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Trump minaccia... ma TikTok vince

Continua la battaglia legale che da mesi attanaglia l'opinione pubblica statunitense.
Continua la battaglia legale che da mesi attanaglia l'opinione pubblica statunitense.

Il 17 settembre scorso, Donald Trump ha annunciato di aver raggiunto un accordo con la Cina per mantenere operativo TikTok negli Stati Uniti. Sembra quindi che il presidente americano abbia messo da parte l'idea di bandire la tanto contestata piattaforma cinese, anche se non è ancora chiaro quale sarà il contenuto dell'accordo finale tra i due Paesi. «Abbiamo un accordo su TikTok – ha detto Trump in modo sibillino – abbiamo un gruppo di aziende molto grandi che vogliono acquistarlo», senza però svelare ulteriori dettagli.

Come scritto sul Guardian, l'attuale accordo raggiunto a Madrid prevede che TikTok trasferisca le attività della ByteDance - l'azienda cinese proprietaria della piattaforma - negli USA a nuovi proprietari americani, pur non rivelando quale sarà il destino del potente algoritmo responsabile dell'enorme successo del social cinese. In una conferenza stampa svoltasi nella capitale spagnola, il vice capo dell'autorità cinese di regolamentazione della sicurezza informatica ha dichiarato che l'accordo «comprendeva la concessione in licenza dell'algoritmo e di altri diritti di proprietà intellettuale», e che «ByteDance affiderà la gestione della sicurezza dei dati degli utenti e dei contenuti di TikTok agli Stati Uniti».

Secondo molti commentatori si tratta di un modo un po' contorto per affermare che l'algoritmo in questione rimarrà, comunque, di proprietà cinese. Ma la questione è molto spinosa e lungi dall'essere risolta, dato che la House Select Committee on China, una commissione speciale della Camera Usa che si occupa della sicurezza nazionale e della concorrenza economica con la Repubblica Popolare Cinese, ha da tempo affermato che qualsiasi accordo tra Pechino e Washington su TikTok debba essere conforme alla legge americana che richiede che la piattaforma cinese «debba rinunciare alla proprietà cinese del suo algoritmo».

In attesa di un accordo definitivo in merito, Trump è stato costretto a rinviare, per la quarta volta, l'entrata in vigore della legge voluta nel 2024 da Joe Biden, mentre la Cina, dal canto suo, continua a difendere i propri interessi non vendendo la proprietà del potente algoritmo di TikTok.

Ci si trova quindi in un momento di stallo, in cui si continua a ritardare l'entrata in vigore di una legge voluta proprio a protezione dei dati sensibili dei cittadini americani, in un'alternanza di posizioni discordanti tra chi, come Biden, ha firmato per l'entrata in vigore della legge, e chi, come Trump, pur facendo la voce grossa con la Cina, ha continuato a rinviarla dichiarando «a me piace TikTok».

Dello stesso avviso sono gli utenti statunitensi del social cinese, in maggioranza giovanissimi, che avevano fortemente criticato la decisione di Biden del 24 aprile dello scorso anno di mettere la ByteDance davanti a un "aut aut": o vendere a un proprietario statunitense o chiudere TikTok.

Davanti a questa alternativa la ByteDance aveva deciso di denunciare gli Stati Uniti davanti alla Suprema Corte, sostenendo che non fossero mai state fornite prove solide a sostegno della tesi che la stessa rappresentasse un pericolo per la sicurezza nazionale americana, e che il paventato obbligo di chiusura fosse contrario al Primo Emendamento che garantisce la libertà di espressione in tutte le sue manifestazioni.

Per capire però come sia venuto a crearsi questo braccio di ferro tra il governo degli Stati Uniti, TikTok e la ByteDance bisogna andare indietro nel tempo, ossia al marzo del 2012, data in cui la ByteDance venne fondata in Cina da Zhang Yimin, un giovane imprenditore di successo, il cui primo prodotto è stato Toutiao, un aggregatore di notizie per gli utenti cinesi.

IMAGOIl fondadore di TikTok Zhang Yiming

Nel 2016, la ByteDance lanciò sul mercato cinese la app Douyin, che permette di girare e condividere brevi video, rinominata per il pubblico straniero TikTok.

La vera svolta avvenne quando, nel novembre del 2017, la società di Zhang Yimin acquistò Musical.ly, una famosissima applicazione con la quale era possibile realizzare dei brevi video musicali di sincronizzazione labiale, divenuta nel 2015 la app più scaricata nell'App Store di Apple.

La fusione tra queste due applicazioni determinò l'enorme successo di TikTok che, alimentato da un potente algoritmo, incoraggiava il cosiddetto “binge-watching” degli utenti, ossia la pratica di passare un arco di tempo prolungato guardando video o serie tv, in modo consecutivo e senza pause.

