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Tutto quello che c'è da sapere sul nuovo partito fondato da Elon Musk

Elon Musk lancia l'America Party: il miliardario sfida il sistema bipartitico USA presentando un nuovo partito politico. Riuscirà nel suo intento?
Elon Musk lancia l'America Party: il miliardario sfida il sistema bipartitico USA presentando un nuovo partito politico. Riuscirà nel suo intento?

Elon Musk ha fondato un partito politico e, come tutte le sue iniziative, la cosa sta facendo molto discutere. Il miliardario sudafricano ha scelto proprio il 4 luglio, giorno dell'Indipendenza degli Stati Uniti, per presentare la sua nuova formazione politica denominata America Party. «Il giorno dell'Indipendenza è il momento ideale per chiedere se vuoi l'indipendenza dal sistema bipartitico» ha scritto Musk su X, per poi lanciare un sondaggio tra i suoi follower sull'opportunità di creare un terzo partito politico che ha ottenuto il 65% di risposte favorevoli.

Visto il successo della proposta, Musk ha infine annunciato che «l'America Party è stato costituito per restituire la libertà». L'intenzione, più o meno dichiarata, è quella di creare una serie di grossi problemi al Partito Repubblicano dell'ex amico Donald Trump. Lo strappo definitivo tra i due, dopo un periodo di crescenti tensioni, è avvenuto a causa della 'big beautiful bill', la legge di bilancio di recente approvata al Congresso, che per i detrattori, tra cui proprio Musk, andrà a danneggiare le famiglie a basso reddito e ad agevolare le persone più abbienti. Musk aveva definito la manovra finanziaria «un abominio», accusandola di gonfiare il debito pubblico e tradire le aspettative dei contribuenti.

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Musk come Epaminonda
Con America Party, il miliardario è deciso a sfruttare le elezioni di Midterm del 2026 per sottrarre voti al Presidente Trump, guadagnarsi una nuova credibilità in campo politico e spaccare la maggioranza a Capitol Hill. America Party dovrebbe rappresentare, nelle sue intenzioni, una alternativa al sistema organizzato intorno a due poli della politica americana, e un modo per puntare all'acquisizione di alcuni seggi al Congresso per poter avere voce in capitolo sulla votazione dei disegni di legge più controversi e di maggiore interesse. «L'ideale sarebbe concentrarsi con il laser su soli due o tre seggi al Senato e otto o dieci distretti della Camera. Visti i margini legislativi sottili come un rasoio, questo sarebbe sufficiente per decidere il voto su leggi controverse che servano la vera volontà del popolo» ha scritto Musk su X.

L'imprenditore ha dichiarato di ispirarsi alla tattica adottata dal generale tebano Epaminonda contro gli spartani a Leuttra nel 371 a.C., utilizzando «una forza estremamente concentrata in un punto preciso del campo di battaglia». Grazie alla tecnica della falange obliqua, infatti, Epaminonda ammassò le truppe in una parte specifica del fronte, riuscendo a far breccia nelle linee nemiche e attaccare tutto il resto dello schieramento. Come dichiarato al Washington Post da Pope McCorkle, professore alla Duke Sanford School ed esperto di politica, nonostante i candidati del partito di Musk abbiano poche possibilità di vincere, gli stessi potrebbero agire come «guastatori e agitatori», indebolendo i repubblicani in corsa per il Congresso e «catturando pochi ma fondamentali voti per fare la differenza in Stati di frontiera come la Carolina del Nord».

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Tali candidati, quindi, «potrebbero approfittare delle elezioni di metà mandato quando probabilmente ci sarà un calo degli elettori Maga». Tra di loro spicca il nome di Thomas Massie, repubblicano del Kentucky, da tempo in rotta con Trump e convinto oppositore della legge di bilancio, il miliardario Mark Cuban e l'ex portavoce di Trump Anthony Scaramucci, ma si pensa che il partito di Musk possa attrarre anche diversi rappresentanti del Partito repubblicano delusi dal Presidente, come Tucker Carlson e Marjorie Taylor Greene in disaccordo con Trump sulla legge di bilancio e l'intervento militare in Iran. Per quest'ultimo il progetto politico di Musk è «ridicolo» perché quello americano «è sempre stato un sistema a due partiti e avviarne un terzo crea solo confusione». Steve Bannon, invece, ha appellato l'imprenditore come «lo scemo, il buffone, un non americano che fonda l'America Party. Caro mio, tu non sei americano, sei sudafricano. Dovresti essere espulso».

