Bayrou verso la sfiducia, Macron cerca di nuovo un premier

Si tratta del terzo premier in poco meno di un anno: crescono le pressioni su Macron
PARIGI - A meno di colpo un di scena clamoroso, François Bayrou sarà sfiduciato lunedì, a 9 mesi scarsi dalla nomina. Terzo premier in Francia in poco più di un anno, avrebbe potuto avventurarsi nel pur complicato iter parlamentare della sua finanziaria con 44 miliardi di euro di tagli.
Ma ha preferito sapere subito se la maggioranza era con lui, e i "no" sono arrivati come una valanga. Né i socialisti, né Marine Le Pen, che avevano tenuto in vita un governo senza maggioranza evitando di opporvisi, intendono confermarlo. Per Emmanuel Macron, reduce dalle fatiche di capo dei volenterosi sull'Ucraina, si riapre il baratro dello scioglimento dell'Assemblée Nationale e di nuove elezioni anticipate.
Nessuna delle soluzioni avanzate dai politologi o fatte trapelare come "voci di corridoio", risulta al momento credibile a sufficienza, il Paese rischia così di piombare nuovamente nel caos politico, come un anno fa, ma con uno scenario se possibile ancora più difficile: con Mélenchon e Le Pen che chiedono la destituzione del capo dell'Eliseo e presidenziali anticipate e una protesta di piazza autobattezzata "Bloquons tout", blocchiamo tutto, che dalla settimana prossima potrebbe mettere in ginocchio il Paese come ai tempi dei gilet gialli.
Proprio nel 2018, a dicembre, con i "gilets jaunes" che imperversavano, Macron scese ai minimi della sua popolarità, con il 76% di scontenti. Oggi, i sondaggi lo danno un gradino ancora più in basso, 77%.
Le opposizioni dichiarate hanno nel mirino per lunedì Bayrou e fin dal giorno dopo Macron: La France Insoumise (Lfi) di Jean-Luc Mélenchon ha ripreso vigore, è tornata a chiedere nuove elezioni e la destituzione del presidente, definendo "traditori" chi - come i socialisti - ipotizza di governare con i macroniani. Né Lfi, né i socialisti hanno accettato di andare alle consultazioni con il premier alle quali erano stati invitati questa settimana.
Dall'altra parte, la tacita intesa di non sfiducia dei mesi scorsi di Marine Le Pen con Bayrou si è dissolta in estate ed è diventata opposizione quando il premier ha illustrato la sua finanziaria "lacrime e sangue", da 44 miliardi di euro di tagli. Per far fronte al "sovraindebitamento" che si traduce in una "schiavitù per i nostri figli", come ha ripetuto in questi giorni il premier a caccia di consensi.
La tattica di Le Pen, secondo voci di corridoio, sarebbe dettata anche dall'idea di candidarsi ad elezioni politiche anticipate nonostante la condanna in tribunale che la rende ineleggibile. Gli avvocati della leader del Rassemblement National starebbero pensando a un ricorso davanti ai Saggi del Consiglio costituzionale per far annullare la decisione dei giudici all'"esecuzione provvisoria" della condanna in attesa dell'appello.
In questo modo, Marine Le Pen - che al contrario di Macron veleggia in testa ai sondaggi e con il 32-33% sarebbe ampiamente in testa ad un primo turno elettorale - potrebbe eliminare di colpo anche l'ostacolo sulla sua strada per le presidenziali del 2027. Alle quali, stando a quanto deciso finora dalla giustizia, dovrebbe presentarsi, in sua assenza, il delfino Jordan Bardella.
Fra le ipotesi delle ultime ore, quella di un governo con i socialisti, o addirittura a guida PS, grazie a una "non opposizione" del Républicains, sembra essersi arenata in poche ore. Il segretario Olivier Faure è sembrato incoraggiato a farsi avanti addirittura da Macron, ma se avesse l'appoggio dell'attuale maggioranza, perderebbe ogni sostegno della gauche.
I suoi cavalli di battaglia - sospensione della riforma delle pensioni, tassa del 2% per i super ricchi - gli avrebbero alienato ogni possibile appoggio nella destra moderata. Insomma, al di là dei difficili equilibrismi politici, resta il rebus di una Francia che, anche tornando alle urne, resterebbe divisa in tre bastioni politici tra loro incompatibili ma anche incapaci di ottenere una maggioranza assoluta di deputati per governare.