Sulla piattaforma divenne così possibile reperire video dal contenuto più disparato, mentre presero piede anche le “challenge”, ossia delle sfide tra utenti dal contenuto spesso molto pericoloso. TikTok contribuì inoltre al successo di molti cantanti, come il rapper Lil Nas X, rimasto diciassette settimane al primo posto nella classifica di Billboard Hot 100 dopo aver condiviso una propria canzone sulla piattaforma cinese.

IMAGOIl rapper Lil Nas X

Nel febbraio del 2019, TikTok dovette però iniziare a difendersi dalle accuse di violazione delle leggi statunitensi sulla privacy dei minori, arrivando a pagare una multa di oltre cinque milioni di dollari.

Nel settembre dello stesso anno, alcune delle più accreditate testate giornalistiche al mondo, tra cui il Washington Post e il Guardian, iniziarono a insinuare che TikTok operasse una censura rigorosa sulle notizie che potessero risultare scomode al governo di Pechino, tra cui le proteste scoppiate a Hong Kong lo stesso anno.

Nonostante TikTok si difese sostenendo di essere solo un luogo di intrattenimento disinteressato alla politica, il Guardian riuscì a trovare documenti interni che testimoniavano come i moderatori di TikTok fossero istruiti dall'azienda a cancellare o limitare la portata dei video che toccavano argomenti particolarmente spinosi per la Cina, come le proteste di Piazza Tienanmen del 1989, l'indipendenza tibetana o il gruppo religioso Falun Gong, bandito dal Partito Comunista Cinese.

Sempre nel 2019, TikTok divenne la seconda app più scaricata al mondo, ma contemporaneamente aumentarono le richieste di condurre indagini federali su di essa quale potenziale minaccia alla sicurezza nazionale statunitense.

Il Pentagono raccomandò a tutto il personale militare di disinstallare l'applicazione dai propri telefoni, sia governativi che personali, mentre si moltiplicarono le denunce a suo carico per violazione delle leggi americane preposte alla tutela della privacy.

Nell'agosto del 2020, Trump emise un ordine esecutivo che vietava alle aziende americane di concludere qualsiasi transazione con ByteDance e le sue filiali, ordinando a quest'ultima di disinvestire le proprie attività statunitensi a favore di un’azienda americana entro novanta giorni dall’emanazione dell'ordine stesso.

Tale vendita però non venne mai concretizzata e l'ordine di Trump si perse nel vuoto.

Lo stesso Joe Biden, neo eletto presidente Usa, rinviò le cause legali contro TikTok, nonostante il Wall Street Journal, nel 2021, avesse prodotto nuove prove di come TikTok sottoponesse gli adolescenti alla visione di materiale potenzialmente dannoso, come i video sull'autolesionismo o i disturbi alimentari, con gravi danni per la loro salute mentale.

Nel 2022, il sito web BuzzFeed riportò la notizia che i dipendenti di ByteDance avessero avuto ripetutamente accesso alle informazioni non pubbliche degli utenti di TikTok.

Lo stesso direttore dell'FBI, Christopher Wray, lanciò l'allarme che i funzionari cinesi sarebbero stati in grado di manipolare a proprio favore l'algoritmo di TikTok per compiere operazioni di influenza.

Nel marzo del 2023, il Ceo di TikTok Shou Zi Chew venne sentito in udienza al Congresso a proposito di tali accuse, e nell'aprile del 2024 Biden firmò la legge che vieta TikTok negli Stati Uniti salvo che la proprietà non sia venduta a una società statunitense.

IMAGOIl Ceo di TikTok Shou Zi Chew

Nel dicembre del 2024, il neo eletto Donald Trump chiese alla Suprema Corte di sospendere l'entrata in vigore di tale legge, sostenendo di voler trovare una “soluzione politica” alla questione.

Nel gennaio di quest'anno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha però confermato all'unanimità la legge federale che vieta TikTok, salvo la vendita predetta, fissando il divieto per il 19 gennaio 2025.

Il giorno precedente a tale data, agli utenti di TikTok negli Usa è stato impedito di guardare i video sulla nota piattaforma cinese e l'app è stata rimossa dall'App Store di Apple e Google.

I servizi sono stati poi ripristinati il giorno seguente, dopo l'annuncio del presidente Trump di voler concedere ancora del tempo a TikTok per definire la questione, disponendo un rinvio di settantacinque giorni all'entrata in vigore della legge di divieto.

In aprile, poi, Trump ha concesso altri settantacinque giorni di rinvio, fino ad arrivare all'accordo-quadro di cui si è parlato all'inizio.

La vicenda, quindi, è tutt'altro che conclusa, e la volontà di Trump sembra volta a rinviare l'entrata in vigore del divieto di utilizzo di TikTok negli Usa in attesa di trovare un acquirente che possa risolvere questa intricata questione.


Appendice 1

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IMAGOIl fondadore di TikTok Zhang Yiming

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IMAGOIl Ceo di TikTok Shou Zi Chew

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