Probabilmente il salone più sostenibile della Svizzera


Zero Waste, vegan e il più sostenibile possibile: il salone della parrucchiera Corinne Stricker è il primo in Svizzera a seguire questo modello. L’abbiamo intervistata per voi.
Zero Waste, vegan e il più sostenibile possibile: il salone della parrucchiera Corinne Stricker è il primo in Svizzera a seguire questo modello. L’abbiamo intervistata per voi.
In breve:
- Ad inizio anno, Corinne Stricker ha aperto il «ground hair studio», il primo salone zero waste della Svizzera.
- L’ispirazione arriva da un salone in Germania.
- Fedele alla sua filosofia, Corinne Stricker ha dovuto eliminare alcuni servizi.
- Nella maggior parte dei casi non è difficile ridurre al minimo o evitare del tutto i rifiuti nel salone, spiega Corinne Stricker in questa intervista.
Corinne Stricker, Lei ha appena aperto il primo salone zero waste della Svizzera. La sostenibilità è sempre stata importante per Lei?
È stato un processo graduale. Lavoro ormai da molti anni come parrucchiera e nel tempo sono cambiata come persona. Il tema della sostenibilità è diventato sempre più importante e ciò mi ha portato a pormi alcune domande. Amo il mio lavoro ma per quanto riguarda la sostenibilità ci sono alcune cose che mi turbano.
Cosa la turba?
Nei saloni tutto ruota attorno ai prodotti e ne arrivano costantemente di nuovi. Il settore si è accorto che la sostenibilità è di moda così ora talvolta sulle bottiglie di shampoo appare la dicitura «vegan» che però ha ben poco a che fare con la vera sostenibilità. Poi ho incontrato Juliette Beke a Dresda.
La signora Beke ha aperto il primo salone zero waste della Germania.
L’ho scoperta su internet e ho trovato subito affascinante il suo approccio. Sono andata a trovarla, mi ha mostrato come gestisce il suo salone e ho pensato: wow, è proprio quello che stavo cercando! Sono stata fortunata ad aver trovato qualcosa in cui posso credere al 100 per cento.
Cos’ha imparato da Juliette Beke?
Ho ripreso molto di quello che mi ha mostrato mentre altre cose le ho modificate un pochino. Mi ha ad esempio mostrato la sua lista di produttori di tinte vegetali. E ho quindi dovuto prendere una decisione importante: le tinte vegetali non permettono di schiarire i capelli.
Ciò significa che non offre tinte bionde?
Esatto. È stata una decisione difficile. Avevo molte clienti bionde. Sui capelli bianchi è comunque sempre possibile offrire una tinta bionda, anche con i pigmenti vegetali. Per il resto offro gli stessi servizi degli altri parrucchieri: tinte, tagli e trattamenti per la cura dei capelli.
Quali sono i settori principali in cui lavora in modo diverso rispetto ai classici saloni?
La differenza maggiore è che non ho nessun tipo di imballaggio e che produco autonomamente i miei prodotti per la cura e lo styling. Il mio shampoo è a base di soda che mischio con acqua. Per la cura dei capelli uso ad esempio la camomilla e per lo styling mi affido ai semi di lino. Le tinte vegetali sono conservate in sacchetti di carta e anche loro vengono mischiate con acqua calda. L’intero processo non genera nessun tipo di rifiuto. Anche per quanto riguarda le bevande faccio attenzione: ad esempio produco da sola il mio latte vegetale.
Ha quindi trovato una soluzione per tutto quello che prima la turbava?
Sì, per fortuna. Aiuta naturalmente il fatto di abitare a Zurigo dove posso trovare moltissimi prodotti venduti senza imballaggio.
Cosa ne fa dei capelli tagliati? Anche loro in fin dei conti possono essere considerati rifiuti.
Per questo problema c’è un’ottima soluzione che ho imparato dal mio precedente datore di lavoro. L’impresa svizzera Recup’Hair raccoglie regolarmente i capelli dai saloni e li trasforma in zerbini da utilizzare per assorbire il petrolio riversato nella natura.
Ha fondato il Suo salone solo sei mesi fa. Si può dire che i Suoi clienti rientrino in una particolare categoria?
Diciamo che non viene nessuno che non abbia mai sentito parlare prima di sostenbilità. Ma i motivi che li spingono a venire da me sono differenti. Ci sono in generale tre temi che interessano ai miei clienti: per i loro capelli cercano prodotti vegani, zero waste oppure senza sostanze chimiche.
Proprio come Lei si è lasciata ispirare dalla sua visita a Juliette Beke, potrebbero esserci altri saloni in Svizzera a cui interessa il Suo modello. Quali consigli potrebbe dare loro?
Inizia tutto dalle piccole cose. Ho notato ad esempio che spesso i rifiuti non vengono separati. Anche la plastica monouso è davvero semplice da evitare. Dopo la pandemia si sono diffuse ad esempio le mantelline di plastica, assolutamente superflue. Sarebbe davvero fantastico se anche altri saloni iniziassero a interessarsi alla sostenibilità. La svolta non è poi così sconvolgente come si potrebbe pensare. Il lavoro resta lo stesso.