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Gli attacchi che gettarono Londra nell'angoscia

Sono passati esattamente 20 anni dagli attentati di matrice jihadista che provocarono 52 morti e centinaia di feriti. A raccontarli oggi è un ottimo documentario di Netflix
Gli attacchi che gettarono Londra nell'angoscia
IMAGO / AVALON.RED
L'attentato del 7 luglio
Gli attacchi che gettarono Londra nell'angoscia
Sono passati esattamente 20 anni dagli attentati di matrice jihadista che provocarono 52 morti e centinaia di feriti. A raccontarli oggi è un ottimo documentario di Netflix

LONDRA - Oggi è il ventesimo anniversario di uno degli episodi che più sconvolsero l'Europa nel primo quarto di questo secolo: gli attentati di Londra del 7 luglio. Quattro attacchi suicidi contro il trasporto pubblico della capitale britannica, quattro estremisti islamici che si fecero esplodere in tre linee della metropolitana e due autobus. Il bilancio fu tragico: 52 morti e qualcosa come 700 feriti. Due settimane dopo, il 14 luglio, un'altra cellula provò a replicare l'esatta dinamica, ma senza successo e non causando vittime.

A raccontarlo oggi è un'ottima serie documentaria, "Attack On London", diretta da Liza Williams e pubblicata su Netflix da qualche giorno.

Un racconto onesto - La narrazione vede l'intreccio di tre livelli: la ricostruzione delle indagini di polizia, la lettura politica e il racconto dei sopravvissuti e dei civili coinvolti in vario modo. "Attack On London" procede con un mix equilibrato ed efficace di rigore e spettacolarità e lo si guarda con la suspense che può dare un thriller ben congegnato. Allo stesso tempo, è un documentario rigoroso e onesto nel mostrare le criticità della situazione e gli errori commessi dalle autorità. Non viene in nessun modo nascosto come gli attentatori riuscirono a scappare alla rete dei servizi segreti e come, prima di entrare in azione, almeno quattro degli esecutori materiali del 7 e del 21 luglio si erano addestrati in un campo di Al Qaeda in Pakistan.

Nel corso dei quattro episodi i protagonisti di quei giorni, a partire dall'allora primo ministro Tony Blair, raccontano cosa fecero e quali furono le motivazioni che li spinsero a prendere certe decisioni, senz'altro molto difficili e finalizzate a stroncare la rete terroristica nel più breve tempo possibile. Parole che, vent'anni dopo, appaiono talvolta in buona fede e in altri casi come un tentativo di giustificare le mancanze di allora.

Un errore imperdonabile - Il momento clou è probabilmente il racconto colmo di tensione della caccia a un presunto sospetto degli attacchi del 21 luglio. Viene mostrata una lunga serie di errori che si conclude con un'uccisione ingiustificata nella stazione della metro di Stockwell. Quella di Jean Charles de Menezes, cittadino brasiliano, che fu scambiato per un attentatore ma che era del tutto estraneo ai fatti. Un episodio che fece enorme clamore. Il protocollo applicato in quelle giornate ricche di tensione prevedeva che gli agenti sparassero alla testa per neutralizzare una minaccia. Una misura che si è rivelata, in questo drammatico caso ma anche in uno successivo, assolutamente non proporzionata. Eppure è in frangenti di tale paura e incertezza che le autorità si dovrebbero comportare in modo da garantire la fiducia della popolazione, sottolinea un'attivista per i diritti civili che si è battuta negli anni successivi al fianco della famiglia di Menezes.

La narrazione si conclude con la cattura dei quattro ricercati per il 21 luglio in tre diverse operazioni, tra Inghilterra e Italia, e la ricostruzione dei legami con l'imam radicale Abu Hamza e la moschea di Finsbury Park.

La paura e la speranza - Ciò che impreziosisce ulteriormente "Attack On London" è l'aver raccontato anche gli effetti collaterali di quella doppia serie di drammatici attentati. Il primo fu il pregiudizio che colpì la comunità musulmana britannica e la paura che investì i suoi membri, che si trovarono a fare i conti con «il sospetto, il razzismo e tanta discriminazione». La paura fu anche ciò che provò l'intera società, che con quegli attacchi così ravvicinati e sconvolgenti si trovò catapultata in una dimensione di angoscia e incertezza per l'avvenire. Ma è anche il racconto del (più che legittimo) desiderio dei sopravvissuti di essere felici, nonché quello della popolazione di non lasciarsi sopraffare dalla logica perversa dei terroristi.

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