Il mondo attorno a un calcetto e l'incontro con i ragazzi israeliani


Un calciobalilla gigante diventa simbolo di unità e inclusione sotto il motto di 'United by music'. C'è posto per tutti.
Un calciobalilla gigante diventa simbolo di unità e inclusione sotto il motto di 'United by music'. C'è posto per tutti.
BASILEA - Basilea, giorno 2. Il simbolo dell’Eurovision Song Contest 2025 potrebbe essere un gigantesco calciobalilla. Si trova nel bel mezzo dell’Eurovision Village, lo spazio allestito al centro di Basilea che per tutta la settimana accoglierà migliaia di ragazzi provenienti da tutta Europa ed è così grande che quando giochi in porta riesci a fatica a vedere quella avversaria.
È stato posizionato in quel punto perché questa estate, dal 2 al 27 luglio, Basilea ospiterà anche il campionato europeo di calcio femminile ma è diventato, forse senza volerlo, la metafora più bella di quello che stiamo vivendo in questi giorni. Attorno a quel biliardino c’è spazio per tutti. Anzi, più gente vuole giocare, meglio è. Basta fermarsi qualche minuto per ritrovarsi a condividere le manopole con altri sconosciuti. Non importa quale bandiera hanno sulle spalle e nemmeno in che lingua esultano dopo un goal. Basta che siano disposti a giocare insieme, e quando qualcuno si annoia, c’è già qualcun altro pronto a prendere il suo posto.
All’Eurovision si sentono tutti quanti parte di una cosa sola ed è una sensazione meravigliosa. Parlando con due ragazzi che abbiamo incontrato questa mattina però, ci siamo resi conto che alcuni vivranno questa settimana in modo diverso.
I ragazzi israeliani - Erano due ragazzi israeliani. Appena ci hanno rivelato la loro nazionalità ci siamo trovati, senza poterlo prevedere, a non sapere bene come reagire. Normalmente risponderemmo “Ah, very nice country!” oppure “I’ve never been there!”, ma in questo caso, per un istante, essere leggeri non ci è venuto spontaneo. O meglio, non siamo riusciti a mostrarci né entusiasti né critici nei confronti della loro risposta perché sia noi che loro sapevamo benissimo non trattarsi di un Paese qualsiasi.
La cantante israeliana - Quest’anno a rappresentare Israele sarà Yuval Raphael, una ragazza di 24 anni che ha iniziato a fare musica dopo essere sopravvissuta all’attacco al Supernova Festival del 7 ottobre 2023, il massacro durante il quale sono stati uccisi dai terroristi 364 ragazzi mentre si divertivano e facevano festa insieme. Yuval è sopravvissuta a quella tragedia nascondendosi per otto ore tra i cadaveri di altri ragazzi e in un’intervista ha detto che non userà il palco di Eurovision per cercare compassione ma per restare forte di fronte a tutto quello che ha vissuto. Qualche giorno fa però, durante la cerimonia di inaugurazione del Festival, è stata minacciata da un manifestante che le ha mimato il gesto di tagliarle la gola.
Già l’anno scorso, alcune delegazioni avevano dichiarato di essere contrarie alla partecipazione di Israele e qualche giorno fa, più di 70 expartecipanti dell'Eurovision, tra cui anche Nemo, il vincitore di ESC2024, hanno firmato una lettera in cui chiedevano l'esclusione di Israele dalla gara. E in effetti, in giro per Basilea, di bandiere israeliane non se ne vedono. Il conflitto che coinvolge Israele è il grande elefante nella stanza di cui nessuno, a Eurovision, sta parlando.
Uniti dalla musica - Fuori dall’arena di St. Jakobshalle il regolamento sottolinea in modo chiaro che non si possono esporre cartelli con messaggi politici. Da una parte è comprensibile che una manifestazione come questa non voglia addentrarsi nelle complicazioni che un argomento così delicato porterebbe con sé. Dall’altra, però, ci accorgiamo che è proprio questo atteggiamento a rappresentare una crepa in un contest il cui motto è “United by music”.
Non vogliamo parlare di geopolica ma vi abbiamo promesso di raccontare in questo nostro diario di bordo le sensazioni che provano gli adolescenti, ragazze e ragazzi della nostra età, i veri protagonisti di questo evento e oggi, in tutta onestà, per qualche istante, non ci siamo sentiti united by music.