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Franco svizzero e dollaro Usa, la guerra delle valute rifugio

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Franco svizzero e dollaro Usa, la guerra delle valute rifugio

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Nessuno in Svizzera si aspettava un colpo di tale entità dalle politiche protezionistiche della nuova amministrazione statunitense. E invece, con una mossa a sorpresa, Washington ha deciso di inasprire ulteriormente i dazi sulle importazioni elvetiche, portandoli al 39%, una cifra che si somma al 10% già applicato nei mesi scorsi. Si tratta di un duro colpo per l’industria svizzera, da sempre votata all’export e fortemente integrata nei mercati globali.

A Berna si lavora a ritmo serrato per trovare una soluzione diplomatica che possa scongiurare un’ulteriore escalation. Intanto, lo sguardo è rivolto anche a Bruxelles, dove l’Unione europea, pur alle prese con le turbolenze politiche che hanno recentemente coinvolto la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, è riuscita a contenere l’impatto commerciale: per i Paesi membri, infatti, i dazi si fermano a un più gestibile 15%.

Perché Trump è stato così duro con la Svizzera

Con la sua azione sui dazi, l’amministrazione statunitense mira a riequilibrare il suo deficit commerciale e raccogliere risorse per abbassare l’ingente debito pubblico. Non è detto che ci riesca ma nel frattempo i partner commerciali degli Stati Uniti hanno capito che il gioco è cambiato.

La Svizzera rappresenta per Trump uno dei bersagli primari, dopo averla accusata di pratiche commerciali scorrette. La Confederazione ha espresso “rammarico” per la decisione “nonostante i progressi compiuti nei colloqui bilaterali e l’atteggiamento costruttivo assunto sin dall’inizio dalla Svizzera”. Inoltre ha sottolineato il sostanziale equilibrio della bilancia commerciale tra i due Paesi: “Gli Usa denotano un’eccedenza nell’esportazione di servizi mentre la Svizzera denota un’eccedenza nell’esportazione di beni” sui quali peraltro viene respinta al mittente l’accusa di pratiche commerciali sleali. Il deficit commerciale a sfavore degli Usa si è attestato a 50 miliardi di dollari nei primi cinque mesi del 2025.

“La Svizzera esporta circa 19% dei suoi beni verso gli Stati Uniti, il suo primo mercato per prodotti come farmaci, macchinari di precisione, orologi e cioccolato. Se i dazi dovessero rimanere in vigore, si stima un impatto fortemente negativo sul Pil svizzero, con rischi maggiori se l’esenzione sui farmaci dovesse cadere” ha commentato Filippo Diodovich, senior market strategist di IG Italia.

Il riferimento ai farmaci, in particolare, fa riferimento alle due esclusioni previste da Trump, la seconda è sull’oro. Sono i due beni che più pesano nel surplus della Svizzera contro gli Usa, e non sono stati tralasciati per caso: “Scelta tattica degli Stati Uniti per avere ulteriori carte da giocare al tavolo delle trattative” aggiunge Diodovich.

L’impatto sui cambi valutari

Trattandosi di esportazioni e importazioni di merci, le decisioni prese dall’amministrazione Trump hanno avuto un impatto forte sui mercati valutari. I tre cambi coinvolti sono, in questo caso:

    • USD/CHF
    • EUR/USD
    • EUR/CHF

Il cambio tra dollaro Usa e franco svizzero ha reagito al rialzo. Gli operatori di mercato si aspettano infatti una riduzione delle esportazioni dalla Svizzera verso gli Stati Uniti. Inoltre, la riduzione delle esportazioni che deriverebbe se la situazione non dovesse migliorare, penalizzerebbe la crescita della Confederazione.

Il dollaro Usa ha guadagnato terreno anche contro l’euro dopo la firma dell’accordo commerciale che prevede tariffe al 15%. Tuttavia, alla stretta di mano sono seguite altre minacce sull’effettiva attuazione dell’accordo che hanno portato l’Unione europea a sospendere le contro-tariffe per sei mesi.

Il cambio EUR/CHF si è mosso di conseguenza. Dapprima ha perso terreno, con il franco svizzero che beneficia ancora del suo ruolo di bene rifugio. L’arrivo della cattiva notizia sui dazi al 39% ha però portato a un recupero della valuta unica europea. “Il cambio EUR/CHF è salito da 0,9280 a 0,9350, riprende Diodovich, segnalando un forte deprezzamento del franco svizzero. Questo riflette sia le attese negative sull’export svizzero, sia il timore di un’escalation nelle tensioni con gli Stati Uniti, inclusi possibili interventi o pressioni sulla Banca nazionale svizzera. Inoltre, il rischio di essere nuovamente accusata di manipolazione valutaria potrebbe rendere la BNS più cauta nell’intervenire, lasciando spazio a maggiore volatilità”.

Il destino del franco svizzero

Una lotta tra due valute rifugio. Così potrebbe sintetizzarsi quanto sta accadendo sul mercato valutario. Una battaglia tra il dollaro Usa, affaticato dal crescente debito pubblico degli Stati Uniti e dalle incertezze generate dalle politiche commerciali di Trump, e il Franco svizzero. Quest’ultimo ha visto rimanere intatto il suo status di valuta rifugio ma il fatto che per la prima volta la Svizzera venga trattata come tutte le altre nazioni rischia di intaccarne lo status.

“L’indebolimento del Franco riflette non solo la vulnerabilità del Paese alle misure protezionistiche, ma anche la fine momentanea della sua reputazione di safe haven in un contesto di tensione Usa-Svizzera” certifica Diodovich. L’analista lega il futuro prossimo della valuta confederale all’esito delle trattative tra i due Paesi. Un peggioramento dei rapporti commerciali e l’eliminazione dell’esenzione per farmaci e oro “sarebbe un altro duro colpo per la Svizzera e per il suo franco”.

Conclusione

In un contesto globale sempre più incerto, con tensioni commerciali che influenzano direttamente i mercati valutari, monitorare l’andamento del Franco svizzero, del dollaro statunitense e dell’euro è fondamentale sia per i privati che per le aziende. Che si tratti di tutelarsi contro i rischi di cambio, effettuare pagamenti internazionali o ottimizzare il proprio portafoglio, affidarsi a un servizio professionale fa la differenza.

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Questo articolo è stato realizzato da CambiaValute.ch, non fa parte del contenuto redazionale.
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