Isole che affondano: in fuga da Tuvalu

Tuvalu, Kiribati e le Maldive rischiano di scomparire sotto l’acqua a causa del cambiamento climatico. Le loro difficili strategie di sopravvivenza lanciano un allarme globale sul futuro delle terre costiere.
Tuvalu, lo stato polinesiano perso nel blu dell'Oceano Pacifico, è divenuto il simbolo del cambiamento climatico e di che impatto devastante avrà sul nostro pianeta. Con i suoi 26 chilometri di superficie, ed un'altitudine di appena 4,6 metri sul livello del mare nel suo punto più alto, si stima che Tuvalu possa essere uno dei primi paesi al mondo ad essere sommerso a causa dell'innalzamento dei mari. Il tragico destino di questa nazione insulare è noto da tempo, e già nel 2010 Lonely Planet consigliava di visitare queste isole il prima possibile prima che scompaiano del tutto sommerse dalle acque. Il livello medio globale del mare è aumentato di ben 21 centimetri dall'inizio del secolo scorso, e si prevede che continuerà ad aumentare di oltre 3 millimetri all'anno fino ad 1,02 metri entro il 2100. Nel 2021 venne mostrato alla Coop26 delle Nazioni Unite il video del ministro degli Esteri di Tuvalu, Simon Kofe, che in giacca e cravatta, ma immerso nelle acque del mare fino alle ginocchia, esortava i grandi leader mondiali ad agire contro il cambiamento climatico. Secondo il Gruppo Intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite, Ipcc, entro il 2050 il 50% della capitale di Tuvalu, Funafuti, sarà sommersa da inondazioni quotidiane ed entro il 2100 il suo territorio sarà sommerso per il 95%, sempre che non si intervenga seriamente per limitare le cause del riscaldamento globale.

Il programma di migrazione climatica verso l’Australia - A dispetto dei suoi nove atolli, e delle tre splendide isole coralline, Tuvalu non rappresenta più un luogo ideale per vivere per i suoi undici mila abitanti, non solo a causa dell'aumento accelerato del livello del mare ma anche per la maggiore esposizione ad eventi climatici estremi, quali cicloni e mareggiate. Vi è inoltre un grave problema di siccità perché l'aumento delle temperature, e i cicli alterati delle piogge, provocano una grande scarsità di acqua dolce con grave danno per la popolazione locale che, in numero sempre più cospicuo, si sta attrezzando per lasciare il proprio Paese. Come raccontato dal Post, quasi la metà degli abitanti di Tuvalu si è iscritta, per una cifra equivalente a 14 euro, ad un sorteggio per ottenere i primi visti al mondo per motivi climatici la cui concessione è stata negoziata dal Paese con il governo australiano nel 2023. L'accordo, che prende il nome di Falepili Union, una parola tuvaluana che indica rapporti di buon vicinato, la cura e il rispetto reciproci, impegna il governo di Canberra ad offrire aiuto a Tuvalu contro eventuali aggressioni militari e a far fronte ad emergenze di qualsiasi sorta, con un investimento iniziale di 10 milioni di dollari per espandere la terraferma sull'isola principale Funafuti. Tale accordo ha una valenza geopolitica molto importante in considerazione del fatto che, da anni, la Cina sta espandendo le sue mire sull'Oceano Pacifico, stringendo accordi con le nazioni insulari ivi presenti come le Isole Salomone. Nel mese di giugno, l'Australia ha quindi messo a disposizione i primi 280 visti che verranno assegnati tramite un sorteggio da ripetersi annualmente. Si stima che al 27 giugno siano state presentate 1.124 domande, corrispondenti a 4.052 abitanti dell'isola, visto che una domanda può essere presentata per un intero nucleo famigliare. La concessione del visto comporta l'acquisizione di ogni diritto collegato al permesso di residenza permanente, quale l'accesso al sistema sanitario, al sistema scolastico e a tutte le agevolazioni previste per i cittadini australiani.

150 visti all'anno per fuggire - In questi ultimi anni, circa un quinto della popolazione di Tuvalu aveva già abbandonato l'arcipelago approfittando dei circa 150 permessi annuali messi a disposizione dalla Nuova Zelanda. La situazione è così drammatica che il ministro degli Esteri Simon Kofe ha proposto di trasferire Tuvalu dal mondo fisico al metaverso, per salvaguardare il patrimonio culturale e geografico delle isole minacciate dall'inondazione. “L'idea-ha dichiarato Kofe- è quella di continuare a funzionare come Stato e di preservare la nostra cultura, la nostra conoscenza e la nostra storia in uno spazio digitale”, continuando a portare avanti l'impegno del governo affinché i confini marittimi e la sua legittimità internazionale vengano rispettati anche nel caso in cui le sue isole dovessero effettivamente scomparire a causa dell'innalzamento del mare.
Isole Salomone e il dramma delle terre sommerse - Molte altre isole dell'Oceano Pacifico potrebbero condividere la stessa sorte di Tuvalu, e da anni, per molte di loro, sono suonati dei seri campanelli d'allarme. Le già citate Isole Salmone rientrano in questo elenco risultando, a causa della propria conformazione fisica, estremamente vulnerabili al cambiamento climatico. In questo arcipelago, situato ad est della Papua Nuova Guinea, e composto da 900 isole scarsamente popolate, alcune di esse sono già scomparse. Secondo uno studio pubblicato su Environmental Research Letters, cinque isole dell'arcipelago sono state completamente sommerse dalle acque dell'Oceano, l'ultima nel 2011. Altre sei isole hanno perso oltre il 20% della loro superficie, costringendo la popolazione locale a trasferirsi in un altro luogo.

