Nelle carceri da incubo di Donald Trump

Allarme internazionale per i rimpatri forzati e le prigioni estreme volute dall’amministrazione Trump contro gli immigrati.
Ydalis Chirinos Polanco ha parlato con suo figlio Ysqueibel Peñaloza per l’ultima volta il 15 marzo scorso. Dopo quella chiamata, del giovane non ha più avuto notizie.
In quel momento, il ragazzo si trovava detenuto nel centro per immigrati di El Valle, in Texas. Poco dopo, la donna ha scoperto che il figlio era stato rimandato in Venezuela e successivamente incarcerato nel famigerato carcere Cecot, situato in El Salvador.
Questa prigione di massima sicurezza, destinata a terroristi e membri di bande criminali, è tristemente nota per le sue condizioni disumane. Nel giugno scorso, Ydalis ha raccontato la vicenda al quotidiano The Independent, denunciando la brutalità dei rimpatri forzati voluti dall’amministrazione Trump.
Ha spiegato che il figlio era entrato legalmente negli Stati Uniti attraverso il valico di San Ysidro, in California, dopo essere sopravvissuto a un viaggio pericoloso attraverso la giungla panamense.

Anche se sembra tutto in regola - Il giovane aveva usato l'app CBP One per richiedere un permesso temporaneo di soggiorno. In America aveva trovato impiego come giardiniere e autista. Tuttavia, nel febbraio scorso, è stato arrestato insieme a un centinaio di venezuelani dagli agenti dell’immigrazione, con l’accusa di appartenere alla famigerata organizzazione criminale Tren de Aragua. Si tratta di un gruppo transnazionale originario del Venezuela, dedito a estorsioni, traffico di droga e tratta di esseri umani.
L’amministrazione Trump ha sfruttato l’Alien Enemies Act del 1798, una legge prevista in tempo di guerra, per giustificare l’arresto e la deportazione di centinaia di cittadini venezuelani, ritenuti “pericolosi” anche in assenza di prove. La Tren de Aragua è stata recentemente classificata come organizzazione terroristica straniera, il che ha reso possibile l’espulsione immediata di molti presunti affiliati.
Se la deportazione diventa spettacolo - Le immagini di uomini incatenati e caricati su aerei per essere rimpatriati hanno fatto il giro del mondo, sollevando indignazione e proteste. Nella maggior parte dei casi, le persone arrestate non avevano alcun precedente penale, ma erano comunque trattate come criminali e terroristi. Le autorità giustificavano le deportazioni spesso basandosi su aspetti esteriori, come la presenza di tatuaggi o semplicemente la nazionalità venezuelana.
Secondo Ydalis Chirinos Polanco, è proprio in base a questa logica perversa che suo figlio è stato rimpatriato e poi rinchiuso nella prigione Cecot, una struttura che ha tutte le caratteristiche di un incubo carcerario. È un caso che ha sollevato numerose critiche a livello internazionale, in particolare per le gravi violazioni dei diritti umani.

Cecot: il «cimitero dei morti viventi» - Il carcere Cecot, acronimo di Centro de Confinamiento del Terrorismo, è stato costruito nel 2022 e reso operativo l’anno successivo. Può ospitare fino a 40'000 detenuti ed è la più grande prigione dell’America Latina, nonché una delle più grandi al mondo. Alla fine del 2024, contava già 14'532 prigionieri. Secondo un'inchiesta della BBC, le condizioni di detenzione violano gli standard internazionali: i detenuti non hanno lo spazio vitale minimo, non possono accedere all’aria aperta e sono privati delle visite familiari.
Il direttore stesso ha definito la prigione «un cimitero di morti viventi», senza alcuna remora. Le testimonianze dei sopravvissuti descrivono un sistema brutale, in cui la dignità umana è completamente annientata. Un esempio drammatico è il caso del musicista venezuelano Arturo Suárez, noto come SuarezVzla, che ha raccontato l’inferno vissuto nel carcere.
Arturo Suárez, entrato negli Stati Uniti nel settembre 2024, era stato arrestato in Carolina del Nord e poi deportato senza preavviso. Ha raccontato al Guardian che il giorno in cui è stato deportato, nessuno dei detenuti conosceva la destinazione. Solo quando, all’arrivo, hanno visto la bandiera salvadoregna, hanno compreso con orrore che erano destinati al Cecot.
Suárez ha parlato di abusi verbali e fisici, teste rasate a forza e guardie che urlavano: «Benvenuti all’inferno! Benvenuti al cimitero dei morti viventi! Te ne andrai morto». Dopo 152 giorni di detenzione, è stato rilasciato grazie a un accordo tra Washington e Caracas. Durante la prigionia, alcuni detenuti avevano tentato il suicidio, scrivendo “Sos” con il proprio sangue sulle lenzuola. Anche Neiyerver Rengel, un barbiere arrestato in Texas, ha raccontato il terrore provato dopo essere stato minacciato di restare in carcere per 90 anni.

Alligator Alcatraz: una prigione nel cuore delle paludi - Un altro famigerato centro di detenzione, fortemente voluto dal presidente Trump, è l’Alligator Alcatraz. La struttura, costruita in appena una settimana nel mezzo delle Everglades in Florida, è stata visitata dal presidente stesso il 2 luglio scorso. Il nome richiama la prigione di Alcatraz e gli alligatori delle paludi circostanti.
Negli anni Sessanta si progettava di costruire un aeroporto nella zona, ma vincoli ambientali bloccarono il tutto.
Anche per l’Alligator Alcatraz, il governatore DeSantis ha dovuto aggirare le leggi sugli appalti pubblici. Secondo il quotidiano Il Manifesto, questa prigione è stata costruita per dare un segnale simbolico all’elettorato repubblicano, dimostrando un'azione “decisa” contro l’immigrazione irregolare e contro il sovraffollamento carcerario, che ha raggiunto i 58'000 detenuti, rispetto ai 39'000 registrati all’insediamento di Trump.
A luglio, un’inchiesta di Al Jazeera ha portato alla luce le condizioni inumane di tre centri detentivi in Florida: il Krome North Service Processing Center, il Broward Transitional Center e il Federal Detention Center. Il rapporto realizzato da Human Rights Watch, in collaborazione con Americans for Immigration Justice e Sanctuary of the South, ha denunciato abusi sistematici.

Anche le donne nelle strutture maschili - Le donne venivano trattenute in strutture maschili, in condizioni di sovraffollamento estremo, e spesso private di assistenza medica. Un detenuto ha raccontato che le guardie ignoravano volutamente le richieste di aiuto e punivano chi chiedeva assistenza sanitaria mettendolo in isolamento. Un caso emblematico è quello dell’ucraino Maksym Chernyak, morto in carcere dopo che per giorni le sue richieste di cure mediche sono state ignorate dalle autorità, che lo accusavano ingiustamente di fare uso di droghe sintetiche.
Nel centro di Krome, alle donne è stato impedito di fare la doccia e sono state costrette a utilizzare bagni condivisi con gli uomini. Una detenuta argentina ha raccontato che gli uomini, seduti su una sedia, potevano vedere direttamente nella stanza e nel bagno delle donne. Ogni richiesta di privacy o igiene veniva respinta.
Altri abusi documentati includono uso eccessivo della forza, accesso inadeguato al cibo, incatenamento prolungato e esposizione a temperature estreme. Nonostante qualche opposizione da parte di giudici federali, Trump sembra intenzionato a proseguire con la sua politica di deportazione aggressiva.
Appendice 1
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