Per anni trincerati nei boschi, Tom Phillips non era il primo (né l'unico)

Il padre neozelandese, ucciso dalla polizia, si rifà a una filosofia nota da tempo e che non ha mancato di fare proseliti. Ripercorriamo la sua storia e scopriamo cosa c'è dietro.
Lunedì 8 settembre, Tom Phillips è stato ucciso durante un conflitto a fuoco dalla polizia neozelandese che ha posto così fine alla sua fuga, durata quattro anni, in compagnia dei tre figli minorenni. Phillips era stato rintracciato in una strada rurale a Marokopa, nella regione di Waikato, nella costa occidentale di North Island in Nuova Zelanda, dopo essere stato avvistato a fare irruzione in un negozio a Piopio.
L’uomo è stato freddato davanti agli occhi della figlia maggiore, dopo aver ingaggiato un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine nel quale è rimasto gravemente ferito un ufficiale della polizia. Gli altri due bambini sono stati rintracciati, dopo tredici ore di ricerche, in una zona isolata e boscosa tra Marokopa e Te Kuiti. Secondo la polizia, la famiglia avrebbe vissuto in questi anni proprio in quelle aree. La vicenda ha avuto un epilogo tragico che ha scosso un’intera nazione.

Le tracce che si perdono nei boschi - La storia dell’uomo e dei suoi bambini, Jayda, Maverick ed Ember, attualmente di dodici, dieci e nove anni, aveva appassionato l’intera Nuova Zelanda. Nel settembre del 2021, l’uomo aveva fatto perdere le sue tracce, abbandonando la sua Toyota Hilux sulla spiaggia selvaggia di Kiritehere. Nella vettura erano state trovate le chiavi sotto il tappetino del conducente e i seggiolini dei bambini nella parte posteriore.
La polizia, allarmata dalla scomparsa in prossimità di un mare pericoloso, aveva organizzato una vasta campagna di ricerca via terra, aria e mare. Nessun risultato era stato ottenuto fino al dicembre dello stesso anno, quando Phillips era tornato spontaneamente a casa dichiarando di essere stato in campeggio. Pochi giorni dopo, però, era nuovamente scomparso con i figli.
Durante la seconda scomparsa, i bambini avevano appena otto, sei e cinque anni, e da quel momento non erano più tornati a casa. Le autorità decisero di non organizzare un’altra campagna di ricerche, ma il 12 gennaio del 2022 fu emesso un mandato di arresto contro Phillips. L’uomo non si era infatti presentato a un’udienza in tribunale relativa alla disputa per la custodia dei figli. Tra l’agosto e il novembre del 2023 ci furono diversi avvistamenti dei fuggiaschi intorno a Kawhia. In quel periodo furono registrate rapine in negozi di ferramenta, e l’uomo, con un complice forse identificato in uno dei figli, fu sospettato anche di una rapina in banca a Te Kuiti. Il legame con i crimini locali rese ancora più intensa la caccia all’uomo.

Esperto uomo dei boschi, o aiutato da tutta la comunità? - Nel giugno del 2024 la polizia offrì una ricompensa del valore stimato di oltre quarantamila franchi svizzeri per informazioni utili sui fuggiaschi, ma senza risultato. Nell’ottobre dello stesso anno alcuni adolescenti riuscirono a filmare Phillips mentre guidava con i figli su un terreno accidentato. Indossavano abiti mimetici, impermeabili e portavano grossi zaini.
Nonostante l’uomo fosse esperto della vita all’aria aperta, la polizia sospettò che fosse stato aiutato dalla comunità locale. Marokopa è infatti una comunità molto piccola, dove Phillips era conosciuto e dove vivono i suoi genitori. Anche il rifugio trovato dopo la sparatoria, con scorte alimentari, bombole di gas e armi, sembrava un nascondiglio provvisorio. La famiglia di Phillips, tuttavia, respinse sempre le accuse di complicità.
La latitanza dei Phillips non ebbe altri avvistamenti fino alla fine di agosto 2025, quando l’uomo e un figlio fecero irruzione in un negozio a Piopio. Lo stesso negozio fu preso di mira da Phillips all’alba del giorno fatale. Un quad con due persone diretto a Marokopa fu segnalato dopo un tentato furto, e intercettato dalla polizia. A quel punto l’uomo aprì il fuoco sugli agenti, venendo colpito mortalmente.
Per quattro anni questa vicenda aveva tenuto due famiglie nell’angoscia: quella di Phillips e quella della ex moglie Cat. La donna, intervistata dalla radio nazionale neozelandese, parlò di “emozioni complesse”, tra sollievo e dolore. Sperava sempre in una conclusione pacifica e sicura per i figli.
La mentalità del survivalista - La decisione di Phillips di rifugiarsi nei boschi fu ricondotta alla disputa legale con l’ex moglie, ma anche alla sua mentalità di “bushman survival”. Si tratta di persone convinte di poter vivere in modo sostenibile nella natura selvaggia, grazie a tecniche tradizionali come caccia, ricerca di cibo, costruzione di rifugi e accensione del fuoco.
Negli ultimi anni, soprattutto dopo la pandemia, questo stile di vita ha attirato l’attenzione. Molti hanno riscoperto la natura selvaggia come rifugio dai pericoli della società moderna. Online proliferano esempi di famiglie che hanno scelto di tagliare i ponti con il mondo civile. Tuttavia, non sempre l’esito di queste scelte è positivo o sicuro.

Barricato nelle foreste per quindici anni - Un esempio noto è quello di John Joe Gray e della sua famiglia, che hanno vissuto quindici anni isolati nella propria proprietà in Texas. Dopo essere stato accusato di possesso illegale di armi e aggressione a un ufficiale, Gray si barricò nei suoi terreni. Organizzò ronde armate per impedire l’accesso e si definì antigovernativo. Affisse cartelli contro i vaccini e la classe politica americana.
Lo sceriffo decise di ritirare le accuse per evitare uno scontro, dichiarando che l’uomo era stato “in prigione là fuori per quindici anni”. La famiglia divenne nota come la “famiglia fuggitiva d’America”. Un documentario di Channel4 raccontò la loro vita senza acqua corrente né elettricità, tra esercitazioni armate, preghiere e musica cristiana.
Tragico epilogo per un'appassionata di video YouTube - Ben più drammatica è stata la vicenda di una famiglia del Colorado, morta nel tentativo di vivere isolata nei boschi. Nel 2023, un escursionista trovò i corpi mummificati di Rebecca Vance, di 42 anni, di suo figlio Talon, di 14, e della sorella Christine, di 41. Le tre persone erano scomparse nell’ottobre 2022 e avevano tentato di sopravvivere nel Gunnison National Forest.
Rebecca si era ispirata a video YouTube sulla vita nella natura selvaggia, alimentati dalle paure della pandemia. Le difficoltà nel procurarsi cibo e le temperature rigide portarono alla tragedia. L’autopsia rivelò che erano morti di malnutrizione e ipotermia, con il ragazzo ridotto a soli diciotto chilogrammi. Questa storia mostra come l’illusione di vivere solo senza società porti spesso a esiti fatali, soprattutto per i minori.

Appendice 1
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