La difficile scelta degli abitanti di Kiribati - Anche Kiribati, nel Pacifico centrale, è a rischio di scomparsa. La repubblica insulare, con i suoi 33 atolli e le numerose isolette, sogno di ogni turista, secondo quanto riferito dal Sea Level Change Team della Nasa ha visto aumentare il livello del mare anche di 10 centimetri negli ultimi 30 anni, ed entro il 2050 tali isole vedranno l'innalzamento delle acque aumentare anche di 30 centimetri, fino al metro stimato a fine secolo. Per il team di esperti “tutte le isole probabilmente subiranno più di cento giorni di inondazioni ogni anno entro la fine del secolo”. Con un'altitudine massima di soli 3-4 metri, numerosi studi suggeriscono che due terzi del paese possa venire sommerso dalle acque dell'Oceano entro il 2100. Da anni la popolazione locale convive con i problemi legati al cambiamento climatico che accomuna un po' tutte le isole in pericolo: l'erosione costiera e l'infiltrazione dell'acqua salata che contamina le fonti d'acqua dolce, minacciando le forniture di acqua potabile. La mancanza d'acqua poi è aggravata anche dai lunghi periodi di siccità che si susseguono con sempre maggiore frequenza a causa del surriscaldamento climatico. Anche nel caso di Kiribati dovrà essere affrontato lo spinoso tema di dove poter ricollocare i suoi 10 mila abitanti anche se, a differenza di Tuvalu, essi sembrano meno propensi a voler abbandonare la propria terra natia.

Le Maldive: un paradiso a rischio - Le stesse Maldive, meta turistica tra le più famose al mondo, corrono un grave pericolo a causa dell'innalzamento dei mari, tanto che vi è un'alta probabilità che non arriveranno integre al prossimo secolo. I problemi sono sostanzialmente gli stessi visti per le altre isole, una combinazione letale tra l'innalzamento del mare e la bassa altitudine di queste isole e atolli nell'Oceano Indiano. Con lo sbiancamento di circa il 60% della sua barriera corallina, il Paese hanno perso una delle sue principali difese naturali, e secondo il Rapporto sul clima e lo sviluppo delle Maldive dello scorso anno “tutta la copertura corallina potrebbe scomparire se le temperature globali supererano i 2°C” con “un aumento del livello del mare fino a 0,9 metri entro il 2100 (…) e le inondazioni costiere potrebbero danneggiare gravemente fino al 3,3% del patrimonio totale delle Maldive entro il 2050”. Secondo tale rapporto, inoltre, il 90% delle strutture alberghiere hanno segnalato l'erosione delle spiagge ed il 60% di loro ha subito danni strutturali. La pesca potrebbe subire una perdita del 100% delle sue attività entro la fine del secolo a causa delle alte emissioni di gas serra. Per tentare di contrastare questo scenario apocalittico, il governo delle Maldive ha messo in campo diverse strategie difensive, quale la costruzione di un'isola artificiale, Hulhumalè, progettata per avere un'altitudine maggiore delle altre isole naturali e servire come sito di trasferimento. Tale progetto, però, ha suscitato non poche polemiche, perché se è vero che viene riservato in esso molto spazio per i resort di lusso, meno evidente appare la volontà di risolvere i gravissimi problemi dei pescatori locali.

Barriere e progetti per difendersi dal mare - Nella capitale Malè, e in diverse altre isole, sono stati costruiti dei muri di circa 3,5 metri per proteggere le coste dall'erosione e dall'innalzamento del livello del mare, ma con ulteriore danno per le barriere coralline circostanti. E' impossibile fare un elenco esaustivo di tutte le isole destinate a scomparire a causa dell'innalzamento del livello dei mari, perché in tale tipo di previsioni ricorrono troppe variabili, come l'impegno o meno dei Paesi del mondo per invertire questa pericolosa tendenza. Le previsioni del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico non fanno ben sperare al riguardo, e per limitare il riscaldamento a 1,5°C. le emissioni di Co2 dovrebbero raggiungere lo zero entro il 2050, obiettivo che sembra difficilmente raggiungibile allo stato dei fatti. L'innalzamento dei mari a causa del surriscaldamento globale non riguarda solo siti distanti da noi, ma anche città la cui sopravvivenza viene data per scontata, come Venezia, Amsterdam o New York. Questo per dire che la soluzione non è far finta che certi problemi riguardino solo dei luoghi lontani, e che nulla abbiano a che fare con la nostra vita. Il cambiamento climatico è in corso e preoccupa pensare che, anche nella migliore delle ipotesi, si è comunque in ritardo nell'affrontare tale dramma globale.
Appendice 1
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