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Il prezzo della parola: licenziamenti e cause legali nell’America post-Kirk

Licenziamenti e sanzioni negli USA, per chi critica o minimizza la morte di Kirk, aprono il dibattito sulla libertà di parola. Mentre Trump intenta una causa al New York Times.
Afp
Fonte Axios
Il prezzo della parola: licenziamenti e cause legali nell’America post-Kirk
Licenziamenti e sanzioni negli USA, per chi critica o minimizza la morte di Kirk, aprono il dibattito sulla libertà di parola. Mentre Trump intenta una causa al New York Times.

NEW YORK - La notizia (di ieri), secondo cui Trump ha deciso di fare causa al New York Times per diffamazione e calunnia, si lega all'attuale pressing a opera della sua amministrazione per perseguire chi critica Charlie Kirk, anche solo banalizzandone la morte. Il denominatore comune tra i due fatti è dunque la libertà di parola. Secondo Axios - che dedica al tema uno speciale - molti datori di lavoro stanno in questo senso già adottando misure di licenziamento. Ecco che le sanzioni derivanti dalla stretta alla libertà di pensiero hanno colpito in egual misura insegnanti, giornalisti e lavoratori delle compagnie aeree.

A rincarare la dose ci ha pensato Marco Rubio, il segretario di Stato ha infatti annunciato la revoca dei visti per i cittadini non statunitensi che celebrano la morte di Kirk. Ma la censura si applicherebbe anche alla questione palestinese: il Dipartimento di Stato starebbe infatti usando l'AI per identificare gli studenti stranieri "pro-Hamas" e revocare i loro visti.

Persino Elon Musk, che si definisce "assolutista" della libertà di parola, ha chiesto chiarimenti a Microsoft riguardo opinioni contro Kirk espresse da sviluppatori di Blizzard. Microsoft ha poi risposto che «sta esaminando ogni singola situazione».

Tornando invece ai lavoratori rimossi o che hanno subito provvedimenti disciplinari nell'America post-Kirk, tra i casi più eclatanti c'è quello di un'insegnante della Carolina del Sud che è stata licenziata dopo aver scritto, nel giorno dell'omicidio del giovane leader conservatore, che «l'America è diventata più grande oggi». Ma provvedimenti disciplinari hanno colpito anche docenti universitari. È il caso di un dipendente della Middle Tennessee State University, licenziato con effetto immediato, dopo aver dichiarato di non provare «nessuna compassione» per la morte di Kirk.

Tra dissenso e legalità - Naturalmente non è mancato il dissenso: l'American Civil Liberties Union (ACLU) della Carolina del Sud ha denunciato questi provvedimenti sanzionatori, definendoli «campagne intimidatorie» contro insegnanti e professori. A livello legale, invece, secondo gli avvocati sentiti sul caso, pare che i licenziamenti - nonostante il diritto alla libertà d'espressione per i dipendenti del governo sia garantito da una sentenza della Corte Suprema - potrebbero essere legali, perché le norme sulla libertà di espressione, sull'onda di una valanga di proteste, sono oggi in un preoccupante mutamento. E a questo proposito, la procuratrice generale Pam Bondi, ritiene che ci siano gli estremi legali per obbligare le aziende a licenziare i dipendenti che offendono la memoria del fondatore dell'associazione conservatrice Turning Point USA.

Ma come detto, sotto la lente censoria e/o moralizzatrice - a seconda di come la si voglia vedere -, è finito anche il settore privato. Qualche esempio? Aziende come Freddy's Frozen Custard & Steakburgers, i Carolina Panthers e lo studio legale Perkins Coie hanno licenziato alcuni loro dipendenti. Stessa cosa per American Airlines, United Airlines e Delta Air Lines, che hanno sospeso lavoratori per post legati a Kirk.

E se il NYT assicura che non si lascerà «dissuadere da tattiche intimidatorie», rispondendo alle parole di Trump, che su Truth accusava il quotidiano di aver mentito «per decenni» su di lui, sul movimento MAGA e sull'intera nazione, la scure censoria non risparmia certo anche il mondo dei media. Come nel caso di Karen Attiah, editorialista del Washington Post, che ha dichiarato di essere stata licenziata per «essersi espressa contro la violenza politica». Mentre ad alcune aziende non resta che raccomandare ai propri dipendenti il silenzio.

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