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La Via Francigena in sella ad una e-bike

Dal silenzio dei passi alla scoperta dei paesaggi italiani: pedalare e camminare tra borghi antichi, tradizioni vive e panorami che cambiano a ogni svolta (prima parte)
Foto: di SM
330 chilometri di emozioni
La Via Francigena in sella ad una e-bike

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Dal silenzio dei passi alla scoperta dei paesaggi italiani: pedalare e camminare tra borghi antichi, tradizioni vive e panorami che cambiano a ogni svolta (prima parte)

MARTIGNY - Scendere dal Colle del Gran San Bernardo e puntare verso la pianura è come passare da un’aria rarefatta a un respiro lunghissimo. La Via Francigena entra in Italia proprio da qui, e in e-bike il viaggio diventa un’armonia di gravità e assistenza elettrica: freni che fischiano nelle prime curve, ruote che sussurrano sull’asfalto e sullo sterrato, batteria che si consuma poco in discesa e diventa preziosa quando la strada si fa falsopiano. È un modo di muoversi che non toglie fatica, ma la rimodula: permette di fare più chilometri, di fermarsi di più, di leggere i paesaggi senza l’ansia del tempo.

Il colle (2.469 m) è da secoli porta d’ingresso e luogo di ospitalità: il monastero e i cani da soccorso hanno costruito la leggenda, i pellegrini il mito del passaggio. Appena inizi la discesa la temperatura cambia, il respiro si allunga e la prospettiva si allarga alla Valle del Gran San Bernardo, con pascoli, larici e gole luminose. In e-bike il consiglio è semplice: modalità Eco e mani ben ferme; la velocità la regola la pendenza, non il motore. Sosta doverosa ad Aosta, città romana per impianto e anima: l’Arco di Augusto, la Porta Praetoria, il criptoportico e la trama ortogonale delle vie raccontano di guarnigioni, mercanti e strade imperiali.

Lasciata la città, la traccia ciclabile corre su strade secondarie e tratti sterrati che affiancano la Dora Baltea. Le fortificazioni medievali e i castelli in quota fanno da quinte alla valle: Verrès e Issogne spuntano come appunti di pietra, i terrazzamenti vitati segnano la manualità secolare dell’uomo di montagna. Il traffico aumenta nei fondovalle: è il territorio ideale per la e-bike, perché permette di stare su percorrenze lunghe senza logorarsi nel via vai delle provinciali. A Ivrea la storia raddoppia: il borgo medievale con il castello e, più in basso, la città novecentesca, capitale dell’umanesimo industriale.

Il Canavese lascia spazio alla Baraggia e poi alle risaie del Vercellese. A primavera la pianura diventa uno specchio d’acqua, d’estate un tappeto verdissimo, in autunno un campo dorato. Le ciclabili e le strade bianche tra i canali sono il regno del passo regolare: qui l’assistenza leggera della e-bike fa la differenza quando soffia il vento contrario, il nemico invisibile della pianura. Vercelli accoglie con la sua cattedrale e i portici: città di mercanti e granaio d’Italia, lascia in dono un senso di abbondanza misurata. Proseguendo verso sud, la Francigena punta a Pavia, adagiata sul Ticino, con il Ponte Coperto e le chiese romaniche.

Tra Pavia e il grande fiume la Francigena gioca a nascondino con rogge e campi. La tappa del Po è un rito: tradizionalmente si raggiunge Orio Litta, poi Corte Sant’Andrea e si attraversa in barca, quando il servizio è attivo e il livello lo consente. In e-bike questo momento ha un sapore speciale: sali a bordo con la bici, ascolti il motore del barchino e ti lasci portare sul confine d’acqua tra Lombardia ed Emilia. Se l’attraversamento non è possibile, le varianti su ponti stradali impongono prudenza e pianificazione; in ogni caso il Po resta la soglia narrativa del viaggio.

Sbarcati sulla riva destra, la strada corre tra golene e pioppeti: l’aria cambia, il paesaggio si fa largo. Piacenza appare con la sua Cattedrale romanica, la Basilica di Sant’Antonino legata ai pellegrini e Piazza Cavalli con il Palazzo Gotico e le statue dei Farnese. È la città-porta dell’Emilia: mercati, strade diritto-romane, profumi di coppa, pancetta e gutturnio. Arrivare qui in e-bike dopo giorni di montagne e risaie è come mettere un punto fermo in una frase lunghissima e ben costruita.

Il filo della storia tiene insieme tutto: al colle gli agostiniani e l’ospizio raccontano l’Europa dei passaggi; ad Aosta la romanità inquadra la valle come un castrum; nelle campagne vercellesi il monachesimo e le grange hanno plasmato l’acqua in lavoro; a Pavia regna la sapienza delle scuole, l’eco dei re longobardi e dei pontefici. Al Po tornano i barcaioli, memoria viva di una mobilità antica. Pedalare qui è leggere un libro a cielo aperto, ogni tappa un capitolo, ogni sosta una nota a margine.

L’e-bike non toglie il cuore al viaggio: lo sposta. Permette di allungare lo sguardo, di scegliere una pieve in più, di fermarsi a fotografare un argine senza temere la ripartenza. L’ebbrezza non è la velocità pura: è il flusso costante, il saper tenere 20–22 km/h sul lungo dritto tra due filari di pioppi con il vento di traverso. È anche il piacere di arrivare a sera con le gambe stanche ma non svuotate, con ancora voglia di perdersi nel centro storico, di un bicchiere e di una storia ascoltata al tavolo accanto.

Dal Gran San Bernardo a Piacenza in e-bike è un viaggio coerente e vario: Alpi, valli, risaie, fiumi, città d’arte. È un compendio d’Italia in pochi giorni, una palestra gentile di lentezza assistita. La Francigena, vista dal manubrio, è una linea di connessioni, tra epoche, tra paesaggi, tra persone. E quando entri in Piacenza, dopo l’ultima corsa lungo il Po, capisci che l’ebbrezza più grande non è l’assistenza del motore, ma quella del cammino che ti ha portato fin lì.

Dal 4 all’11 ottobre prenderà il via la mia nuova avventura: una pedalata tra storia e sapori che non vedo l’ora di condividere con voi. Seguitemi!

Testo a cura di Claudio Rossetti


Questo articolo è stato realizzato da Progetti Rossetti, non fa parte del contenuto redazionale.
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