Quel territorio di confine i russi lo martellano con i droni e con i missili. E lo controllano costantemente perché è il punto dove le armi occidentali lasciano la Polonia per entrare in Ucraina. Quindi che i russi siano presenti con velivoli, droni e missili non deve sorprendere nessuno».
E se questo fosse il caso «c'è qualcosa di cui preoccuparsi. Perché se uno di questi droni è arrivato a 240 chilometri all'interno del territorio polacco senza che essere né visto né abbattuto, allora un buco nella difesa aerea è stato rilevato». Tuttavia, Mosca - dopo un primo "no comment" del Cremlino - ha detto, per voce del ministero della Difesa, di non aver attuato alcuna operazione con l'intento di colpire bersagli in territorio polacco.
«La seconda ipotesi è che, deviati da contromisure elettroniche NATO o ucraine, questi velivoli abbiano cambiato rotta e siano andati fuori rotta, come era già successo nel caso di quel missile Tupolev che nel 2022 si schiantò vicino a Zagabria, quindi in Croazia. Infine, la terza, che non mi sento di escludere, è che sia un'operazione false-flag, cioè che polacchi e ucraini abbiano messo in scena questa operazione con droni, magari catturati intatti o ripristinati, di tipo russo per alzare l'escalation». Un precedente famoso, ricorda Gaiani, è la distruzione dei gasdotti NordStream, «fatta dagli ucraini che si erano appoggiati logisticamente in Polonia. Però, come detto, restiamo nel campo delle ipotesi».
Una reazione corale (ma senza Trump)
Se le responsabilità sono ancora da chiarire, le reazioni sono invece state nette e immediate. Tanto da parte della Polonia quanto dal resto degli alleati. «Sì, è stata una reazione corale, cioè tutti hanno detto le stesse cose. E siccome nessuno ha ancora dimostrato che erano droni russi, mi ha colpito il fatto che tutti avessero già una definizione». Tutti a parte a Donald Trump, che in questo caso si è mostrato più cauto rispetto a quanto ci ha abituato. Come mai? «Perché Trump, pur con tutte le sue sparate e le gaffe che fa - vere o apparenti - sa benissimo che tutte queste operazioni servono a tirarlo per la giacchetta. Gli europei lo vogliono coinvolgere direttamente in questa guerra, non solo nel far pagare a noi le armi che dà agli ucraini, perché l'Europa non potrebbe sostenere un confronto con la Russia. Penso alla Francia, alla Gran Bretagna e alla Germania; qui non c'è nessuno capace di tenere in piedi un governo, figuriamoci una guerra».
«L'Europa ha bisogno di giocarsi qualunque carta, per riportare gli Stati Uniti a essere protagonisti del sostegno dell'Ucraina, cosa che non sono più» e Trump in questo momento «con i raid che ha autorizzato in Qatar, ha già abbastanza a cui pensare oggi che non ai droni sulla Polonia».
«Mai così vicini alla guerra» o no?
Tra le diverse reazioni, quella più forte è arrivata dal premier polacco, Donald Tusk, che ha parlato di punto «più vicino che mai a un conflitto dai tempi della II Guerra Mondiale», invocando l’articolo 4 della Nato. Un gesto dal significato solo politico o con, possibili, risvolti anche in termini operativi? « L'articolo 4 è quello che impone a tutti i paesi consultazioni quando uno dei singoli alleati denuncia di aver subito una minaccia. È già stato evocato in passato sei o sette volte. Vorrei però smontare un po' anche l'allarmismo per la guerra, perché è vero che Tusk ha detto questo ma ha anche detto "di non avere il motivo di credere che siamo sull'orlo della guerra". Quindi, quanto vicino all'orlo?»