Trump minaccia l'Ue: «Dazi aggiuntivi a chi discrimina le nostre aziende hi-tech»

Il presidente americano non apprezza alcune leggi europee legate a servizi e mercati digitali, che in realtà sono maggiormente rivolte alla Cina
WASHINGTON - Donald Trump ha alzato di nuovo i toni con l'Ue - senza citarla direttamente - minacciando dazi punitivi e restrizioni nella fornitura di chip a fronte di tasse e regolamenti sul digitale che colpirebbero a suo dire solo le Big Tech Usa.
La Commissione europea ha replicato con fermezza, rivendicando il «diritto sovrano dell'Ue e dei suoi Stati membri a regolamentare le attività economiche sul proprio territorio», ha detto la portavoce Paula Pinho.
Resta il fatto che le parole del tycoon sono un nuovo fattore di incertezza sulle relazioni commerciali transatlantiche, a neppure una settimana dall'accordo quadro tra Bruxelles e Washington sui dazi, raggiunto dopo settimane di negoziati e in scia all'intesa politica di fine luglio nel Golf Club di Turnberry in Scozia.
Il tutto è condito da un ulteriore 'cortocircuito' sui chip, visto che la dichiarazione congiunta Ue-Usa di giovedì scorso mette nero su bianco proprio un impegno europeo ad acquistare dagli Stati Uniti 40 miliardi di dollari di chip per l'intelligenza artificiale.
Sul fronte tariffario, comunque, Bruxelles va avanti per la strada tracciata e ribadisce di voler formalizzare entro questa settimana la proposta di ridurre i dazi sui beni industriali Usa: in base agli impegni tra le parti questo garantirà di far scattare già dal primo agosto il tetto del 15% nei dazi Usa su diversi beni europei, come quello industrialmente rilevante delle auto (gravate ora da tariffe del 27,5%), ma anche su altre voci sulle quali restavano incertezze come prodotti farmaceutici, semiconduttori e legname.
Nel dettaglio, Trump si è scagliato sul social Truth contro chi attacca le «nostre incredibili aziende tecnologiche americane». Tasse digitali, legislazione sui servizi digitali e le normative sui mercati digitali, ha detto, sarebbero «tutte progettate per danneggiare o discriminare la tecnologia americana».
Al contempo «scandalosamente», Bruxelles darebbe «il via libera alle più grandi aziende tecnologiche cinesi». Se tali «azioni discriminatorie» non saranno rimosse «in qualità di presidente degli Stati Uniti, imporrò dazi aggiuntivi sostanziali sulle esportazioni di quel Paese verso gli Stati Uniti e istituirò restrizioni all'esportazione sulla nostra tecnologia e sui nostri chip altamente protetti».
«La legge Ue sui servizi digitali Dsa e la legge sui mercati digitali Dma non considera il colore della società, la sua giurisdizione, né il proprietario», ha detto poi il portavoce della Commissione per il digitale, Thomas Reigner. Le ultime tre decisioni prese sul Dsa, ha ricordato, riguardano le cinesi AliExpress, Temu e TikTok. Sono aperte indagini Ue su X e Meta, ma vengono respinte come «completamente sbagliate e infondate» le accuse di censura a Bruxelles (giunte tra l'altro da Mark Zuckerberg): Oltre il 99% delle decisioni di moderazione dei contenuti prese nell'Ue online sono effettuate proattivamente dalle piattaforme in base ai propri termini e condizioni», ha detto Reigner. Non solo, Meta è stata anche 'bacchettata' dall'Ue per l'intervento eccessivo sui contenuti. Insomma, altro che censura europea.
Il potente arsenale normativo Ue per limitare lo strapotere delle Big Tech e disciplinare concorrenza (Dma) e contenuti digitali (Dsa) in Europa ha già visto imporre sanzioni pesanti a colossi Usa come Meta e Apple. In risposta ai dazi Usa nei mesi scorsi qualche voce politica ha evocato più volte l'uso del potente 'meccanismo anti coercizione' Ue.
Voluto da Bruxelles guardando in realtà più alla Cina che a Washington, consente di adottare misure unilaterali, imporre limiti sugli investimenti e persino sugli appalti pubblici per le aziende di Paesi ritenuti ostili. «Abbiamo un quadro chiaro su cui stiamo lavorando - ha detto Pinho -. Qualsiasi altra misura che esuli dall'ambito di applicazione di questo accordo quadro in questa fase è puramente speculativa».