«L'Unesco? Woke e antisemita»

Il presidente Donald Trump ha annunciato che gli Stati Uniti usciranno dall'Unesco. Una scelta analoga l'aveva già compiuta nel 2018.
WASHINGTON - Donald Trump continua a picconare le organizzazioni internazionali, rimodellando la diplomazia statunitense in nome dell'America First. La sua amministrazione ha annunciato che si ritirerà nuovamente dall'Unesco, l'agenzia culturale delle Nazioni Unite. Lo aveva già fatto nel 2018, prima che Joe Biden decidesse il rientro degli Usa, anche per timore che la Cina colmasse il vuoto lasciato da Washington.
Le motivazioni sono analoghe: l'agenzia promuove un'agenda woke e anti-israeliana, il coinvolgimento degli Stati Uniti «non è nell'interesse nazionale».
Lo ha spiegato la portavoce del dipartimento di stato Tammy Bruce: «L'Unesco si impegna a promuovere cause sociali e culturali divisive e mantiene un'attenzione sproporzionata sugli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, un'agenda globalista e ideologica per lo sviluppo internazionale in contrasto con la nostra politica estera dell'America First». Ma non è l'unica ragione: «La decisione dell'Unesco di ammettere lo "Stato di Palestina" come Stato membro è altamente problematica, contraria alla politica statunitense e ha contribuito alla proliferazione della retorica anti-israeliana all'interno dell'organizzazione». Il ritiro degli Usa entrerà in vigore il 31 dicembre 2026, e fino ad allora Washington rimarrà membro a pieno titolo dell'Unesco.
Sempre all'insegna dell'America First, Trump si è ritirato in precedenza anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e dallo Human Rights Council, il principale organismo Onu per i diritti umani, rivalutando al contempo i finanziamenti per altri organismi del Palazzo di Vetro. Gli Stati Uniti si erano ritirati dall'Unesco anche durante l'amministrazione Reagan nel 1984 perché ritenevano l'agenzia mal gestita, corrotta e strumentalizzata per promuovere gli interessi dell'Unione Sovietica: vi rientrarono nel 2003 durante la presidenza di George W. Bush.
La decisione del tycoon è stata subito «accolta con favore» da Israele: «Si tratta di un passo necessario, concepito per promuovere la giustizia e il diritto di Israele a un trattamento equo nel sistema delle Nazioni Unite, un diritto che è stato spesso calpestato a causa della politicizzazione in questo forum», ha scritto su X il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa'ar.
«Profondo rammarico» invece è stato espresso dalla direttrice generale dell'Unesco, Audrey Azoulay, la quale tuttavia ha sottolineato che l'annuncio, «per quanto deplorevole, era previsto e l'Unesco si stava preparando». Azoulay ha inoltre negato le accuse di pregiudizio anti-israeliano, affermando che contraddicono «la realtà degli sforzi dell'Unesco, in particolare nel campo dell'educazione sull'Olocausto e della lotta contro l'antisemitismo».
Anche la Francia, sede dell'Unesco, si rammarica per la decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dall'agenzia, fondata nel 1946 «per prevenire i conflitti attraverso l'istruzione, la cultura e la tolleranza». «La Francia sostiene l'Unesco, che supporta diverse delle sue priorità a livello internazionale, in particolare l'accesso all'istruzione per tutti, la tutela del patrimonio a rischio, la protezione dei nostri oceani, lo sviluppo responsabile dell'intelligenza artificiale e la lotta contro l'antisemitismo e l'incitamento all'odio», ha dichiarato il ministero degli esteri francese.
«Sostegno indefettibile all'Unesco, protettore universale della Scienza, dell'Oceano, dell'Educazione, della Cultura e del Patrimonio mondiale. Il ritiro degli Stati Uniti non indebolirà il nostro impegno al fianco di coloro che promuovono questa lotta», ha scritto su X il presidente francese Emmanuel Macron.
Nessun commento di Donald Trump. E nessuna domanda dei giornalisti nello Studio Ovale durante il suo incontro con il presidente delle Filippine.