Musk, dal canto suo, ha risposto dando a Bannon del «ciccione, ubriacone, maiale: stavolta andrai in galera e ci resterai a lungo. Devi pagare per una vita di crimini». Come ricordato da Fanpage, tra i punti salienti del programma dell'America Party vi sarebbe, in primo luogo, la riduzione del debito pubblico, l'implementazione dell'Ai e della robotica nelle forze armate, la deregolamentazione energetica, la difesa di parola e le politiche pro-natalità. Musk ha dichiarato di puntare «a una maggioranza esausta» fatta di centristi, libertari, oltre che repubblicani e democratici delusi, per formare una coalizione trasversale che vada a rompere l'equilibrio asfittico e senza slancio dei due storici schieramenti politici.

Troppo anche per Musk?
Una volta dato vita al progetto, però, ci si interroga se Musk riuscirà effettivamente a realizzare quanto promesso ai suoi sostenitori. Non è la prima volta, infatti, che una terza forza politica cerca di conquistare una propria rilevanza politica acconto al Partito Democratico e Repubblicano, ma storicamente tali tentativi non hanno sortito il risultato sperato, e i casi in cui un terzo partito ha ottenuto dei risultati di rilievo sono molto sporadici. Nel 1912, il repubblicano Theodore Roosevelt decise di candidarsi nuovamente alla carica di presidente dopo aver fondato il primo partito alternativo a quello repubblicano e democratico, denominato Partito Progressista o 'Bull Moose Party', e ottenendo il 27,4% dei consensi. Con un tale risultato il partito di Roosevelt ebbe la meglio sul Partito Repubblicano, ma non su quello Democratico il cui candidato, Thomas Woodrow Wilson, venne eletto ventottesimo presidente degli Stati Uniti.

Nel 1968, il segregazionista George Wallace formò l'American Independent Party per candidarsi alle presidenziali, anche se il suo vero obiettivo era quello di sottrarre dei voti a Richard Nixon e Hubert Humphrey, per poi puntare alle elezioni alla Camera dei Rappresentanti. Wallace riuscì quasi a centrare l'obiettivo, conquistando cinque Stati e raggiungendo Nixon in Carolina del Nord e Tennesse, per poi essere battuto definitivamente da quest'ultimo. Nel 1992, invece, l'imprenditore miliardario texano Ross Perot si candidò alla carica di presidente degli Stati Uniti alla guida del Reform Party, da lui stesso fondato, ottenendo il lusinghiero risultato del 19% dei voti. Nel Maine e nello Utah arrivò addirittura secondo come numero di voti.

Ci provò anche Donald Trump
Alla luce del complicato sistema politico americano, però, un tale numero di voti non gli permise di conquistare neanche un delegato al Congresso, e venne accusato dai repubblicani di aver contribuito alla vittoria di Bill Clinton a danno di George W. Bush. Perot si candidò nuovamente quattro anni dopo ottenendo però solo l'8,4% dei voti popolari. Come ricordato da The Week, nel 1998 l'ex wrestler Jesse “the Body” Ventura divenne governatore del Minnesota proprio sotto la bandiera del Reform Party con il 37% dei voti, mentre nel 2000 un importante uomo d'affari, di nome Donald Trump, tentò la corsa alla Casa Bianca concorrendo per lo stesso partito, per poi abbandonare l'impresa.

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Nel 2000, l'avvocato e paladino dei consumatori Ralph Nader si candidò alle presidenziali per il Partito dei Verdi. Nader ottenne solo il 2,74% dei voti, ma secondo gli esperti di politica questa sua candidatura contribuì a determinare il testa a testa tra Al Gore e George W.Bush che divenne presidente degli Stati Uniti dopo una controversa sentenza della Suprema Corte. Il candidato per il Partito dei Verdi, infatti, ottenne ben novantasette mila voti nello Stato della Florida, Stato nel quale si venne a creare la situazione di confusione nel conteggio dei voti che portò poi alla vittoria di Bush.

Insomma, i precedenti storici sembrano remare contro il progetto di Musk il quale si trova a dover affrontare non poche difficoltà per portare a termine con successo il proprio disegno politico. Oltre al complesso sistema elettorale americano, per il quale non contano tanto i voti popolari ma quello dei 'Grandi Elettori', nominati dal partito che rappresentano e il cui numero cambia a seconda dello Stato di riferimento, vi è l'ostacolo della nazionalità, Musk infatti è nato in Sudafrica, e infine il carattere stesso del miliardario, uno stacanovista abituato a mettere sotto pressione i propri collaboratori e di umore spesso instabile e irascibile. Come dichiarato dall'esperto politico McCorkle al Washington Post è molto probabile che Musk «non abbia la pazienza per affrontare questa impresa». Un dubbio legittimo, visto le imprese a cui ci ha abituato il miliardario, ma che potrà essere fugato o meno solo continuando a seguire le sue prossime mosse.


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