Bombe nucleari USA nel Regno Unito: un segnale a Putin? «No, era in programma da tempo»


L'analista del Pacific Forum, William Alberque, commenta la notizia del presunto arrivo di armi termonucleari statunitensi in Europa.
L'analista del Pacific Forum, William Alberque, commenta la notizia del presunto arrivo di armi termonucleari statunitensi in Europa.
WASHIGTON - Gli Stati Uniti avrebbero trasportato diverse testate termonucleari in Gran Bretagna: una mossa (se confermata) in netto contrasto con la politica di sicurezza a stelle e strisce. È infatti dalla fine della Guerra Fredda che il governo statunitense e i Paesi della Nato si impegnano a ridurre il proprio arsenale nucleare in Europa.
Secondo l’analista del Pacific Forum (uno dei massimi Think Tank a livello transatlantico), William Alberque, non ci sono dubbi: a bordo degli aerei che avrebbero trasportato le bombe era presente anche l’unica unità militare autorizzata a trasportare bombe termonucleari statunitensi. La domanda è dunque sorta spontanea. Come poteva Alberque essere a conoscenza di queste informazioni segrete? E come le ha interpretate? Glielo abbiamo chiesto.
Signor Alberque, alla testata giornalistica Bloomberg ha raccontato che a bordo dei C-17, che avrebbero trasferito bombe termonucleari B61-12 alla base aerea di Lakenheath nel Regno Unito, era presente una squadra della Prime Nuclear Airlift Force dell’aeronautica militare statunitense. Di fatto, confermando i sospetti che a bordo dei velivoli fossero effettivamente presenti armi di distruzione di massa. Come è venuto a conoscenza di queste informazioni?
«Monitoro la base di Lakenheath da quando gli Stati Uniti hanno annunciato l’invio di due squadroni di F-35A (capaci di trasportare testate nucleari) nel 2015. Le infrastrutture necessarie alla loro accoglienza erano state costruite nel 2018 e un rapporto del Dipartimento della Difesa statunitense del 2022 aveva annunciato la riqualifica di diversi bunker per lo stoccaggio di armi atomiche a Lakenheath»
I C-17 sono partiti dalla base di Lewis-McChord negli USA il 16 luglio scorso, con a bordo la Prime Nuclear Airlift Force, l’unica unità militare statunitense autorizzata a trasportare armi nucleari, che è successivamente atterrata a Kirtland, dove il Pentagono aveva fatto costruire il più grande deposito di armi nucleari al mondo nel 1992.
«Esattamente. Gli aerei sono stati posizionati sulla rampa di lancio numero cinque, che è certificata per il caricamento di armi nucleari, e sono poi decollati alla volta di Lakenheath. Insomma, tutti gli elementi erano al loro posto e le prove indicavano chiaramente che si trattava di una consegna di sola andata di B61-12 verso i depositi britannici».
C’è un altro aspetto interessante... Gli aerei hanno mantenuto i loro transponder accesi lungo tutta la tratta, permettendo a chiunque di monitorare la loro posizione. Secondo gli analisti politici, si tratterebbe di un segnale lanciato alle autorità russe, che, secondo Washington, non starebbero facendo abbastanza per terminare la guerra in Ucraina. Lei cosa ne pensa?
«Direi che questa interpretazione è senza dubbio errata. La missione era in preparazione da almeno tre anni e con ogni probabilità era stata decisa nel 2018, se non addirittura nel 2015. Collegarla alla questione ucraina è discutibile. L’accensione dei transponder è stata più probabilmente un segnale (di sostegno) rivolto alla Nato e non alla Russia».
In Europa, diverse basi militari ospitano armi di distruzione di massa statunitensi. Quanto è rilevante quest'ultimo trasferimento sullo scacchiere atomico europeo? In fondo, se la notizia dovesse essere confermata, si tratterebbe di una rottura con l’attuale “dottrina” nucleare a stelle e strisce, che non prevede trasferimenti di nuove bombe in Europa dalla fine della Guerra Fredda.
«È un modo di vederla. Personalmente penso che si tratti di un'inversione di rotta per gli Stati Uniti e la Nato. Da decenni tentano di diminuire il numero di testate nucleari sul continente europeo. Ma dopo 25 anni di minacce e di posizionamento strategico da parte della Russia, la Casa Bianca ha deciso di riportare il proprio arsenale in Europa. Non è esattamente un cambiamento epocale, ma piuttosto un segnale: Washington sente nuovamente il bisogno di contenere la Russia (e la Cina) sullo scacchiere euroasiatico».
Intenzioni a parte, con una mossa del genere, quanto si espone l'amministrazione Trump a un potenziale conflitto nucleare con la Russia?
«Non si espone affatto. Penso sia stata una mossa razionale e che, al contrario, abbia ridotto il rischio di una guerra nucleare con la Russia. Questo perché la tendenza alla riduzione unilaterale dell’arsenale nucleare statunitense ha mandato alla Russia il messaggio sbagliato, ovvero che il Cremlino poteva fomentare una guerra nucleare con la Nato senza subire conseguenze. Questo sì che ha aumentato la probabilità di un conflitto nucleare. Il ritorno delle B61-12 a Lakenheath rappresenta il segnale giusto e testimonia il sostegno degli Stati Uniti nei confronti dei suoi alleati strategici».