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La città sul Lario è in ginocchio, tutti con la mascherina e niente più ticinesi

Il video reportage di Tio/20 Minuti da una delle località italiane più gettonate dagli svizzeri. Oggi appare deserta
La città sul Lario è in ginocchio, tutti con la mascherina e niente più ticinesi
Davide Giordano
La città sul Lario è in ginocchio, tutti con la mascherina e niente più ticinesi
Il video reportage di Tio/20 Minuti da una delle località italiane più gettonate dagli svizzeri. Oggi appare deserta
Avvantaggiati solo i negozi di prima necessità. Tutto il resto è semi chiuso. Per strada non c’è nessuno. Regnano dubbi e sgomento.
COMO - C’è voluto il nuovo coronavirus per fare capire ad alcuni ticinesi che di negozi più che validi ce ne sono anche nella Svizzera italiana (!). Ironia a parte, sono ormai rari i cittadini con passaporto rossocrociato che bazz...

COMO - C’è voluto il nuovo coronavirus per fare capire ad alcuni ticinesi che di negozi più che validi ce ne sono anche nella Svizzera italiana (!). Ironia a parte, sono ormai rari i cittadini con passaporto rossocrociato che bazzicano per l’Italia, soprattutto dopo la storica decisione del presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte che ha blindato la penisola, e dopo il contemporaneo monito di Berna che ha chiesto agli elvetici di non recarsi in Italia.

La perla del Lario – Tio/ 20Minuti racconta, attraverso le immagini video, la quotidianità di una Como disperata. Sì, Como, la perla del Lario. Super gettonata dai ticinesi. La città italiana più vicina alla nostra realtà e al confine svizzero. Oggi è deserta. Tutti (quei pochi che incontriamo) girano con la mascherina. Si respira un’aria dimessa, di rassegnazione, di paura.

Cartelli commoventi – Fanno tenerezza i cartelli appesi agli esercizi pubblici. “Andrà tutto bene”, si vede su una vetrina. Una scritta che fa stringere il cuore. Poi c’è un altro cartello, vicino a una chiesa. Ci indica che tutte le celebrazioni liturgiche sono sospese. E si invita i fedeli a pregare a casa.

L’unico in controtendenza è uno svizzero – Tutti si chiedono quanto durerà effettivamente questa emergenza. Il termine del 3 aprile fissato da Conte è puramente aleatorio, trattandosi di una situazione ancora poco chiara. L’unico ad andare in controtendenza è un ticinese di Chiasso. «Non ho paura. Questa è solo speculazione», afferma. Però, intanto, porta la mascherina pure lui.

Controlli ovunque – Un’altra donna racconta quanto accaduto al marito frontaliere. «È stato bloccato in dogana. Volevano sapere dove andava. Ovunque ci sono posti di blocco». A confermare questa atmosfera di controllo estremo, anche un elicottero dell’esercito svizzero che sorvola i cieli comaschi.

Negozi e bar – Focus, poi, sui commerci. I bar e i ristoranti devono chiudere alle 18. Punto. Decisamente avvantaggiati (si fa per dire) i negozi con beni di prima necessità. Agli altri non resta che piangere. E sperare che tutto finisca presto. Alcuni in via precauzionale hanno abbassato le serrande. Altri pongono limitazioni alla clientela. Non più di un determinato numero di clienti all’interno dello spazio commerciale. A breve potrebbero arrivare nuove direttive dall’alto.

Quanta sfiducia – E c’è un paradosso grande come una casa. La gente, secondo le autorità, dovrebbe starsene in casa. E dunque il negoziante medio si chiede: perché restare aperti? Tanto non arriva nessuno. «La situazione si è aggravata nelle ultime settimane. Ci manca la clientela locale e anche quella svizzera», sostiene un commerciante. «I ticinesi non ci sono più – dice una “collega” di sventura –. Sicuramente la loro assenza influirà sul nostro fatturato. Mi sa che qui da noi si chiuderà, come accadrà per altri negozianti».

La disperazione – In un negozio di scarpe c’è un commerciante disperato. «Da 15 giorni non vedo un cliente straniero. Neanche uno svizzero». «Fino a sabato scorso era possibile entrare tranquillamente nel nostro Paese – aggiunge un altro negoziante –. Avevamo turisti anche da altre regioni italiane. Adesso le cose sono cambiate. Dovremo fare delle valutazioni precise. Sono preoccupato, ovviamente».

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